Condizioni e identità nel lavoro professionale

Condizioni e identità nel lavoro professionale - Libro con un contributo di Dario Banfi

Autori: Dario Banfi e altri
Pubblicazione: Marzo 2008
Casa Editrice: DeriveApprodi
Pagine: 78
Formato: 13,1×20,1
Prezzo: 4 Euro

Dettagli progetto
Anno: 2008
Cliente: DeriveApprodi
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Tipologia: Editoria |
Editoria
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Budget: [ probono ]
Settore: Editoria |
Parole chiave: diritti | lavoro autonomo |

Condizioni e identità nel lavoro professionale. Riflessioni sul saggio di Sergio Bologna ‘Ceti medi senza futuro?’ è una raccolta di contributi di autori diversi che hanno deciso di fornire una lettura personale e integrativa al testo di Sergio Bologna “Ceti medi senza futuro?”.

Pubblicato nel 2008 dalla casa editrice Derive e Approdi contiene anche il contributo di Dario Banfi, dedicato al lavoro atipico e alla complessità di mercato e di gestione professionale che deve affrontare nella quotidianità un lavoratore autonomo “di seconda generazione”, come viene definito da Sergio Bologna.

A fianco del contributo di Dario Banfi, trovano spazio nel testo altri autori: Lia Cigarini, Christian Marazzi, Klaus Neundlinger, Luca Romano e Sergio Bologna. Il testo è oggi fuori commercio. Ne forniamo una copia in formato digitale, scaricabile al link riportato sopra, alla voce “Libro”.

Alcuni estratti

Da pag. 31: “Classe creativa, knowledge worker e lavoro autonomo di seconda generazione, precariato, lavoratori indipendenti… sono tutti tasselli di una ricomposizione sociale del mondo del lavoro che negli ultimi trent’anni sta ridisegnando la struttura del mercato in Italia. Non sono sinonimi, ma insiemi con intersezioni più o meno ampie che spesso si sovrappongono, ma non necessariamente. Sebbene ancora difficili da delineare nel contenuto, come gruppi sociali, tali espressioni che li denominano sono comunque termini migliori di «capitalisti individuali», «imprenditori di se stessi» e «ditte individuali» che persistono all’interno di una cultura oramai del tutto superata“.


Il libro di Dario BanfiDalle pagg. 32 e 33: “Quando l’11 febbraio del 2003 alle 17,30 il mio ex editore staccò letteralmente la spina al mio computer, mi disse di firmare in bianco le dimissioni senza preavviso e di non presentarmi il giorno successivo, il mio contratto a tempo indeterminato diventò carta straccia in meno di tre minuti. Finì bene, ovviamente: ristrutturai casa con i suoi soldi! Oggi sono un lavoratore autonomo, convinto, senza rimpianti. Non credo di essere precario, ma molto affaticato dal lavoro che faccio, questo sì. I punti di forza sui quali ho dovuto fare leva per ritornare in pista dopo un licenziamento ad nutum? Più fattori: nuova-costante-ossessiva formazione individuale; la mia conoscenza specialistica; la competenza pratica rispetto alle dinamiche produttive del mio settore; la passione(tanta) per il mio lavoro. Tasselli di una professionalità che andavano benissimo per esercitare attività anche da solo“.


Da pag. 45: “Oggi nessuno contrappone in senso positivo il lavoro subordinato a quello autonomo. È un danno enorme. La crescita del mercato del lavoro autonomo in termini di diritti riconosciuti, livelli retributivi, tutele economiche, sociali e associative può realmente contribuire al rafforzamento dell’intero panorama del lavoro, interno ed esterno alle imprese. Lo dovrebbero capire i sindacati, per esempio. Una migliore cultura dell’autonomia darebbe valore a questa tipologia di posizione lavorativa in sé, come è giusto che sia, ma paradossalmente anche al lavoro dipendente. Un autonomo forte, per esempio, non consentirebbe agli imprenditori di attuare meccanismi di espulsione «a basso costo» e riporterebbe in equilibrio il mercato, offrendo flessibilità, ma non precarietà. I giornalisti conoscono molto bene sulla propria pelle questa utopia“.

Una citazione

Da pag. 49:

Come dice scherzosamente un blogger americano, Andrew Leonard, su Salon.com, se un blogger inizia a scrivere di Karl Marx, il resto della blogosfera penserà che è un pazzo e lo ignorerà. Se due blogger lo fanno, si penserà che fanno parte di una cellula rivoluzionaria, e forse verranno spediti a Guantanamo. Ma se tre blogger iniziano a parlottare del Capitale, beh, manca veramente pochissimo per considerare questo un movimento completamente sviluppato

Ultima modifica: 2008-03-10T10:32:48+01:00 Autore: Dario Banfi