Una delle ultime volte che sono stato ospite (a Bolzano) di un coworking per parlare del mondo dei freelance qualcuno [cfr. vignetta sotto] ha trovato il modo di scherzarci sopra ed è giusto così. Non è mai troppo tardi per imparare da chi ci ha preceduto e conosce il mestiere :-)
La vita del freelance è complicata, certamente, ed esposta al rischio, ma offre anche spunti di libertà, il piacere di incrociare esperienze diverse e soprattutto una grande e costante voglia di crescere, cambiare e sperimentare, mettendo creatività, quando è possibile, e voglia di divertirsi.
Se però fino a pochi anni fa essere indipendenti significava vivere e “mungere il mercato” da soli, oggi le cose stanno cambiando sia sotto il profilo della rappresentanza politico-sindacale sia nella scelta dei luoghi da frequentare come spazi di condivisione e lavoro.
Coworking. Un fenomeno che seguo da tempo, nella pratica e nella teoria. Una questione aperta, che tempo fa, insieme ad Adriana Nannicini, Sergio Bologna, Nicola Brembilla abbiamo cercato di portare sul tavolo del Comune di Milano per sensibilizzare la municipalità. Ne parlammo già in campagna elettorale, prima delle elezioni vinte da Pisapia. Tredici mesi dopo il Comune ha deciso, anche su suggerimento di ACTA, di portare avanti l’argomento, convocando i protagonisti delle iniziative in città e qualche ospite straniero.
Giovedì in Università Statale presento il libro di Roberto Ciccarelli e Giuseppe Allegri “La furia dei cervelli”. Interverrò a nome dell’Associazione ACTA. Sarà presente l’autore.
Se sei un freelance non devi assolutamente mancare!
Ci vuole ottimismo per dichiarare il 2012 l’ultimo anno della precarietà ed è per questo che segnalo con piacere l’iniziativa della Rete Redattori Precari che domenica 22 cercano di auto-finanziarsi con un aperitivo dove potrete trovare musica e libri usati (da acquistare, ovviamente!). Io penso di fare un salto, venite?
Oggi la nuova Nuvola del Lavoro del Corriere.it dedica spazio ad alcune iniziative di networking nella vita reale: apertitivi, colazioni ecc. forme di ritrovo che nel mondo dei lavoratori professionali autonomi si deve anche e soprattutto a motivi di forzato isolamento che ogni tanto è giusto rompere trovando persone con cui parlare davvero fuori dagli schemi e dalle misure di Twitter o Facebook.
Aggiungo alla casistica riportata da Ivana Pais la formula delle cene, più classica, ma che il gruppo dei giornalisti freelance di Milano ha da tempo modificato in “incontri con i direttori” al Circolo della Stampa. Una volta al mese chiama giornalisti embedded (da caporedattori in su…) per parlare di come funzionano le relazioni di lavoro tra redazioni e freelance in quel caos chiamato giornali.
Forse mi sbaglio, ma credo che le poche ore passate insieme a Sara Horowitz della Freelancers Union ospiti di Sergio Bologna a Milano rappresentino un momento importante, forse storico, per il dialogo tra il mondo dei freelance italiani e quelli americani. Tra le api (simbolo della FU) che ronzano intorno alla più grande associazione mondiale di freelancer oggi c’è anche la comunità italiana e ACTA, ufficialmente diventati amici.
Insieme a Sara Horowitz (seconda da Sx) ospiti di Sergio Bologna (ultimo a Dx) a Milano.
Flc-Cgil di Milano organizza il convegno “Precarietà e lavoro della conoscenza: proposte a confronto“. Sabato 26 novembre alle ore 10,30 presso la Sala Napoleonica di Palazzo Greppi dell’Università di Milano (Via S. Antonio, 10).
IL PROGRAMMA
Prima parte – Comprendere il capitalismo cognitivo – Ore 10.30-13.00
Apertura e conduzione dei lavori: Loris Caruso (Flc-Cgil Milano) Relazioni:
Ivana Brunato (Segretario Camera del Lavoro di Milano) – Introduzione
Carlo Formenti (Università del Salento) – Capitale e lavoro nel capitalismo cognitivo
Emiliana Armano (Università di Milano) – Autonomia e subordinazione nel nuovo lavoro
Sergio Bellucci (giornalista e saggista) – Quale conoscenza nel lavoro della conoscenza
Cristina Tajani (Assessore al Lavoro, Università e Ricerca al Comune di Milano) – Economia della conoscenza e precarietà: la situazione a Milano
Seconda parte – Precarietà e lavoro della conoscenza: le proposte della Cgil, delle reti e delle associazioni del precariato intellettuale – Ore 14.00
Apertura e conduzione dei lavori: Attilio Paparazzo (Segr. generale Flc-Cgil Milano) Interventi di:
Mario Esposti – Consulta lavoro professionale Cgil
Una recente intervista su freelance, coworking, riforma del regime dei minimi ecc. pubblicata sul blog Alzatevi e Partite IVA. Grazie a Massimo Potì e agli amici di Toolboox Coworking per la chiacchierata!
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Abbiamo rivolto alcune domande a Dario Banfi, giornalista freelance, copywriter, e coautore insieme a Sergio Bologna di Vita da Freelance, uno dei pochi libri pubblicati in Italia che prova a descrivere il mondo del lavoro atipico (freelance, coworker, lavoratori della conoscenza, wwworker, etc.) senza farne solo e unicamente una questione di precariato, come se tutti sognassero di ritrovarsi assunti a tempo indeterminato in una multinazionale. Ecco cosa ci siamo detti.
1. La prima cosa che colpisce leggendo il libro è la difficoltà che si incontra nel definire con precisione cosa distingue un lavoratore della conoscenza dagli altri: da una parte, chi ne fa quasi esclusivamente una questione contrattuale (semplificando, partita iva? lavoratore della conoscenza!), dall’altra, chi ne fa invece una questione di oggetto del lavoro (sempre semplificando, scrivi testi per siti web? lavoratore della conoscenza!). Tu, lavoratore freelance come la maggior parte dei lettori di questo blog, come definiresti il tuo lavoro?
Preferisco parlare di lavoro professionale autonomo. Freelance non è esattamente un sinonimo, ma può andare bene ugualmente. Nel titolo del nostro libro è un termine suggerito dall’editore, inizialmente avevamo scelto un’espressione più provocatoria, volevamo chiamare il libro “Da gentiluomini a mercenari”. Posso definirmi lavoratore professionale autonomo, ma anche freelance o mercenario, non c’è grande differenza: il primo è più vicino al linguaggio della ricerca sociale, definisce le mie relazioni con il sistema del lavoro, e dice che sono solo, ho elevate competenze e voglio svolgere attività in questo modo, senza cercare vincoli di dipendenza. Il secondo porta un po’ di cultura anglosassone nel nostro Paese e si sposa bene in quei contesti di lavoro più legati alla creatività. Ricorda che siamo liberi, ma il nostro vantaggio è anche un rischio