Partite IVA nella Repubblica degli Stagisti

Su gentile concessione di Eleonora Voltolina, ripubblico l’intervista che mi ha fatto e messo online oggi sulla sua testata “La Repubblica degli Stagisti“. Argomento di discussione: autonomia e subordinazione, sfide nel futuro dei freelance, contratti e quotazione del lavoro. La questione più complessa: che cosa deve fare un giovane al quale si chiede sempre più spesso di aprire una Partita IVA per lavorare? La voglia era di rispondere “incazzatevi”, “tirate fuori le unghie”, poi in realtà credo che il suggerimento migliore per chi ha poca esperienza di mercato sia di cercare ognuno la propria strada a piccoli passi, sfruttando le occasioni per fare esperienza e consolidare un percorso professionale autonomo, senza sposare chi proprio non vuole prendervi come consorte. Perché dovreste fidarvi a lungo di chi cerca escamotage per pagarvi di meno o mascherare altri rapporti di lavoro? Tenete la furia (direbbe qualche amico) per progettare altro.

Ecco l’intervista:

Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell’esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance

Dalla ricerca «Specula» di Formaper, l’agenzia speciale della camera di commercio di Milano, emerge che un numero sempre più consistente di laureati lombardi a un anno dalla fine degli studi ha aperto una partita Iva. Un dato che fa capire quanto il lavoro autonomo, spontaneo o spintaneo che sia, stia diventando comune per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Dario Banfi, classe 1971, è un freelance espertissimo di partite Iva: non solo perchè in prima persona è giornalista professionista, copywriter e consulente in comunicazione, ma anche perché è attivo nell’associazione Acta (l’associazione Consulenti terziario avanzato) e insieme a Sergio Bologna ha pubblicato pochi mesi fa con Feltrinelli il bel saggio Vita da freelance, sottotitolo «I lavoratori della conoscenza e il loro futuro».
Alla vigilia del Jobmeeting di Milano, dove alle 16 Banfi terrà il seminario «Partita Iva, tutto quello che i neolaureati dovrebbero sapere», la Repubblica degli Stagisti l’ha intervistato per chiedergli un’analisi della situazione e sopratutto qualche dritta per i giovani che intraprendono una professione autonoma.

Fotografia Dario BanfiDario Banfi, secondo lei i freelance possono essere considerati una «categoria»?
Certamente. Sebbene appartengano a professioni differenti, hanno in comune l’indipendenza e l’assenza di vincoli di subordinazione. Sono lavoratori professionali autonomi, diversi da commercianti e artigiani, o come si dice di “seconda generazione”. Affrontano rischi legati alla discontinuità del lavoro, alla produzione,  alla ricerca di clienti. Hanno in comune l’intraprendenza e lo strumento con cui lavorano, ovvero il sapere. Non hanno capitali o mezzi di produzione, ma si affidano alle conoscenze specialistiche e alla capacità di offrire consulenza per creare innovazione.
Qual è la sfida per i freelance del nuovo millennio?
Da una parte coalizzarsi, dall’altra mantenere viva la capacità di offrire lavoro di alta professionalità in un mercato che punta a declassare questa categoria, abbassando costi e spostando i rischi d’impresa, togliendo spesso dignità al lavoro autonomo. Queste due priorità sono fortemente sentite con la crisi. C’è comunque una sfida più generale che riguarda i cittadini-lavoratori, ovvero la conquista di alcuni diritti sociali e di protezioni all’interno del nostro sistema di welfare che sono stati sistematicamente negati o rimossi per le nuove generazioni e il nuovo lavoro. Dalle coperture per malattia e infortunio al sostegno al reddito a una buona previdenza.
Ritiene che possa essere correttamente inquadrato come freelance anche chi percepisce il 100% del suo reddito, o comunque la parte nettamente prevalente di esso, da un solo committente?
Non è il numero dei committenti che definisce il vincolo di autonomia o subordinazione, ma la relazione con il datore di lavoro, l’uso dei mezzi, il vincolo della presenza e altri fattori che insieme definiscono quando un’attività può essere considerata eterodiretta. L’ha specificato più volte la Corte di Cassazione. Ma se ci pensate ogni freelance percepisce il 100% del suo reddito temporaneo da un solo committente ogni volta che lavora per lui. Un webmaster, per esempio, che crea tre siti in un anno, in maniera consecutiva, ogni 4 mesi percepisce il suo reddito da un solo committente. È soltanto il periodo d’imposta annuale che ci fa pensare al rapporto tra reddito e tempo: ma l’autonomia non c’entra con l’anno solare o con il tempo, ma con la natura del lavoro. Usare soltanto il parametro quantitativo per dedurre la dipendenza è un errore.

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Appuntamento a Milano sul Lavoro cognitivo

Flc-Cgil di Milano organizza il convegno “Precarietà e lavoro della conoscenza: proposte a confronto“. Sabato 26 novembre alle ore 10,30 presso la Sala Napoleonica di Palazzo Greppi dell’Università di Milano (Via S. Antonio, 10).

IL PROGRAMMA

Prima parte – Comprendere il capitalismo cognitivo – Ore 10.30-13.00
Apertura e conduzione dei lavori: Loris Caruso (Flc-Cgil Milano)
Relazioni:

  • Ivana Brunato (Segretario Camera del Lavoro di Milano) – Introduzione
  • Carlo Formenti (Università del Salento) – Capitale e lavoro nel capitalismo cognitivo
  • Emiliana Armano (Università di Milano) – Autonomia e subordinazione nel nuovo lavoro
  • Sergio Bellucci (giornalista e saggista) – Quale conoscenza nel lavoro della conoscenza
  • Cristina Tajani (Assessore al Lavoro, Università e Ricerca al Comune di Milano) – Economia della conoscenza e precarietà: la situazione a Milano

Seconda parte – Precarietà e lavoro della conoscenza: le proposte della Cgil, delle reti e delle associazioni del precariato intellettuale – Ore 14.00
Apertura e conduzione dei lavori: Attilio Paparazzo (Segr. generale Flc-Cgil Milano)
Interventi di:

  • Mario Esposti – Consulta lavoro professionale Cgil
  • Andrea Fumagalli – organizzatore Mayday
  • Sergio Bologna – Acta (Associazione consulenti terziario avanzato)
  • Giuseppe Allegri – Coordinamento nazionale Precari Università
  • Claudio Nicrosini – Movimento scuola precaria
  • Paolo Puglisi – Segr. generale Slc-Cgil Milano
  • C.Re.S.Co (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea)
  • Dilva Giannelli – Atdal (Associazione nazionale per la tutela dei lavoratori over 40)
  • Rete dei Redattori precari
  • Precari degli Enti di ricerca
  • Francesco Sinopoli – Segretario nazionale Flc-Cgil

Il programma in download.

Un commento al programma di Monti (e Fornero) sul Lavoro

L’analisi non è semplice, vista la densità e complessità della materia, ma quasi per slogan si può tracciare una sintesi del discorso tenuto oggi al Senato dal nuovo presidente del Consiglio, Mario Monti in materia di rifoma del mercato del lavoro. Ovviamente ci sono dietro i progetti e le valutazioni del nuovo ministro Elsa Fornero.

Questo è il discorso, in sintesi, di Monti al quale aggiungo qualche considerazione personale nel mezzo:

[…] in particolare per quanto riguarda l’integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell’amministrazione dello Stato, il coordinamento delle attività delle forze dell’ordine, l’accorpamento degli enti della previdenza pubblica […]

Primo punto: mettere insieme INAIL e INPS. Se, però, sullo sfondo c’è l’attuazione del Disegno di Legge Cazzola, è possibile che anche nelle Casse di previdenza dei professionisti si registrerà qualche scossone.

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Lavorare insieme fa bene ai freelance

Si perde la sensazione di isolamento, si trovano nuovi contatti e aumenta la produttività individuale. Lo raccontano loro stessi nella seconda Global Coworking Survey condotta da Deskmag e presentata il 3 novembre a Berlino. Più di 1.500 coworker di 52 Paesi hanno confermato un giudizio positivo sulla condivisione dell’ufficio. Voto medio assegnato ai coworking nel mondo: 8,4. I valori principali che si ritrovano sono il senso della comunità (96% dei rispondenti); la libertà (93%); l’indipendenza (86%) e perfino il benessere fisico (85%). In questi spazi non mancano aree di ristoro, per il relax e la collaborazione. I freelance si conoscono quasi tutti per nome, si fidano a lasciare i propri strumenti incustoditi e ottengono anche interessanti miglioramenti nel business. Il 93% sostiene di avere migliorato le proprie reti sociali, l’86% anche quelle di business. Maggiore produttività e perfino maggiore fiducia in se stessi accompagnano spesso un accrescimento delle competenze lavorative. Prima dello spazio si apprezzano i “colleghi” d’ufficio al punto che l’86% degli attuali frequentatori non ha programmato spostamenti per il 2012. Per l’anno prossimo i manager prevedono ulteriori incrementi ma nonostante la fiducia e la crescita degli utenti soltanto il 39% dei coworking fa profitti. Un quarto delle iniziative sono tuttavia no-profit. La maggior parte dei promotori ha messo soldi di tasca propria, una media di 45.800 euro per l’avviamento, e trovato un unico principale concorrente:  il tetto di casa, amato ancora dai freelance sedentari.

Dario Banfi, Avvenire, 9 novembre 2011, p.21 (èLavoro).
Scarica l’articolo “Coworking. Lavoro 2.0: libero e condiviso” in formato .PDF.

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Le proposte di Renzi per riformare il Lavoro

Alla fine dalla lunga maratona alla Leopolda dei rottamatori guidati da Matteo Renzi sono uscite queste proposte (mi limito a queste, visto che seguo il tema del lavoro) per riformare la questione Lavoro in Italia.

19. Riformare le pensioni per avere ancora le pensioni. Sulle pensioni si può, fin da subito, parificare l’età pensionabile delle donne con quella degli uomini, instaurando una finestra anagrafica unica di 63-67 anni per accedere al pensionamento con assegno proporzionato alla speranza di vita secondo coefficienti attuariali aggiornati annualmente. Accelerare il passaggio al sistema contributivo per tutti. Eliminazione delle pensioni di anzianità nell’ambito di un patto tra le generazioni. Parte dei risparmi ottenuti andrà utilizzata per finanziare l’azzeramento dei contributi previdenziali per i giovani neo-assunti

20. Nuove regole per evitare il cumulo delle pensioni.

26. Riformare gli ordini professionali. Bisogna abolire gli ordini professionali superflui e ricondurre i rimanenti a una funzione di regolatori del mercato e non di protezione corporativa per quanti esercitano già la professione. Bisogna arrivare all’abolizione delle tariffe minime e ulteriore riduzione dei vincoli alla pubblicità per gli studi professionali, in maniera tale che tutti abbiano la possibilità di farsi conoscere.

29. Liberalizzare le assicurazioni su infortuni e malattie. Le attività svolte dall’Inail, il monopolio pubblico che si occupa dell’assicurazione per le malattie e per gli infortuni dei lavoratori svolge una funzione tipica di qualunque società di assicurazione privata. Bisogna allora aprire all’accesso dell’attività di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro da parte di imprese private di assicurazione o di riassicurazione.

35. Superare il precariato attraverso il contratto unico a tutele progressive. Per superare il dualismo del mercato del lavoro, che vede parte dei lavoratori con tutte le garanzie e gli altri (i giovani) senza nessuna garanzia, occorre introdurre un contratto unico a tutele progressive che dia maggiori certezze ai giovani.

36. Riformare gli ammortizzatori sociali. Bisogna passare dalla cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, a indennità di disoccupazione universali, applicabili anche ai dipendenti di piccole e medie imprese e improntati al criterio del welfare to work sul modello danese.

37. I contratti aziendali contro i salari poveri. Oggi i lavoratori italiani ricevono un salario mediamente più basso rispetto a paesi a noi vicini come la Germania e la Francia. Un modo per avere salari più alti per i lavoratori italiani è quello di sostenere i contratti aziendali che possano, quando le condizioni aziendali lo permettano, crescere oltre quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro.

38. Aliquote rosa. L’Italia ha la più bassa percentuale di occupazione femminile d’Europa. Anche il tasso di attività femminile, cioè il numero di donne che si presenta sul mercato del lavoro, è il più basso. Un’agevolazione fiscale riservata all’assunzione delle donne e per un certo congruo numero di anni può portare a riallineare in alto la parità uomo donna sul piano del lavoro.

Tratte dalle 100 Proposte di Matteo Renzi (& Co.)

In estrema sintesi Renzi appoggia la linea riformista di Pietro Ichino (35), con riforma allegata degli ammortizzatori (36), ma non per tutti, sebbene si parli di universalità, una idea per il vero, già proposta da Sacconi nel Collegato Lavoro e nello Statuto dei Lavori. Renzi poi punta su aliquote rosa e contrattazione decentrata in deroga a CCNL (anche questa presente tra le righe del famoso Articolo 8 della manovra del Governo Berlusconi). Sulle liberalizzazioni spinge più in là la filosofia del decreto Bersani, prevedendo l’eliminazione di Ordini professionali. Su pensioni la pensa come Boeri sul contributivo per tutti, ma eliminerebbe pensioni di anzianità (!) tenendo solo finestra d’uscita 63-67 uguale per tutti, uomini e donne e agevolando con equilibri di cassa il lavoro giovanile con contribuzione figurativa, a costo zero cioè sul costo del lavoro giovanile (una linea per altro simile a quella di Montezemolo). Del tutto nuova e interessantissima l’ipotesi al punto 29 di liberalizzazione di assicurazioni su infortuni e malattie, dove però non si fa esplicito riferimento a nessuna ipotesi di opt-out dal sistema pubblico.

In altre parole niente di totalmente divergente dalla linea del partito o perlomeno di alcuni suoi esponenti (preferendo il riformismo di Ichino alla linea di Fassina), contaminata da posizioni eterogenee e in alcuni casi di destra. Ancora completamente assente un discorso sull’universalità del diritto (reddito di cittadinanza e simili) o più elementari equiparazioni tra lavoratori in generale, che possa includere i lavoratori indipendenti e i freelance, per esempio.

Per la dignità del giornalismo freelance

Giornata importante sul fronte del giornalismo freelance. Mentre a Firenze si discute del precariato nel settore, sono due le proposte di Carta dei diritti che diversi coordinamenti stanno facendo emergere via Web, e probabilmente diventeranno proposte ufficiali da sottoporre a ODG, FNSI ed editori. La prima è una bozza di carta denominata Carta di Firenze (.PDF) che ha una genesi interna all’Ordine e al sindacato. La seconda è la Charta dei freelance (.PDF) dell’Unione Sindacale dei Giornalisti Freelance, alla quale aderisco in prima persona.

Charta Freelance USGF

Stage, cambiano finalmente le regole

La nostra Repubblica degli stagisti, come l’ha chiamata Eleonora Voltolina, finalmente introduce delle modifiche allo statuto che regola i tirocini formativi. Le revisioni (DDL 2887/2011) in corso alla Manovra Finanziaria (DL 138/2011) non toccano quanto stabilito del Decreto Legge del 13 agosto e che sostiene (art. 11):

[…] Fatta eccezione per i disabili, gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i condannati ammessi a misure alternative di detenzione, i tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neo-diplomati o neo-laureati entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento dei relativo titolo di studio.

Che significa basta con lo sfruttamento selvaggio: questo sarà limitato al primo anno di ingresso nel mercato del lavoro :-)

La Regione Toscana è contraria alla modifica, non tanto nel contenuto, ma nella formula: dovrebbe spettare agli Enti locali la regolazione di queste forma mista di formazione/lavoro. E visto che aveva in cantiere un proprio disegno di legge regionale farà ricorso alla Corte Costituzionale in merito all’attribuzione delle competenze regolative.

Per Alessandro De Nicola, presidente della Adam Smith Society, le ragioni per opporsi al cambiamento sono invece altre, come scrive sul Sole 24 Ore:

Il tutto viene giustificato con lo slogan «bisogna stanare gli sfruttatori di stagisti»: ma che significa? Che “stanando” gli sfruttatori appariranno gli angeli del posto fisso? Beato chi ci crede.

Ammirevole la replica compassata di Eleonora Voltolina (io l’avrei mandato semplicemente a quel paese), che condivido:

Le aziende hanno avuto, hanno e avranno sempre bisogno di giovani. Limitando il bacino dei potenziali stagisti non si limita la possibilità per i giovani di trovare un lavoro: perché l’agenzia pubblicitaria avrà sempre lo spot da consegnare entro la prossima settimana, la casa editrice le bozze da mandare in tipografia alla fine del mese, l’agenzia di consulenza la consegna urgente del report, e il reparto marketing della multinazionale dovrà presentare il business plan per la riunione semestrale.

Concordo con Eleonora: il mercato del lavoro giovanile, drogato dalla gratuità e da stage fasulli, deve trovare un freno. L’idea di limitare lo stage al primo anno post studi non mi pare del tutto errata. Vediamo. Il problema permane, invece, su quanto potrebbe avvenire dopo, o in sostituzione agli stage, e che con buona probabilità potrebbe essere l’impiego dei contratti di apprendistato, sui quali però abbiamo molte perplessità.

Chi paga la crisi del lavoro

Lo dice a chiare lettere l’ultimo Rapporto CNEL 2011, presentato il 14 luglio: giovani e Mezzogiorno, ovvero soggetti deboli e chi sta in aree a minor sviluppo industriale. Gli ammortizzatori sociali hanno avuto effetto per quei lavoratori per i quali sono stati progettati, gli altri sono in mezzo al mare e stanno nuotando da soli.

La compiaciuta soddisfazione che “la curva di Beveridge, che misura le difficoltà di incontro fra domanda e offerta, non sembra evidenziare un peggioramento, così come gli indicatori di dispersione settoriale della dinamica occupazionale” non fa però i conti con l’aumento di scoraggiati e neet e con l’annosa questione di una domanda davvero di bassa qualità, che arriva sistematicamente a sotto-inquadrare figure a elevata educazione (overeducation) come i neolaureati.

Favolistiche analisi fatte poi sulle Comunicazioni Obbligatorie ancora una volta escludono i lavoratori indipendenti, (freelance), del tutto invisibili ai ricercatori sociali (SVEGLIA!), e si guardano bene dal rimarcare la caduta libera delle assunzioni a tempo indeterminato negli ultimi due anni in favore di contratti a termine.

Un dato interessante, che mostra un segno di qualità di questa ricerca, ormai una vera passarella di cose arcinote (molte delle quali neppure così aggiornate), sono i valori relativi agli occupati presso multinazionali italiane in Italia e all’estero e lo studio sulle imprese sociali. Il messaggio: se lavori per una multinazionale, fatti spostare all’estero, che è meglio. Al contrario fai attenzione alle cooperative sociali e roba simile: l’occupazione qui non cresce molto, come in altri Paesi, ma aumenta comunque il numero di imprese sociali. Tradotto: si restringono, come dopo un cattivo lavaggio in lavatrice.

Scappo dalla città (per trovare lavoro). Ma dove?

Così OECD misura i livelli di disoccupazione nei Paesi più industrializzati. Giovani italiani, neet, magari di Campania o Sicilia, la Danimarca non è poi così male: pensateci. (In verde i Paesi che stanno meglio di noi…)

2008 2009 2010 2010 2011 2011
Q2 Q3 Q4 Q1 Jan Feb Mar Apr May
OECD – Total 6.1 8.4 8.6 8.6 8.6 8.5 8.2 8.3 8.2 8.1 8.1 8.1
Major Seven 5.9 8.1 8.2 8.3 8.2 8.1 7.7 7.8 7.7 7.6 7.7 7.7
European Union 7.1 9.0 9.7 9.7 9.7 9.6 9.4 9.5 9.4 9.4 9.3 9.3
Euro area 7.7 9.6 10.2 10.2 10.2 10.1 10.0 10.0 10.0 9.9 9.9 9.9
              
Australia 4.2 5.6 5.2 5.2 5.2 5.2 5.0 5.0 5.0 4.9 4.9 4.9
Austria 3.8 4.8 4.4 4.5 4.4 4.2 4.5 4.5 4.6 4.4 4.2 4.3
Belgium 7.0 7.9 8.3 8.4 8.3 7.9 7.2 7.4 7.1 7.1 7.2 7.3
Canada 6.1 8.3 8.0 8.0 8.0 7.7 7.7 7.8 7.8 7.7 7.6 7.4
Chile 7.8 10.8 8.2 8.5 8.0 7.1 7.3 7.3 7.3 7.0 7.2
Czech Republic 4.4 6.7 7.3 7.3 7.1 7.1 6.9 7.0 6.9 6.7 6.6 6.5
Denmark 3.3 6.0 7.4 7.5 7.4 7.6 7.6 7.7 7.6 7.6 7.3 7.4
Estonia 5.6 13.8 16.8 18.0 16.0 14.4 13.8 13.8 13.8 13.8
Finland 6.4 8.2 8.4 8.5 8.3 8.1 8.0 8.0 8.0 8.0 7.9 7.8
France 7.8 9.5 9.8 9.8 9.8 9.7 9.7 9.7 9.7 9.6 9.6 9.5
Germany 7.6 7.7 7.1 7.2 7.0 6.7 6.3 6.4 6.3 6.2 6.1 6.0
Greece 7.7 9.5 12.6 12.2 13.0 14.1 15.0 15.0 15.0 15.0
Hungary 7.8 10.0 11.2 11.3 11.1 11.0 11.0 11.5 10.9 10.6 10.3 10.0
Iceland 3.0 7.2 7.5 6.9 7.8 8.5 7.4
Ireland 6.3 11.9 13.7 13.5 13.7 14.4 14.3 14.4 14.3 14.1 14.0 14.0
Israel 6.1 7.5 6.7 6.5 6.6 6.5 6.0
Italy 6.8 7.8 8.4 8.5 8.3 8.4 8.2 8.2 8.1 8.2 8.0 8.1
Japan 4.0 5.1 5.1 5.1 5.0 5.0 4.7 4.9 4.6 4.6 4.7 4.5
Korea 3.2 3.6 3.7 3.5 3.6 3.4 3.9 3.6 4.0 4.0 3.6 3.3
Luxembourg 4.9 5.1 4.5 4.5 4.4 4.5 4.3 4.3 4.3 4.3 4.3 4.5
Mexico 4.0 5.5 5.4 5.5 5.2 5.4 5.1 5.1 5.2 4.9 5.2
Netherlands 3.1 3.7 4.5 4.5 4.5 4.4 4.3 4.3 4.3 4.2 4.2 4.2
New Zealand 4.2 6.1 6.5 6.9 6.4 6.7 6.6
Norway 2.5 3.2 3.5 3.6 3.5 3.5 3.3 3.3 3.2 3.3 3.4
Poland 7.2 8.2 9.6 9.7 9.5 9.6 9.3 9.4 9.3 9.2 9.2 9.2
Portugal 8.5 10.6 12.0 12.0 12.2 12.3 12.4 12.4 12.4 12.4 12.4 12.4
Slovak Republic 9.5 12.0 14.4 14.5 14.3 14.1 13.5 13.6 13.5 13.4 13.4 13.3
Slovenia 4.4 5.9 7.3 7.3 7.3 7.8 8.1 8.1 8.1 8.2 8.3 8.3
Spain 11.4 18.0 20.1 20.0 20.5 20.5 20.6 20.4 20.6 20.7 20.7 20.9
Sweden 6.2 8.3 8.4 8.6 8.3 7.9 7.7 7.9 7.6 7.7 7.5 7.7
Switzerland 3.2 4.1 4.2 4.1 4.5 3.9 3.9
Turkey 9.7 12.5 10.6 10.7 10.5 9.9 9.2 9.5 9.1 9.0
United Kingdom 5.7 7.6 7.8 7.8 7.7 7.8 7.7 7.7 7.7 7.6
United States 5.8 9.3 9.6 9.6 9.6 9.6 8.9 9.0 8.9 8.8 9.0 9.1

Fonte: OECD, 12 luglio 2011