Appuntamento a Milano sul Lavoro cognitivo

Flc-Cgil di Milano organizza il convegno “Precarietà e lavoro della conoscenza: proposte a confronto“. Sabato 26 novembre alle ore 10,30 presso la Sala Napoleonica di Palazzo Greppi dell’Università di Milano (Via S. Antonio, 10).

IL PROGRAMMA

Prima parte – Comprendere il capitalismo cognitivo – Ore 10.30-13.00
Apertura e conduzione dei lavori: Loris Caruso (Flc-Cgil Milano)
Relazioni:

  • Ivana Brunato (Segretario Camera del Lavoro di Milano) – Introduzione
  • Carlo Formenti (Università del Salento) – Capitale e lavoro nel capitalismo cognitivo
  • Emiliana Armano (Università di Milano) – Autonomia e subordinazione nel nuovo lavoro
  • Sergio Bellucci (giornalista e saggista) – Quale conoscenza nel lavoro della conoscenza
  • Cristina Tajani (Assessore al Lavoro, Università e Ricerca al Comune di Milano) – Economia della conoscenza e precarietà: la situazione a Milano

Seconda parte – Precarietà e lavoro della conoscenza: le proposte della Cgil, delle reti e delle associazioni del precariato intellettuale – Ore 14.00
Apertura e conduzione dei lavori: Attilio Paparazzo (Segr. generale Flc-Cgil Milano)
Interventi di:

  • Mario Esposti – Consulta lavoro professionale Cgil
  • Andrea Fumagalli – organizzatore Mayday
  • Sergio Bologna – Acta (Associazione consulenti terziario avanzato)
  • Giuseppe Allegri – Coordinamento nazionale Precari Università
  • Claudio Nicrosini – Movimento scuola precaria
  • Paolo Puglisi – Segr. generale Slc-Cgil Milano
  • C.Re.S.Co (Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea)
  • Dilva Giannelli – Atdal (Associazione nazionale per la tutela dei lavoratori over 40)
  • Rete dei Redattori precari
  • Precari degli Enti di ricerca
  • Francesco Sinopoli – Segretario nazionale Flc-Cgil

Il programma in download.

Nuovi canali YouTube per ACTA e PIU

Canale YOU TUBE di PIU - Professioni Intelletuali UniteAprono i canali YouTube di ACTA – Associazione Consulenti Terziario Avanzato e di PIU-Professioni Intellettuali Unite.

Il primo video su quest’ultimo è un lungo monologo di Claudio Antonelli, che mette a disposizione anche le slide del suo intervento Web.

Tra queste è utile a mio avviso riprodurne una, in cui si evidenzia l’ampio ventaglio di protagonisti del lavoro intellettuale in Italia e che nella sua area centrale vede oggi i lavoratori più in difficoltà.

Il ventaglio del Lavoro Professionale

Il mestiere di pensare

Professioni per ImpresaÈ il titolo del capitolo iniziale del libro “Le professioni per l’impresa” (Franco Angeli, 2009, 24 euro). Mi piace perché rende efficacemente l’idea che anche quello intellettuale sia oramai diventato un lavoro come fare il carpentiere e, una volta, il ciabattino e affondi le sue radici da un lato nell’economia della conoscenza e dall’altro, come si legge nel testo, nel modello di lavoro artigiano (sorpresa!).

A questo tema Claudio Antonelli, presidente di PIU – Professioni Intellettuali Unite, e altri autori dedicano un volume leggero, con un taglio didascalico e numerosi elementi descrittivi.

Dopo un percorso più teorico intorno al knowledge working (centrale e interessante il Capitolo 4 “I fattori di eccellenza” del Capitolo “L’Identikit della professione”), il testo affronta Esperienze e casi di professione a partire dalle professioni dell’ICT e dei temporary manager, per arrivare a chi lavora nella logistica, fa il marketing manager, il project manager o il consulente di direzione. Del tutto dimenticate purtroppo le professioni nell’ambito della creatività e della comunicazione.

Discutibile e un po’ confusa, invece, la parte dedicata alla rappresentatività, ma resta pur sempre un testo molto utile per chi volesse orientarsi in materia di lavoro intellettuale autonomo (e non solo) sotto il profilo relazionale e funzionale anche se difetta di un po’ di attenzione per gli aspetti più tecnici e operativi.

P.S: A margine –  per chi è interessato al tema – lascio in download anche il recente articolo di Caludio Antonelli “Ecco i nuovi professionisti lavoratori della conoscenza” (.PDF) pubblicato su Italia Oggi qualche giorno fa.

Karl Marx as a blogger?

Ceti medi senza futuro? di Sergio BolognaMentre stavo scrivendo ieri sera il testo di base per l’intervento di oggi alla presentazione del libro di Sergio Bologna (foto a fianco), mi è capitato, per caso, di incrociare questa battuta di Andrew Leonard (su Salon.com):

Se un blogger inizia a scrivere di Karl Marx, il resto della blogosfera penserà che è un pazzo e lo ignorerà. Se due blogger lo fanno, si penserà che fanno parte di una cellula rivoluzionaria, e forse verranno spediti a Guantanamo. Ma se tre blogger iniziano a parlottare del “Capitale”, beh, manca veramente pochissimo per considerare questo un movimento completamente sviluppato!

Lavoratori autonomi di tutto il Web, dunque, unitevi. Oggi, diremmo aggregatevi. Ho voluto stemperare un po’ la materia e divagare sul tema del lavoro intellettuale autonomo

Per i Materiali di Humanitech (e per chi non può venire alla presentazione..) lascio un contributo personale [scritto un po’ di corsa, perdonate], corrispondente più o meno, con lo speech che tra poco appronterò..

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A supporto della presentazione del libro di Sergio Bologna “Ceti medi senza futuro?
KARL MARX FAREBBE IL BLOGGER? – (File .PDF)

IconaI materiali di Humanitech
Testo a cura di Dario Banfi, rilasciato con licenza “Creative Commons”

Pamphlet sul lavoro autonomo di seconda generazione, i knowledge worker e le difficoltà di una categoria ben più numerosa dei sostenitori di Mastella.

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Update: se vi interessa qui trovate l’intervento di Sergio Bevilacqua (file PDF) fatto durante la presentazione del libro di S. Bologna.

Appunti in viva voce sul lavoro autonomo

Noi domani (giovedì 13) si discute di lavoro autonomo, knowledge worker, ceti medi, tutele, iniziative, futuro. L’occasione è la presentazione dell’ultimo libro di Sergio Bologna “Ceti medi senza futuro?“. Ore 18:30 – Libreria Claudiana (Via Francesco Sforza 12a, Milano). Partecipa numeroso.

Ceti medi senza futuro?

La seconda pausa

Sarebbe interessante applicare taluni modelli dell’informatica alle differenti modalità di lavoro contemporaneo. Per esempio, l’idea di black box – che ha sempre ossessionato gli sviluppatori open source, i ricercatori che si occupano di antivirus o gli appassionati di reverse engineering, ma facilitato la vita a chi deve fare debug o test di ogni tipo – ha una sua logica anche rispetto a taluni strati dell’applicazione lavorativa di ogni giorno.

Come una scatola chiusa, si lavora spesso in termini di input a output. Anche nel lavoro più legato alla produzione intellettuale, non soltanto alle macchine. Una volta certamente era così per tutti i contesti imprenditoriali [in particolar modo in quelli sbilanciati verso il lavoro operaio] e c’erano anche sirene, cancelli chiusi, impianti disattivati per separare le “scatole del tempo”. Oggi, se fate caso, una luce accesa c’è sempre. Internet non chiude mai, così come la posta elettronica o il BlackBerry. Questo blog è always on, per esempio.

L’unica macchina che si può spegnere è il corpo. Le sue pause sono cancelli, la posizione orizzontale è forse l’azione più efficace di disinnesco del sistema.

In questi giorni di superlavoro, giorni in cui mi vergogno persino a guardare le richieste pendenti in posta elettronica (chiedo venia a tutti, indistintamente), ho capito che la scatola si può allargare a piacere. Annullare lo slash tra I/O. Un metodo semplice semplice è quello di ridurre l’efficacia della seconda pausa, la cena, per ricominciare subito dopo, tuffandosi nella black box.

C’è chi definisce i nuovi lavoratori che operano sui processi della conoscenza e sull’elaborazione di informazioni attraverso tecnologie informatiche “operai dei dati”. Beh, diffidate di questa analogia.

Molecole che fanno opinione

Segnalo la bella analisi del blog Sapere Lavoro sulla parcellizzazione della cultura di massa dovuta all’emergere in Italia di un numero crescente di knowledge worker.

La vecchia figura dell’intellettuale generalista (sia esso giornalista, accademico o letterato) e la nuova figura di leader d’opinione di piccole e diffuse comunità virtuali si rivolgono a segmenti ridotti e progressivamente specializzati della sfera pubblica. Viene meno un terreno unitario per orientare le masse e si affermano nuove élite molecolari, estremamente fluide, il cui campo d’influenza è limitato dai confini della specifica comunità di appartenenza.

Questa trasformazione, si dice, sta indebolendo i sistemi di rappresentanza, primi fra tutti quelli dei partiti, dei sindacati e degli ordini professionali.

Knowledge worker e nomadismo

Ancora un bel pezzo di Roberto Venturini dal titolo “Ufficio virtuale, problemi reali” su Apogeonline che affronta a viso aperto la questione del lavoro destrutturato e di quelli che io chiamo i lavoratori “della conoscenza” e che lui definisce anche “senza fissa dimora”. Un gran bell’articolo a mio giudizio, che si allinea perfettamente a quelle che sono anche le mie osservazioni messe a fuoco negli ultimi anni e che mi hanno portato a produrre un testo come Liberi Professionisti Digitali, pensato esclusivamente per chi non ha un ufficio reale, non ha un contratto fisso (e un solo cliente) di lavoro, ma un potenziale enorme in termini di know-how e capacità di costruirsi una posizione autonoma e supportata dagli strumenti tecnologici.

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