Ogni tanto fare un passo indietro può essere utile. Intendo dalla tecnologia. Come ricorda Vittorio Zincone nella sua recente intervista a Enzo Mari su Sette, “i computer non fanno bene al processo creativo: i nostri neuroni sono più potenti di un software” e per chi ha scarsa cultura “l’effetto del pc può anche essere devastante“. Questo vale per il design, ma anche per la comunicazione. Pensate, per esempio, a chi usa Twitter in maniera idiosincratica e irriflessa o Facebook per litigare con il vicino di casa.
Beh, spaventati da simili scenari, da queste parti si fa una pausa pasquale per ripulirsi delle scorie tecnologiche del vivere.
Benvenuto al nuovo blog collettivo BAD AVENUE. D’obbligo una lettura del post “Vedemecum del free lance”, dove si trovano insopportabili verità copiate dai post di questo blog che ancora non ho scritto.
Qui ne scriviamo dal 2006, ma pare che pian piano gli attori più accreditati di stampa e mercato del lavoro abbiamo deciso negli ultimi mesi di occuparsene. Bene. O meglio, attenzione.
Mentre non nutro dubbi sulla bontà dell’operazione portata avanti dal Corriere della Sera con gli ampi servizi guidati da Dario Di Vico, che ha dato vita anche a un blog, ho meno fiducia nell’azione che alcuni sindacati o parti sociali stanno mettendo in pista intorno alle problematiche del lavoro professionale autonomo.
Dopo FNSI (che ha toppato alla grande!) è la volta di CGIL e CISL (Alai-FeLSA), che vogliono attivare Aree dedicate alle professioni e Consulte sul Lavoro Professionale. E sta per arrivare anche CNA (che con Uniprof ha unito Assoprofessioni e CNA-Inproprio).
I dubbi provengono dal passato. La percezione di quanto fatto finora da Nidil o Clacs non lascia ben sperare, oltre al fatto che hanno tutta l’aria di essere operazioni calate dall’alto per cavalcare il momento o rimediare a una perdita di credibilità nell’azione svolta nei confronti del lavoro atipico e professionale autonomo, magari raccimolando nuove iscrizioni in bacini finora poco profittevoli per i sindacati. Staremo a vedere.
Molto interessante, invece, l’approfondimento che propone la Camera di Commercio di Milano, che giovedì prossimo presenta la ricerca “La città che sente e pensa. I creativi al lavoro nella città infinita“, condotta sul mondo dei freelance e lavoratori indipendenti dell’area milanese. In coda tutti i riferimenti.
Ecco alcuni appuntamenti interessanti che accendono i riflettori sul lavoro professionale autonomo:
Promosso da CGIL – MILANO, 5 febbraio 2010 – “Regole e tutele per il Lavoro Professionale nell’economia della Conoscenza“. Qui la locandina ufficiale.
Promosso da CNA/Assoprofessioni – ROMA, 4 febbraio 2010 – “Quale Welfare per le nuove professioni?“. Qui la locandina ufficiale.
Promosso da CCIAA Milano, Triennale Milano e Consorzio AASter – MILANO, 11 Febbraio 2010 – “La città che sente e pensa. I creativi al lavoro nella città infinita“. Qui il programma.
P.S. Per amici & Co: credo di passare agli eventi CGIL e AASter… ci vediamo lì.
I migliori siti della blogosfera americana per chi lavora come solo worker. Li elenca oDesk. Kristen Fischer ne aggiunge altri su Creatively Self-employed (UPDATE: blog, però, non più disponibile).
P.S. Navigando rapidamente tra questi link ho scovato anche un interessantissimo Toolbox per freelance.
Strano che per essere indipendenti sia necessario avere un buon network. E che per esercitare un’attività in autonomia sia indispensabile trovare tutele di gruppo. Eppure in un mercato che libera sempre più risorse verso il mondo freelance – e questo è ancora più vero nell’ambito della comunicazione, dove le multinazinali, gli editori e le grandi agenzie sono sempre meno impegnate in prima linea, ma svolgono routinarie attività di accounting e mark-up, lasciando la creatività ai piccoli agglomerati indipendenti – in un mercato così, trovare una rete di coworker virtuali è un’esigenza concreta e sana, che può contribuire a determinare regole non scritte e portare avanti azioni che soltanto insieme possono trovare risposta, per esempio sul fronte delle tutele generali del Welfare State o della condivisione di strumenti, informazioni, attività di formazione e servizi.
Per questo sono contento che abbia finalmente preso vita il nuovo (drupal)sito di I-Network, realizzato da Elisa Marras. Già attivi su LinkedIN, i creativi ora sono presenti anche qui.
Indipendenti italiani del mondo della comunicazione tenete d’occhio questa inziativa, seguitela! Meglio se da vicino (o da dentro..), comunque seguitela.
Avendo conosciuto i responsabili (Elisa, Rinaldo e Dilva) in occasione dei seminari ACTA su come farsi pagare da freelance posso dire che si tratta di persone affidabili che portano avanti un principio intelligente, sintetizzato nel loro Manifesto così:
Bella prova d’orgoglio dei freelance del mondo della comunicazione commerciale, che senza mezzi termini dicono di non essere interessati a un lavoro a tempo indeterminato anche se venisse loro offerto “a pari condizioni”.
Questione incomprensibile ai più, ma perfettamente lineare se si pensa al lavoro autonomo di seconda generazione e all’indipendenza operativa e professionale che hanno raggiunto oramai gli esperti di Web design, grafica e pubblicità. Lo spunto viene dalla ricerca presentata dal Capitolo Freelance di ADCI di cui parlo in “Indipendente, aspirante imprenditore, sempre in lotta con il reddito“, pubblicato su JOB 24 online di oggi. Su JOBTalk ulteriori riflessioni e campo aperto ai commenti.
Di seguito alcuni dati molto interessanti. [Qui la ricerca completa in formato PDF]. In coda parte dell’intervista telefonica a Pasquale Diaferia, di Special Team, sul lavoro da freelance e sulla libertà di cui gode rispetto a chi sta in agenzia.
C come Creatività. Ha una correlazione diretta con l’incremento dei valori in busta paga. Lo hanno calcolato, per il mercato USA, Todd Gabe, Kristen Colby e Kathleen Bell, nella ricerca “The Effects of Workforce Creativity on Earnings in U.S. Countries” (.pdf).
Là dove è più elevata la diffusione della classe creativa i salari sono anche più alti.
Se chiedi a tuo cugino se sia o meno un creativo è ovvio che, a modo suo, con buona approssimazione, nel 90% dei casi, dirà di essere tale. Ogni cugino che si rispetti è infatti creativo per definizione. Quello di Elio una volta è addirittura morto. E chi non è cugino nello spirito?
Se, invece, tu (non tuo cugino) fai il creativo di professione magari ti interessa questo approfondimento. Un servizio che ho scritto per Il Sole 24 Ore – Job 24 Online:
Questa frase di Marazza di Landor mi ha colpito, particolarmente:
“Se tirassimo un’ipotetica linea che unisse Jean Paul Gaultier all’ingegnere nucleare, i pubblicitari certamente sarebbero più vicini allo stilista, ma i designer stanno sul polo opposto: sono sistematici quanto gli architetti. Tutto ciò che costruiscono deve stare in piedi. Non è sufficiente essere dei guru, come va di moda oggi. Il talento, nel mestiere dei creativi che lavorano sul branding, si deve sempre confrontare con regole concrete ed essere messo al servizio del business“.
Interessante esperimento quello del blog Daytonology che ha provato a disegnare la mappa della città di Daytona identificando le professionalità creative così come descritte da Richard Florida. Il tema è particolarmente stimolante poiché di recente la cultura bohemienne sembra avvicinarsi a quella digitale, fondendo il sostrato tecnologico con il lavoro intellettuale (lo accennammo su Humanitech già qui, in riferimento a un articolo apparso su D-Web). La città di Berlino sembra avere una particolare sensibilità su questo tema e forse non è un caso che proprio qui si sia tenuto il Web 2.0 Expo di cui ha parlato in questa settimana l’ottimo Alberto D’Ottavi.
Se è vero, come sostiene il Journal of Economic Geography [Cfr.”Emoting with their feet: Bohemian attraction to creative milieu” (file.PDF)], che “the creative people are attracted to places most conductive to creative activity” e questa densità si può misurare con parametri precisi (un Bohemian Index) sarebbe interessante comprendere quale sia il livello di attrattività dell’Italia.
Di recente una mappa simile venne rappresentata per Milano (cfr. immagine a lato) nel corso del Progetto Strategico Città di Città, ma fu ben lontana dal fotografare l’intero Paese come, per esempio, ha tentato lo studio americano citato, che ha valutato anche il dinamismo degli anni ’90 in Usa e lo spostamento geografico della popolazione dei creativi.
Per la definizione di una mappa sociale e non solo, a mio avviso occorre oggi un’importante patto trasversale tra mondo economico, classe creativa e politica, ovvero tra Liberi professionisti digitali, imprenditori e decisori politici. Un accordo che consenta di comprendere esattamente dove stia migrando questa popolazione e di che cosa abbia bisogno. Sta crescendo sicuramente a Torino e nelle periferie di Milano. Non conosco bene la situazione romana, ma sono certo accada lo stesso. La metamorfosi del lavoro intellettuale autonomo in Italia è infatti evidente, ma si fatica purtroppo a riconoscerlo con il rischio di farsi scappare come al solito le buone “intelligenze fuggitive” (si legga a questo proposito l’ultimo caso raccontato da Rosanna su JOBTalk).