Università Bicocca, il 60% dei due posti in concorso è già assegnato

Stavo guardando le regole di un concorso pubblico che scade domani, per l’essegnazione di due posizioni di lavoro (a tempo determinato) presso l’Ufficio Stampa dell’Università Bicocca di Milano.

Leggendo tra le righe si scopre che “Il 60% dei suddetti posti è riservato ai soggetti con i quali l’Università degli Studi di Milano – Bicocca abbia stipulato uno o più contratti di collaborazione coordinata e continuativa, la cui durata complessiva sia di almeno un anno, raggiunta alla data del 29 settembre 2006, presso l’Ufficio Stampa“.

Il 60% di due posti è riservato: geniale come formula, no? Ma non facevano prima a dire “concorso interno” (presumibilmente per i due che ci lavorano da anni)?

Certo che se in questa Italia così malmessa bisogna inventarsi simili escamotage linguistici per assumere persone (neppure a vita, ma per qualche anno, poveretti), significa che l’autonomia del sistema universitario nostrano è davvero cotta e bollita, e che la formula della selezione pubblica per meriti non ha più davvero nessun senso, neppure mascherata.

L’Università Bicocca abbia almeno il buon gusto di non fare pagare la partecipazione a questo concorso aggiustato in partenza, che 15 euro (tassa di iscrizione al concorso) per fare passarella, nutrendo pure false speranze in un posto pubblico, addirittura con scelta di vita precaria, mi paiono pure troppo.

Poi uno dice Brunetta

Finalmente è arrivata la notizia, oggi. Ho cambiato la mia residenza a Milano. Chissenefrega, direte. In realtà lo segnalo per dare testimonianza, breve, di un fatto.

cambio residenza

Non sarà colpa delle persone, non sarà colpa degli strumenti, non sarà un accidenti di niente, ma per questa pratica, nell’innovativa capitale lombarda, ci hanno messo ben 6 mesi. Tutto giaceva su un tavolo e i casini correlati, tipo le implicazioni su TARSU, ZTL e lista elettorale in cui sono iscritto, sono cresciuti nel tempo. Ve li risparmio. 

Non è servito scrivere un’e-mail – dopo login al sito del Comune tramite autenticazione sicura con smart card (Carta del Sistema Sanitario Lombardo) – al responsabile del servizio, per accelerare la pratica. Non è servito neppure il sollecito al contact center unificato (020202), primo e favoloso in Italia per efficienza, che però non poteva avviare ticket di lavorazione su questi protocolli. Non sono servite telefonate di sollecito all’Ufficio Anagrafe. Uno crede negli strumenti moderni, Internet, roba 2.0 e fuffa simile, poi alla fine conta soltanto alzare la voce nella maniera tradizionale, magari allo sportello, perdendo ore di lavoro.

Faccina rossa, con bocca rivolta verso il basso, per i servizi guidati dalla Moratti & Co.

La ricetta anti-fannulloni

La Regione Lazio ci vuole provare, almeno sulla carta. E dopo avere commissionato uno studio a Pietro Ichino presumibilmente adotterà queste linee di intervento per sconfiggere l’ipertrofia del sistema pubblico, la malattia congenita nel DNA dei fannulloni e la cultura dello stipendio slegato dai risultati:

1) adozione di un sistema di valutazione indipendente dell’operato dell’amministrazione regionale, in grado di coinvolgere anche l’opinione pubblica;

2) responsabilizzazione dei dirigenti rispetto a obiettivi precisi e verificabili che riallineino il Lazio alle altre Regioni su temi come: a) riduzione delle aree funzionali, dei dirigenti e dei costi associati; b) assenteismo;

3) sperimentazione di meccanismi premianti collegati alla valutazione dei cittadini rispetto a servizi regionali.

Tutti i dettagli nello studio “Regione Lazio, quattro scelte coraggiose per una svolta” (file .PDF), unico nel suo genere sul lavoro dei dipendenti pubblici. Interessante la parte di analisi sul modello “exit-voice-loyalty” di Hirschman, sui cui Ichino insiste da tempo. Si ascolti, per esempio, anche questo intervento di marzo 2007.

Che ci vado affare al centro pubblico?

Trovare lavoro attraverso i Centri per l’Impiego (CPI) si sà non è cosa semplice perché le professionalità intermediate spesso sono di basso profilo. Arrivare a dire, però, che il “bilancio delle loro attività sia in forte rosso” dopo 10 anni dalla fine del collocamanto pubblico mi pare una forzatura. Forse non tutti sanno che nei Centri Pubblici si svolgono un’infinità di attività, alcune molto importanti di raccordo con il territorio o la gestione delle crisi, cosa che i privati non fanno, e non soltanto l’intermediazione. Sono l’unico punto di contatto, per esempio, dove “agganciare” gli inattivi.

Motivi dei contatti con i Centri Pubblici per l’Impiego

Attività dei Centri Pubblici per l’Impiego

[Fonte Rapporto di Monitoraggio 2007 sul Mercato del Lavoro – Ministero del Lavoro]

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Bacheche reali e virtuali

Qualche rapida segnalazione sul tema delle bacheche aziendali o istituzionali. Luogo di scambio di informazioni o di spazio di protesta? Su OneMoreBlog, Mario segnala il caso di un “messagio indesiderato” apparso negli spazi pubblici dell’Università di Torino. Rappresentanti di Comunione e Liberazione che manifestavano lo sconcerto per la discussione sui Pacs (chissà che diamine c’entra la bacheca di lavoro).

Via Salgalaluna, blog di Lorenzo Cassata [che segnalo anche perché raccoglie dei gran bei link sul mondo del lavoro], sono arrivato anch’io a notare il fatto che sul Forum predisposto dal Dipartimento della Funzione pubblica sul tema del lavoro nella PA i dipendenti delle nostre amministrazioni non parlino d’altro che della sanatoria per i lavoratori precari.

C’è invece chi la bacheca la considera un supporto di lavoro individuale per sostituire le e-mail impersonali. L’impressione confrontando i tre casi è che più aumenti la vicinanza del supporto di discussione, maggiore sia la possibilità di manipolarlo per veicolare informazioni utili allo svolgimento del lavoro. Più diventa impersonale il mezzo, invece, più ideologica si fa la discussione appesa in bacheca.