Una vera riforma del lavoro deve sganciare i diritti dalla subordinazione

Articolo tratto dal sito Quinto Stato e pubblicato oggi anche sul Manifesto.

Una vera riforma del lavoro deve sganciare i diritti dalla subordinazione

di Roberto Ciccarelli

“Quando si parla di professioni ordinistiche e non ordinistiche, di partite Iva o lavoro autonomo – afferma Dario Banfi, membro dell’Associazione dei consulenti del terziario Avanzato (Acta), e autore con Sergio Bologna di Vita da freelance – si pensa solo a persone che pagano le tasse. Quando invece si parla del loro lavoro, allora vengono fatte sparire dal tavolo».

Cosa effettivamente accaduta al tavolo della «verbalizzazione» tra Governo-Confindustria-Sindacati dove mancava all’appello un terzo della forza-lavoro attiva in Italia. Al suo posto c’era il suo fantasma, quello delle «finte partite Iva». «Nessuno nega l’esistenza di questi abusi – continua Banfi – ma così si rischia di non distinguere il lavoro autonomo reale da quello subordinato. I veri consulenti rischiano di perdere il posto dopo sei mesi».

Basterà l’intervento dell’ispettorato del lavoro per risolvere la piaga delle “false partite Iva”?

Non credo. È uno spauracchio che non basterà a far desistere dalle assunzioni irregolari. Il percorso è molto più complesso di una semplice data sul calendario. Intanto mettano più soldi sulle ispezioni. E poi permettano un patrocinio gratuito nei contenziosi, non importa se lo fa un sindacato o un’associazione. La verità è che nessuno ha una risposta, perché il problema non se lo sono nemmeno posti.

Per quale ragione?
L’unico interesse è rimarcare l’esistenza di un’irregolarità, non di sostenere il lavoro indipendente. È un’impostazione molto tradizionale che non intacca la struttura del mercato del lavoro che, a parte la modifica dell’articolo 18, resterà simile a quella attuale.

Qual è l’idea ispiratrice di questa politica?
L’ideal tipo del lavoratore che fa capo al dipendente a tempo indeterminato. Tutto quanto ruota intorno a questa impostazione, anche quando gli si vuole togliere qualcosa. Si modificano gli istituti contrattuali e le forme di protezione del lavoro sempre basandosi sulla tradizione di riforma di questi istituti. Un riformismo reale dovrebbe invece sganciare i diritti dai vincoli della subordinazione. Un lavoratore, in quanto cittadino, dovrebbe avere gli stessi diritti quando esercita una professione, lavora come dipendente o fa l’artigiano. Invece questa riforma millanta un’estensione universale dei diritti.

Alludi all’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi)?
È una furberia. Vuole allargare la platea dei beneficiari di sostegno al reddito ma, allo stesso tempo, abbassa l’importo totale dell’indennità per singola unità e restringe il periodo di erogazione, passando da 18 a 12 mesi. In termini assoluti può sembrare un vantaggio avere un sussidio di 1119 euro lordi al mese, cioè 800 netti, ma non è così. Forse si pensa che, con un sostegno minore, queste persone si daranno da fare a cercarsi un lavoro. Non sempre però esistono soggetti che sanno muoversi sul mercato e hanno bisogno di politiche attive che qui mancano.

Eppure Monti sostiene che questa riforma sia ispirata al modello tedesco…
E con quali mezzi? In Germania, per intenderci, il personale pubblico che si occupa di servizi per l’impiego è circa quattro volte superiore all’Italia. Le persone continueranno a cercare lavoro, ma riceveranno un sostegno sempre più basso. Il governo dirà di avere creato una mobilità sociale. Ma sarà vero sulla carta. Mancherà sempre di più la coesione sociale. In questa situazione si trovano già oggi milioni di persone.

Cosa devono aspettarsi gli autonomi e i parasubordinati?
Devono fare attenzione. Sono quasi certo che nelle commissioni di bilancio si cercherà di alzare la contribuzione dei lavoratori autonomi per pagare gli ammortizzatori sociali delle altre categorie. Per i parasubordinati è quasi certo. Dicono che gli autonomi paghino poco rispetto ad un dipendente. Ma se una partita Iva paga il 27,72 per cento di previdenza, siamo proprio sicuri che in questa cifra non sia già inclusa una componente di costo realmente, e non solo formalmente, equivalente? Come Acta abbiamo dimostrato l’esistenza di un cuneo contributivo fortemente sperequato a svantaggio degli autonomi che, in cambio, non hanno alcuna tutela. L’unica alternativa è rimodulare i costi dell’assistenza e dei servizi sociali associati. Per tutti.

ABC del lavoro freelance per giovanissime partite IVA

Oggi sono al JobMeeting di  Milano per parlare di “Partita IVA, tutto quello che i neolaureati dovrebbero sapere“. Ho accettato volentieri l’invito della Repubblica degli Stagisti, per un’iniziativa gratuita dedicata ai giovanissimi e ai neolaureati. Come scrive Eleonora Voltolina nell’articolo “Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell’esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance” un numero sempre più consistente di laureati a un anno dalla fine degli studi ha aperto una partita Iva: è un dato che fa capire quanto il lavoro autonomo, spontaneo o spintaneo che sia, stia diventando comune per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Chi li orienta? Oggi ci provo, alle ore 16.00 presso i Career Lab del Jobmeeting di Milano al Pelota Jaialai Spazio Funzionale in via Palermo 10 (zona Brera).

Partite IVA nella Repubblica degli Stagisti

Su gentile concessione di Eleonora Voltolina, ripubblico l’intervista che mi ha fatto e messo online oggi sulla sua testata “La Repubblica degli Stagisti“. Argomento di discussione: autonomia e subordinazione, sfide nel futuro dei freelance, contratti e quotazione del lavoro. La questione più complessa: che cosa deve fare un giovane al quale si chiede sempre più spesso di aprire una Partita IVA per lavorare? La voglia era di rispondere “incazzatevi”, “tirate fuori le unghie”, poi in realtà credo che il suggerimento migliore per chi ha poca esperienza di mercato sia di cercare ognuno la propria strada a piccoli passi, sfruttando le occasioni per fare esperienza e consolidare un percorso professionale autonomo, senza sposare chi proprio non vuole prendervi come consorte. Perché dovreste fidarvi a lungo di chi cerca escamotage per pagarvi di meno o mascherare altri rapporti di lavoro? Tenete la furia (direbbe qualche amico) per progettare altro.

Ecco l’intervista:

Sempre più numerosi i giovani che aprono la partita Iva: i consigli dell’esperto Dario Banfi a tutti gli aspiranti freelance

Dalla ricerca «Specula» di Formaper, l’agenzia speciale della camera di commercio di Milano, emerge che un numero sempre più consistente di laureati lombardi a un anno dalla fine degli studi ha aperto una partita Iva. Un dato che fa capire quanto il lavoro autonomo, spontaneo o spintaneo che sia, stia diventando comune per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro. Dario Banfi, classe 1971, è un freelance espertissimo di partite Iva: non solo perchè in prima persona è giornalista professionista, copywriter e consulente in comunicazione, ma anche perché è attivo nell’associazione Acta (l’associazione Consulenti terziario avanzato) e insieme a Sergio Bologna ha pubblicato pochi mesi fa con Feltrinelli il bel saggio Vita da freelance, sottotitolo «I lavoratori della conoscenza e il loro futuro».
Alla vigilia del Jobmeeting di Milano, dove alle 16 Banfi terrà il seminario «Partita Iva, tutto quello che i neolaureati dovrebbero sapere», la Repubblica degli Stagisti l’ha intervistato per chiedergli un’analisi della situazione e sopratutto qualche dritta per i giovani che intraprendono una professione autonoma.

Fotografia Dario BanfiDario Banfi, secondo lei i freelance possono essere considerati una «categoria»?
Certamente. Sebbene appartengano a professioni differenti, hanno in comune l’indipendenza e l’assenza di vincoli di subordinazione. Sono lavoratori professionali autonomi, diversi da commercianti e artigiani, o come si dice di “seconda generazione”. Affrontano rischi legati alla discontinuità del lavoro, alla produzione,  alla ricerca di clienti. Hanno in comune l’intraprendenza e lo strumento con cui lavorano, ovvero il sapere. Non hanno capitali o mezzi di produzione, ma si affidano alle conoscenze specialistiche e alla capacità di offrire consulenza per creare innovazione.
Qual è la sfida per i freelance del nuovo millennio?
Da una parte coalizzarsi, dall’altra mantenere viva la capacità di offrire lavoro di alta professionalità in un mercato che punta a declassare questa categoria, abbassando costi e spostando i rischi d’impresa, togliendo spesso dignità al lavoro autonomo. Queste due priorità sono fortemente sentite con la crisi. C’è comunque una sfida più generale che riguarda i cittadini-lavoratori, ovvero la conquista di alcuni diritti sociali e di protezioni all’interno del nostro sistema di welfare che sono stati sistematicamente negati o rimossi per le nuove generazioni e il nuovo lavoro. Dalle coperture per malattia e infortunio al sostegno al reddito a una buona previdenza.
Ritiene che possa essere correttamente inquadrato come freelance anche chi percepisce il 100% del suo reddito, o comunque la parte nettamente prevalente di esso, da un solo committente?
Non è il numero dei committenti che definisce il vincolo di autonomia o subordinazione, ma la relazione con il datore di lavoro, l’uso dei mezzi, il vincolo della presenza e altri fattori che insieme definiscono quando un’attività può essere considerata eterodiretta. L’ha specificato più volte la Corte di Cassazione. Ma se ci pensate ogni freelance percepisce il 100% del suo reddito temporaneo da un solo committente ogni volta che lavora per lui. Un webmaster, per esempio, che crea tre siti in un anno, in maniera consecutiva, ogni 4 mesi percepisce il suo reddito da un solo committente. È soltanto il periodo d’imposta annuale che ci fa pensare al rapporto tra reddito e tempo: ma l’autonomia non c’entra con l’anno solare o con il tempo, ma con la natura del lavoro. Usare soltanto il parametro quantitativo per dedurre la dipendenza è un errore.

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Viaggio nei Balcani e ritorno

Forse non è chiaro a tutti che cosa sia stato infilato in manovra economica di agosto sotto la voce “Misure a sostegno dell’occupazione”. A fianco dell’interessante ritocco degli stage e dell’estensione dell’uso dei fondi interprofessionali per la formazione a lavoratori con contratto a progetto o apprendisti (a quando l’estensione tout court ai “lavoratori”?), che considero passi avanti, c’è questa cosa che non saprei bene come definire se non un “porcellum sfracellum”, una bomba a frammentazione nel diritto del lavoro. Bersani l’ha definita “balcanizzazione”, la Camusso ha minacciato per questo articolo vertenze azienda per azienda, visto che ha tutta l’aria di portare un po’ di stile marchionne in ogni angolo del Paese. E’ l’articolo 8 della Manovra, che vi riporto per intero:

Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimita’

1. I contratti collettivi di lavoro sottoscritti a livello aziendale o territoriale da associazioni dei lavoratori comparativamente piu’ rappresentative sul piano nazionale ovvero dalle rappresentanze sindacali operanti in azienda possono realizzare specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualita’ dei contratti di lavoro, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitivita’ e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attivita’.

2. Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione incluse quelle relative: a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie; b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale; c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarieta’ negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro; d) alla disciplina dell’orario di lavoro; e) alle modalita’ di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio e il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio.

3. Le disposizioni contenute in contratti collettivi aziendali vigenti, approvati e sottoscritti prima dell’accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra le parti sociali, sono efficaci nei confronti di tutto il personale delle unita’ produttive cui il contratto stesso si riferisce a condizione che sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori.

Le tre novità più rilevanti sono a mio avviso: 1) la deroga sistematica al modello di contratto nazionale, con l’approvazione dei risultati delle relazioni industriali tramite referendum interni e locali; 2) l’introduzione di possibili variazioni sui sistemi di licenziamento e per quanto mi riguarda da più vicino; 3) la possibilità che siano le “associazioni comparativamente più rappresentative”  a determinare in quale modo dovranno essere regolati i rapporti tra imprese e Partite IVA. Ora questa ultima questione è davvero fuori da ogni logica e sottointende la pericolissima ipotesi che il lavoro autonomo possa essere sussunto sotto la contrattazione collettiva come se si trattasse di una modalità diversa, da regolare appunto, ma pur sempre di lavoro subordinato (e per di più, per molti, a basso costo e basso rischio, perché facilmente “licenziabile”), quando, invece, le uniche norme che forse andrebbero introdotte riguardano la definizione di lavoro autonomo, i tempi di pagamento e poco altro. E’ al contrario sul fronte del Welfare universalistico, non nella contrattazione di prossimità, che servono le misure più urgenti per i freelance.

Un cambio di passo, ora chi segue?

Nel mondo IVA si licenzia poco“. Così si esprime (correttamente a mio giudizio) Giuseppe Vitaletti sul Blog di Dario Di Vico “Generazione Pro Pro” dove continua serrata l’analisi e il confronto sui temi del lavoro autonomo. Chi sta seguendo il dibattito può trovare un’importante sintesi su quanto raccolto e raccontato dal Corriere della Sera in questi mesi si trova nell’articolo “Dal fisco al welfare, l’agenda delle partite Iva“, a cui fa seguito la risposta di Giuliano Cazzola, che enumera la miracolosa moltiplicazione delle fattispecie di partite IVA che i Governi dal 1995 in poi sono riusciti con sagacia a genererare e propone l’indecente aumento di ulteriori aliquote INPS affinché le Partite IVA abbiano qualche briciola in termini di assistenza. (Forse il politico PDL non ha capito il livello di tensione che si registra oggi in questo segmento di mercato del lavoro, dove, è vero, si licenzia poco, ma perché non esiste il buoncostume di fare contratti seri né lettere d’incarico. Una tensione che Anna Soru mostra molto cortesemente nella secca replica a Cazzola).

Quanto sta avvenendo per volontà del Corriere in questi mesi è un confronto senza precedenti. Importante e trasversale, come non è mai accaduto.  

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A mani nude

Treu sulla Riforma delle Partite IVADopo il successo della manifestazione di ieri (occupazione della Triennale) e la pubblicazione sul Corriere della Sera di una proposta di Riforma per le Partite IVA, arrivano alcuni segnali dalla politica. A fianco le note di Tiziano Treu che per gli smemorati fu proprio il Ministro del Lavoro al tempo del Governo Dini che portò alla Legge 335/1995 per la costituzione della Gestione Separata INPS!!

Positiva la segnalazione del medesimo tema, in vista di un allargamento del dibattito, è ancora una volta l’editoriale odierno del Corriere della Sera in cui si legge, a firma di M. Ferrera:

Il modello della flessibilità senza rete di sicurezza su cui hanno puntato i vari governi a partire dal 1997 mostra oggi tutti i suoi limiti: centinaia di migliaia di lavoratori atipici hanno già perso il posto di lavoro [..] tra le figure di questo esercito sta finendo anche un numero crescente di lavoratori in passato relativamente sicuri: artigiani, piccoli imprenditori, persino alcune figure di liberi professionisti.

Da segnalare anche l’uscita nella Cronaca di Milano, sempre sul Corriere della Sera, del pezzo di Rita Querzè, che dà notizia della manifestazione in Triennale. Si legge nell’articolo ben documentato “Il popolo del lavoratori autonomi occupa la Triennale: Troppe tasse! (articolo in download in formato .PDF, visibile anche qui, online):

“Il nostro primo problema è di uscire dall’invisibilità”, dice Anna Soru, presidente ACTA e ricercatrice. “Stiamo lottando a mani nude senza nemmeno lo scudo degli ammortizzatori sociali“.

In visione anche il servizio TV messo in onda ieri da Telenova

Una riforma in 5 punti per le Partite IVA

Ancora Di Vico (Corriere della Sera) sulle Partite IVA, con un pezzo veramente ben centrato sulle problematiche dei lavoratori autonomi: “Tutele e contratti: come riformare le Partite IVA“. A margine il Corriere pubblica oggi anche un’intervista a Lupoi di Colap: “La pensione? Per i giovani sarà meno di quella sociale“.

Questi i cinque punti identificati dal quotidiano per migliorare la condizione lavorativa di chi oggi opera in regime di autonomia sul mercato:

Riforma delle Partite IVA - Corriere della Sera

Governo, se ci sei batti un colpo!

Tassare tutti per aiutarne uno?

La Repubblica annuncia che aumenterà l’assegno di disoccupazione una tantum per i Co.co.pro. che operano in regime di monocommittenza (=1 solo cliente); che l’anno prima hanno dichiarato un reddito lordo tra 5 e 20mila euro; che hanno versato, nell’anno di riferimento, almeno un contributo alla gestione separata; che restano senza contratto di lavoro per almeno due mesi; risultano contibuenti dell’INPS – Gestione Seoparata, nell’anno precedente, per almeno tre mesi (ho sbagliato previsioni, non devono avere l’H1N1, ma poco ci manca)

Scrive Anna Soru, presidente ACTA: “All’assegno non hanno diritto i professionisti con partita iva. Ciò che i giornali non dicono è come sarà finanziato l’aumento. Siamo molto preoccupati, temiamo di essere chiamati a finanziare un’indennità da cui siamo esclusi. Non sarebbe la prima volta, dato che siamo obbligati a pagare per l’indennità di malattia domiciliare e per i congedi previdenziali, senza aver alcun diritto a ricevere queste prestazioni.”

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Che fare? Domani c’è un sit-in a Milano, in Triennale! Se vuoi avere più informazioni o protestare, unisciti al gruppo di professionisti del lavoro intelletuale autonomo che si danno raccolta nel luogo simbolo della creatività a Milano. Ore 11.00. Partecipa numeroso!

Scarica due volantini (a cura di Rinaldo Crespi) della campagna di sensibilizzazione

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Lo scandalo previdenza approda in Senato

Sempre in relazione quanto sta accadendo ai lavoratori autonomi, professionisti con partita IVA. Dai resoconti stenografici di Martedì 24:

ICHINO (PD). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ICHINO (PD). Signora Presidente, il Governo, per bocca del Ministro del lavoro, in diverse occasioni e in interviste su vari giornali, ha preannunciato un aumento dei contributi previdenziali per tutta l’area del lavoro parasubordinato,  cioè delle collaborazioni autonome continuative. Su questo terreno va ricordato che esistono collaboratori autonomi continuativi sostanzialmente equiparabili ai lavoratori subordinati, ma esistono anche collaboratori autonomi che sono sostanzialmente dei liberi professionisti, per i quali il contributo grava sul fatturato al lordo delle spese di produzione del reddito. Ora, un contributo che oggi è al 27 per cento del fatturato e che viene portato al 28 o al 29 per cento del fatturato significa, in questi casi di vero lavoro autonomo, una contribuzione che supera il 50 per cento dell’utile del lavoratore. Credo che sia essenziale ed urgente che il Parlamento affronti questo problema, per arrivare alla indispensabile distinzione tra i casi di vera situazione di dipendenza economica e i casi in cui invece la collaborazione continuativa è equiparabile al lavoro libero professionale o alla piccola impresa. Altrimenti, noi perpetuiamo una sostanziale rapina ai danni di una categoria importante, che supera il milione e mezzo di lavoratori realmente autonomi iscritti alla gestione separata dell’INPS. (Applausi dal Gruppo PD).

Update sul caso: Daghetti di ACTA fa il punto su Corriere.it sulle aliquote previdenziali di lavoratori dipendenti, professionsiti, partite IVA ecc.