Poi uno dice Brunetta

Finalmente è arrivata la notizia, oggi. Ho cambiato la mia residenza a Milano. Chissenefrega, direte. In realtà lo segnalo per dare testimonianza, breve, di un fatto.

cambio residenza

Non sarà colpa delle persone, non sarà colpa degli strumenti, non sarà un accidenti di niente, ma per questa pratica, nell’innovativa capitale lombarda, ci hanno messo ben 6 mesi. Tutto giaceva su un tavolo e i casini correlati, tipo le implicazioni su TARSU, ZTL e lista elettorale in cui sono iscritto, sono cresciuti nel tempo. Ve li risparmio. 

Non è servito scrivere un’e-mail – dopo login al sito del Comune tramite autenticazione sicura con smart card (Carta del Sistema Sanitario Lombardo) – al responsabile del servizio, per accelerare la pratica. Non è servito neppure il sollecito al contact center unificato (020202), primo e favoloso in Italia per efficienza, che però non poteva avviare ticket di lavorazione su questi protocolli. Non sono servite telefonate di sollecito all’Ufficio Anagrafe. Uno crede negli strumenti moderni, Internet, roba 2.0 e fuffa simile, poi alla fine conta soltanto alzare la voce nella maniera tradizionale, magari allo sportello, perdendo ore di lavoro.

Faccina rossa, con bocca rivolta verso il basso, per i servizi guidati dalla Moratti & Co.

La ricetta anti-fannulloni

La Regione Lazio ci vuole provare, almeno sulla carta. E dopo avere commissionato uno studio a Pietro Ichino presumibilmente adotterà queste linee di intervento per sconfiggere l’ipertrofia del sistema pubblico, la malattia congenita nel DNA dei fannulloni e la cultura dello stipendio slegato dai risultati:

1) adozione di un sistema di valutazione indipendente dell’operato dell’amministrazione regionale, in grado di coinvolgere anche l’opinione pubblica;

2) responsabilizzazione dei dirigenti rispetto a obiettivi precisi e verificabili che riallineino il Lazio alle altre Regioni su temi come: a) riduzione delle aree funzionali, dei dirigenti e dei costi associati; b) assenteismo;

3) sperimentazione di meccanismi premianti collegati alla valutazione dei cittadini rispetto a servizi regionali.

Tutti i dettagli nello studio “Regione Lazio, quattro scelte coraggiose per una svolta” (file .PDF), unico nel suo genere sul lavoro dei dipendenti pubblici. Interessante la parte di analisi sul modello “exit-voice-loyalty” di Hirschman, sui cui Ichino insiste da tempo. Si ascolti, per esempio, anche questo intervento di marzo 2007.

L’autorità dei fannulloni

Pietro Ichino ha colpito ancora. A torto o a ragione le sue proposte continuano a far discutere. Dopo il periodo “rosso” in cui dipingeva le questioni sindacali come viziate da un’arretratezza culturale invalicabile, freno irremovibile per lo sviluppo delle relazioni industriali e della trattativa delocalizzata, siamo entrati nella fase del “fannullonismo”.

Serve un’Authority che controlli la Pubblica Amministrazione, dice. I fannulloni sono troppi e appesantiscono la PA. Tempo due ore dopo la formulazione di un disegno di legge in materia da depositare in Parlamento per interposta persona che i sindacati l’hanno subito messo in croce.

La questione è delicata visto che i 4 milioni di pubblici impiegati gestiscono il 46% del nostro PIL. Oggi McKinsey usa termini più sofisticati, parla di recupero della produttività, ma il concetto è uguale. Nessuno ha obiettato. Questo significa che hanno ragione tutti, era soltanto una questione di linguaggio. Si continuerà come prima.