Modelli di business online (una raccolta non esaustiva)

Dare forma al proprio business online è piuttosto complesso per una start-up: la fase in cui si pensa e si costruisce l’offerta verso il mercato ha implicazioni di medio e lungo periodo. È un passo importante, che aiuta e guida lo sviluppo, ma deve consentire anche (rapide) azioni di modifica, perlomeno nei primi tempi di ingresso sul mercato. Meglio non improvvisare e farsi qualche domanda in più prima di partire lancia in resta. Devo inserire una parte di e-commerce? Investire su software molto utilizzato e noto o puntare subito su un ambiente ultra-personalizzato, fatto apposta per me? Pensare fin da subito come aggiungere prodotti?

Per prima cosa il modello di business

Business ModelNon esistono classificazioni esatte dei modelli di business: spesso ci si lascia ispirare da chi ha avuto successo prima di noi, ma come sanno bene gli sviluppatori di soluzioni digitali, la differenza sta nei dettagli e per quanto possa sembrare strano, è preferibile immaginare questi aspetti particolarissimi fin da subito, costruendo ipotesi di lavoro e sviluppo.

Sbaglia chi pensa di iniziare a costruire la propria “casa” digitale conservando un’opzione magica per aggiungere o togliere a piacere un elemento strutturale in corso d’opera o dettagli che modificano il design complessivo quando i giochi sono fatti. Il piano B, di aggiustamento ex-post, non esiste: non verrà mai realizzato. Un conto sono i Minimum Viable Products (MVP), ben altra cosa è trascurare funzioni relative al core business. “Lo facciamo in un secondo tempo” significa, semplicemente, che non serve.

Spesso chi cambia la prima release affronta un intero refactoring. Questo accade solitamente in due casi: 1) perché si sta rimodellando il proprio business in corso d’opera; 2) perché il design funzionale non risponde al modello di business. In entrambi i casi al posto di aver prefigurato al meglio un modello e le sue funzioni, si è costruito un castello prima di aver messo a fuoco cosa metterci dentro.

I principali modelli di business online

Vale la pena, di conseguenza, ragionare sui modelli di business. Di seguito trovate una brevissima sintesi dei maggiori modelli che ho identificato e che riguardano chi avvia un proprio business via Internet.

I modelli variano in base a ciò che si vende (prodotto fisico o digitale), alla durata del trasferimento di valore (una singola volta e per sempre, per un periodo di tempo da amministrare, per una durata predefinita ecc.), alle modalità con cui si trasferisce il bene acquistato (spostamento fisico, cessione di diritti, impiego di un servizio online, trasferimento di prodotto digitale) e a come si può consumare (necessità di dotazioni hardware, requisiti di età o geografici, disponibilità di spazio fisico ecc.), al gancio con cui si traina il consumo (motivazione primaria all’acquisto, upselling, upgrading, refilling ecc.).

Categorie di business con modelli differenti

Questa è una breve e imperfetta sintesi. Sotto lo schema trovate qualche elemento descrittivo in più.

Cosa si vende (o cede pro tempore)? Gli stakeholder L’acquisto ha un termine temporale? Trasferimento fisico di beni? Serve un legame digitale con il venditore per fruire del bene acquistato?
Vendita di prodotti fisici Prodotti fisici Venditore, Acquirente No No
Vendita di servizi offline Servizi offline Venditore, Acquirente, Intermediario No No No
Noleggio di beni Prodotti fisici Venditore, Acquirente No
Annunci per il mondo consumer Servizi digitali Venditore, Acquirente, Intermediario No No
Vendita di prodotti digitali Prodotti digitali Venditore, Acquirente No No
Vendita di servizi digitali Servizi digitali Venditore, Acquirente No
Paywall (per contenuti premium) Prodotti digitali Venditore, Acquirente No
Abbonamenti Prodotti digitali Venditore, Acquirente No
Aste online Prodotti fisici Venditore, Acquirente, Intermediario No No
Corsi e formazione online Prodotti digitali Venditore, Acquirente, Intermediario No
Crowdfunding Servizi digitali Venditore, Acquirente, Intermediario No No
Vendita di lead e metamotori di ricerca Servizi digitali Venditore, Acquirente No No No
Ticketing o booking Prodotti fisici/digitali Venditore, Acquirente, Intermediario No
Intermediazione di servizi tra pari Servizi offline Venditore, Acquirente, Intermediario No
Rivendita di influenza Servizi digitali Venditore, Acquirente No No
Dropshipping Prodotti fisici Venditore, Acquirente, Intermediario No No
Community e social business Servizi digitali Venditore, Acquirente, Intermediario No No
Siti vetrina e SEO targeting Prodotti e Servizi offline Venditore No No No

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Vendita di prodotti fisici

Vendita di prodotti fisici tramite InternetÈ il business principale che ha caratterizzato gli esordi dell’e-commerce e rappresenta la fetta maggiore di transazioni in Rete. Consente di vendere online prodotti che in alcuni casi sono commercializzati anche attraverso altri canali (tradizionali e non). Questo tipo di business può essere diretto, ovvero gestito in prima persona, o intermediato da colossi come Amazon o Alibaba. Nel prima caso comporta la costruzione e manutenzione di un negozio online, la gestione di spedizioni e di un magazzino. Nei casi più complessi prevede anche l’integrazione con i diversi canali di vendita, per creare sinergia nell’offerta e sincronizzazione degli stock. Come business model sta in piedi soltanto quando il ricavato – al netto di eventuali costi di promozione – genera utili rispetto ai costi di produzione dei beni, stoccaggio e distribuzione.

Vendita di servizi offline (intervento di un idraulico, visita medica ecc.)

Visite mediche acquistate onlineQuesto tipo di vendita è immateriale e comporta una specie di triangolazione tra fornitore del servizio, acquirente e operatore che li mette in comunicazione (intermediario). I ricavi di questo tipo di business sono legati a quote sul transato, quando (raramente) i servizi sono pagati in anticipo, oppure alla vendita di visibilità offerta ai fornitori di servizi offline. Questa “visibilità” equivale al posizionamento migliore nella presentazione online o nei risultati interni di ricerca. La vendita può essere semplice (affidando l’incrocio tra domanda e offerta ai due stakeholder) oppure mediata, con la presentazione di disponibilità a calendario, ovvero gestendo anche gli stock di tempo dei singoli professionisti. Quest’ultimo caso corrisponde spesso a realtà più piccole e autogestite (si veda il progetto “Chez-Toi“, che vende servizi alla persona a domicilio).

Noleggio di beni (sci, auto ecc.)

In questo caso i beni sono principalmente attrezzature sportive e di lavoro oppure mezzi di trasporto individuale (auto, bici, monopattini ecc.), ma il business – dal punto di vista concettuale – non è del tutto differente dalla prenotazione di una stanza presso un Bed & Breakfast. Si tratta di affitto di risorse finite per un tempo limitato. Oltre alla gestione del catalogo occorre predisporre una precisa indicazione degli stock e periodi minimi e massimi di noleggio. Gli e-commerce di questo tipo prevedono spesso anche la possibilità di scegliere opzioni collegate per migliorare le ARPU (Augmented Revenues per Unit) legate al singolo noleggio, per esempio attraverso boundle o servizi aggiuntivi (custodia degli sci, albergo insieme all’auto, servizio di telepass, ecc.). Il guadagno, per chi si cimenta in questo business, si ottiene dopo l’ammortamento dei beni noleggiati e dei costi di sviluppo e manutenzione delle piattaforme online per il noleggio. Se volete un esempio di questo tipo di progetti, potete leggere di Monterosaskirental.it.

Annunci per il mondo consumer

Annunci OnlineIl puro post di annunci rivolti al mass market, dal punto di visto tecnologico, è piuttosto semplice da realizzare, ma deve comunque competere sul fronte dell’usabilità, delle performance complessive e soprattutto della visibilità su Internet. Come per altri business la complessità maggiore è relativa alla gestione delle utenze e dei permessi loro concessi; al disegno delle opzioni legate alla visibilità degli annunci (zone sponsorizzate, soluzioni premium ecc.) e nella verifica automatizzata o manuale di quanto viene pubblicato dagli utenti, che deve essere “di qualità”, per consentire ai portali di annunci di mantenere una buona reputazione. L’ingresso in questo tipo di mercato è molto complesso perché richiede ingenti investimenti pubblicitari, nettamente superiori ai costi di sviluppo, e un refactoring continuo, alla ricerca delle soluzioni più adatte per creare sinergie interne alle pagine, migliorare gli algoritmi di raccomandazione, restituire una categorizzazione ottimale e definire schede di presentazione adeguate al contenuto e agli interessi dei visitatori.

Vendita di prodotti digitali (software, giochi, ecc.)

Questo tipo di e-commerce ha una sostanziale differenza rispetto all’e-commerce standard: non ha costi di distribuzione o problemi di stock. Questo apre potenzialmente il business verso tutto il mondo, poiché elimina i vincoli e i costi dei processi gestionali offline, ma introduce la necessità di controllare la diffusione illecita dei prodotti digitali. Fino a pochi anni fa si associavano chiavi di attivazione da immettere nel prodotto. Oggi si preferisce mantenere un legame con il negozio di vendita che, nell’area di gestione del proprio account, controlla l’attivazione da remoto ed eventualmente i dispositivi o il numero di attivazioni effettuate. La vendita può essere definitiva (una tantum) oppure a tempo limitato (subscription). In questo secondo caso il business deve gestire anche scadenze, pagamenti ricorsivi, solleciti e lo storage di metodi di pagamento. Del tutto diversa, invece, la vendita di prodotti a consumo di tipo digitale, come i libri (si veda, per esempio, il progetto dell’Edicola Federnotizie), che di solito sono una tantum e consentono il download anche successivo, nel tempo, ma senza limiti, del medesimo prodotto. Esiste una sottocategoria per questo tipo di business che consiste nel rilasciare versioni libere di software, ma offrire upgrade a pagamento. Sono i cosiddetti prodotti freemium.

Vendita di servizi digitali

Sono forme di e-commerce del tutto simili alle precedenti, ma sempre con una scadenza e una serie di opzioni che definiscono livelli di upgrade o downgrade. In questa fascia rientrano oggi tutti i servizi venduti in cloud, servizi di hosting o di software per la produttività individuale o di gruppo, time o project management o l’incorporamento di funzioni aggiunte su siti Web (chat, streaming online ecc.) e per la comunicazione via Internet. Hanno un elevato costo di sviluppo e manutenzione, essendo software centrici e in alcuni casi anche legati a dotazioni strumentali hardware da manutenere. La principale regola di business gioca sull’economia di scala e la valutazione esatta delle risorse impiegate o che si fanno condividere (capacità di calcolo, spazio, banda passante ecc.) tra clienti di fasce omogenee con sottoscrizioni attive.

Paywall (per contenuti premium)

PaywallSistema che consente di accedere ad aree di contenuto riservato. Utilizzato oggi da numerosi giornali online e colossi dell’editoria, che non riescono a fare profitto soltanto con la pubblicità online. Solitamente i Paywall impediscono l’accesso a porzioni di siti o articoli, lasciando comunque l’accesso libero ad altre aree, in modo da sviluppare interesse e incoraggiare la fruizione di contenuti (a pagamento) del medesimo editore. Come per i prodotti digitali (software ecc.) questo modello prevede un robusto sistema di gestione delle utenze, dei pagamenti riservati e ricorsivi, delle attivazioni o disattivazioni e delle opzioni di upgrade o downgrade e soprattutto di controllo degli accessi. I tentativi di limitare i periodi di prova o il numero di pagine lette per singolo autore restano la sfida più complessa tecnicamente, mentre ciò che rende ancora incerto questo business è la capacità di instaurare fiducia con i lettori-clienti, abituati al consumo gratuito dei contenuti in Rete.

Abbonamenti (letture online, accesso a video o documenti riservati)

Soluzione gemella dei Paywall sono le forme diffuse di sottoscrizioni a servizi riservati. Basati su sistemi di membership, queste tipologie di business vivono grazie alla bontà dei contenuti offerti in zona protetta. Si va dai più noti servizi di video on demand, come Netflix, all’accesso a siti ricchi di materiale o informazioni specifiche per singoli interessi o attività professionali. Il business si basa sull’esclusività del contenuto riservato, che non può essere raggiunto facilmente e diversamente su altre piattaforme. La parte tecnica più complessa è quella relativa alla distribuzione del contenuto protetto, in rapporto al fabbisogno degli utenti. In seconda istanza vengono le gestioni utenti e l’aggiornamento dell’offerta di contenuto, un fattore, questo, che determina la longevità del servizio. I rinnovi degli abbonamenti, infatti, sono direttamente proporzionali alla capacità di tenere vivo l’interesse verso il contenuto offerto. Caso diverso per chi concede accesso a banche dati storiche o della pubblica amministrazione, valutate più interessanti, invece, per la completezza e precisione dei materiali rilasciati.

Aste online

Nate da molto tempo, hanno perso sicuramente appeal presso il grande pubblico, che accede ai siti di aste come se fossero normali e-commerce. Per chi si cimenta in questo business deve sommare le problematiche tecnico e gestionali del normale e-commerce, con quelle relative alle utenze che possono pubblicare come acquirenti e come venditori. A livello tecnico è tra i sistemi più complessi da realizzare perché prevede venditori, acquirenti e banditori, che possono attivarsi in questi servizi con modalità e limiti diversi, pagare o ricevere pagamenti, definire prezzi e tempi di vendita. A queste problematiche si sommano quelle legate alla flessibilità degli aspetti tassonomici dei directory business e all’integrazione con sistemi di valuta, tassazione e spedizione diversificata per Paese. Senza contate le problematiche di logistica ed esercizio dei diritti di recesso. In altre parole un business online per pochi grandi investitori, visto l’elevato costo di sviluppo e manutenzione.


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Corsi e formazione online

Esistono diversi modelli di business per questa tipologia di attività in base a questi fattori: 1) erogazione di corsi proprietari o di terze parti; 2) erogazione di un corso singolo o di molteplici corsi insieme; 3) possibilità per le terze parti di intervenire o meno sul design dei percorsi formativi; 4) complessità degli strumenti di controllo, interazione e verifica dei percorsi. Come si può intuire non c’è un modello unico, ma si varia dal singolo corso di un singolo autore a portali che ospitano corsi di terze parti. Ciò che accomuna questi servizi è la registrazione e l’accesso a pagamento ad aree riservate in cui si trovano percorsi formativi composti da testo, video, esercizi, materiali didattici e altro. Questo significa che alle funzioni di e-commerce si sommano quelli di gestione delle utenze e di publishing multimediale. Senza contare i tool avanzati di test e valutazione. Le revenue provengono principalmente dalla vendita dei corsi o dai fee sulla vendita di corsi di terze parti. Secondariamente provengono dal lavoro di implementazione di corsi ad hoc per singole società richiedenti. Mentre nel primo caso si può fare economia di scala, nel secondo si ottengono revenue più elevate, ma una tantum.

Crowdfunding

Chi fa raccolta di soldi per conto terzi ha di fronte a sé una bella sfida tecnologica e finanziaria poiché deve contemporaneamente: 1) consentire la pubblicazione di uno o più progetti alla ricerca di finanziamenti; 2) consentire a chi desidera finanziarlo di iscriversi e versare una quota in conto capitale; 3) gestire transazioni finanziarie che potrebbero anche dover essere stornate nel tempo, nel caso non venisse raggiunta la quota di finanziamento minimo dei progetti. E in tutto questo deve anche trovare il modo di ritagliare un fee per i servizi offerti. Non è una sfida da poco e il know-how tecnologico per realizzare questo modello di business è piuttosto elevato. Quando l’interesse non è diretto (perché si propone un progetto), ma indiretto (perché si consente ad altri di farlo), tutto il successo dipende dagli aspetti di promozione e raccolta di capitali, sui quali si ritagliano quote di servizio. Vista la complessità di sviluppo, il business funziona quando progetti, utenze, visite e finanziamenti (anche se piccoli) sono elevati in numero. Questo presuppone notevoli investimenti in marketing e pubblicità ai progetti.

Vendita di lead e metamotori di ricerca

Lead GenerationQuesto business è più complesso degli altri perché non vende prodotti o servizi, ma opportunità di business agli altri. In altre parole si occupa di cedere traffico Internet oppure dati singoli o aggregati a chi fa successivi affari con queste informazioni. I settori in cui la vendita di lead è più remunerativa sono sicuramente quelli assicurativo e finanziario, l’automotive e l’elettronica di consumo. Come funziona questo business? Si basa sulla presentazione, magari comparativa, di prodotti e servizi con annessa un’eventuale scheda di raccolta dati per chi è interessato alle offerte o a saperne di più oppure si basa su metamotori di ricerca, che operano soltanto su determinati siti o singole pagine (per esempio, legate agli annunci di lavoro). In alternativa, questo modello costruisce schede di presentazione con un link che porta sul sito del rivenditore e che, attraverso sistemi traccianti, riesce a comprendere se la provenienza del visitatore si trasforma in reale acquisto. Entrambe le tipologie di lead (dati sui prospect o referral che producono conversioni d’acquisto) sono misurate e remunerate da parte del rivenditore finale. Il business funziona se raccoglie un numero elevato di visite e riesce effettivamente a generare conversioni.

Ticketing o booking

E-commerce espressamente focalizzato alla vendita di biglietti per eventi o prenotazioni. Si basa sulla presentazione degli eventi e sulla gestione di un processo di vendita che può terminare con un prodotto digitale (biglietto elettronico) o con la spedizione di biglietti fisici al cliente. In alcuni casi non avvengono transazioni, ma si offrono solo sistemi di booking e ticketing virtuale. Come si guadagna con questo tipo di servizi? Con un fee sul transato o sulle prenotazioni registrate oppure con la rivendita di dati statistici o con la pubblicità annessa al portale di ticketing/booking. Da non confondere con il booking di tipo turistico, che rientra nel modello successivo.

Intermediazione di servizi tra pari

I più noti sono AirBnB e Uber, ma ne esistono moltissimi simili (e di dimensioni più piccole o circoscritte a zone locali). Il principio è di eliminare i sistemi di intermediazione classici per mettere in comunicazione diretta venditori e acquirenti, per servizi di trasporto, ospitalità e simili, fino ad arrivare alla rivendita di qualsiasi oggetto fisico, secondo un modello che tempo fa chiamavamo semplicemente di marketplace. Hanno un’impronta tipicamente geografica (ma non necessariamente) e come tutti i sistemi di rivendita devono mettere insieme le esigenze di venditori, acquirenti e intermediario. Questo significa gestione utenze con permessi diversificati, controllo delle transazioni e verifica della bontà dei prodotti o servizi promossi (compresa l’integrazione del diritto di recesso). I ricavi derivano da una quota parte (fee) sulla rivendita, con cui si mantengono servizi, sviluppo software e promozione. Si tratta di percentuali che arrivano anche al 15% del costo proposto al cliente. Quanto più elevata è la comunità degli utenti registrati (venditori+acquirenti), maggiore è il volume d’affari e l’opportunità di guadagno.

Rivendita di influenza

Influencer MarketingSono servizi di diverso tipo: si va dal semplice product placement sui propri canali social, siti o blog, alle affiliazioni più strutturate. Sono diventati servizi molto remunerativi, negli ultimi anni, soprattutto con l’emergere di personaggi pubblici che registrano numerosi follower al proprio seguito, ma dal punto di vista del modello di business non si differenzia molto dalla vecchia teoria pubblicitaria del testimonial pagato per mostrare un prodotto. La differenza è che oggi si possono contare in maniera precisa sia i follower sia le impression legate alla promozione oppure pianificare le uscite online con elevata precisione. Al di là del mondo delle persone considerate influencer questo modello si applica anche a soggetti meno visibili, ma che operano con un grande numero di persone o con clienti che hanno capacità (direzionabile) di spesa. Per guadagnare si fanno riconoscere dei diritti di intermediazione, basato su diverse tipologie di rewarding, che possono essere in denaro o convertite in servizi offerti dallo stesso soggetto che riceve beneficio dai prospect o clienti segnalati.

Dropshipping

dropshippingÈ l’intermediazione per eccellenza, spinta verso il margine minimo possibile. Prende prodotti da presentare a catalogo da terze parti (o direttamente dall’industria), li mette in vetrina e li vende a prezzi più bassi rispetto al circuito ufficiale dei rivenditori o dei negozi più noti e strutturati, gestendo gli ordinativi in background rispetto ai fornitori primari. Chi fa dropshipping sviluppa sistemi di approvvigionamento molto ben integrati con i fornitori, oppure semplicemente passa sul loro gestionale l’ordinativo ottenuto dal cliente finale, facendo gestire a loro la spedizione. Il business si basa sulla quantità intermediata e sui lievissimi margini di vendita. I rischi di questo modello sono sicuramente le rotture di stock non prevedibili in tempi stretti e il margine ridotto di vendita, che risulta comunque interessante quando il sistema di vendita viene automatizzato, con bassissimo apporto di risorse umane nella gestione.

Community e social business

È il più diffuso business dei grandi social network. Consiste nella messa a disposizione del mass market di servizi di publishing e relativi meccanismi di interazione, aggregazione e condivisione anche fuori dalla piattaforma social. Può riguardare qualsiasi tipologia di contenuto da condividere e si struttura solitamente come walled garden (sistema chiuso, con accesso riservato agli iscritti). Fa affari sulle inserzioni pubblicitarie estremamente efficaci grazie a una profilazione dettagliata della sua utenza. Dal punto di vista tecnologico ha bisogno di grandi risorse e di un refactoring continuo. Per l’avvio di questa tipologia di business sono necessarie regole chiare di ingaggio, un veloce passaparola e investimenti pubblicitari iniziali. L’ostacolo maggiore è la massa critica necessaria per rendere il passaparola virale e alimentare di conseguenza, in maniera automatica, la crescita della community. Se rivolto a una nicchia molto specifica di utenti spesso per stare in piedi si trasforma in servizi con abbonamento.

Siti vetrina e SEO targeting

Blog SEO PublishingUn ultimo modello di business online – piuttosto diffuso tra chi non ha risorse tecnologiche, né desidera affrontare progetti tecnicamente complessi o di vendita diretta – è il semplice publishing a scopo promozionale. In altre parole siti vetrina e spazi di promozione online del proprio business. Servono principalmente a promuovere attività offline e servizi di consulenza, che difficilmente troverebbero un meccanismo di vendita diretta via Web, essendo sempre ritagliati sulle esigenze specifiche dei singoli clienti. Questo modello funziona se riesce a moltiplicare i punti di provenienza e visita, aumentando il numero di prospect interessati al business. Questo significa una buona efficacia presso i motori di ricerca e una SEO – Search Engine Optimization sia onsite sia offsite costruita in maniera professionale.


Come si può intuire questo schema dei modelli non è certamente esaustivo e non entra nella granularità funzionale che differenzia ciascun modello in base al settore o alle esigenze specifiche di vendita. Se vi servisse una consulenza in materia o un affiancamento in fase di progettazione, sentiamoci pure.


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Illustrazioni by Storyset

Ultima modifica: 2021-10-28T11:41:48+02:00 Autore: Dario Banfi

2 commenti su “Modelli di business online (una raccolta non esaustiva)”

  1. Comprendo che, in ogni caso, almeno per le case editrici ancora in attività, sarebbe meglio avere una loro liberatoria per utilizzare le loro immagini e citare gli articoli. La mia idea in origine era pubblicare un libro, ma non ho ancora ricevuto risposta da case editrici italiane che potrebbero farsi carico di tutti gli aspetti inerenti i diritti d’autore, troppo prese dal loro programma redazionale o semplicemente non riesco ad avere la loro attenzione. Accetto consigli in merito, grazie per la sua disponibilità. Cordiali Saluti. Daniele.

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  2. Nel caso di un libro le cose cambiano completamente: servirà una liberatoria o un contratto di cessione dei diritti di riproduzione da parte di tutti gli autori che detengono qualche diritto sulle immagini che ripubblicherete.

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