Vexata questio alla quale Veneto Lavoro nel numero di “Misure” di Gennaio/2012 risponde in questo modo:
Sul numero delle tipologie contrattuali, esiste una vulgata che tende a esagerarlo: secondo il Corriere della Sera (pag. 6) del 30 dicembre, i tipi di contratti atipici presenti in Italia sono 34; sul Fatto quotidiano del 3 gennaio 2012 vengono menzionate le “oltre 40 forme contrattuali che tutti dicono di voler cancellare”; nell’intervista al Corriere della Sera del 19 dicembre Susanna Camusso cita 52 forme contrattuali atipiche “da cancellare”. Si tratta di numeri che (mal) utilizzano una complessa classificazione dei rapporti di lavoro atipici originariamente proposta dall’Istat nel 2002 (cfr. Istat, Rapporto annuale. La situazione del Paese nel 2001, Roma, maggio 2002, pag. 150) intrecciando tre caratteristiche dei rapporti di lavoro: durata temporale della prestazione (permanente/temporanea), orario di lavoro (pieno/ridotto), diritti previdenziali (interi, ridotti per lavoratori dipendenti, ridotti per lavoratori autonomi); in tal modo l’Istat individuava 31 tipologie di lavoro atipico (18 “strettamente atipiche” e 13 “parzialmente atipiche”). Nel 2004, l’Istat (cfr. Istat, Rapporto annuale. La situazione del Paese nel 2003, Roma, maggio 2004, pag. 238), nel nuovo quadro regolamentare emerso con l’approvazione della legge 30/2003, individuava nel mercato del lavoro italiano “21 differenti rapporti di lavoro, diversi dall’impiego ‘standard’ i quali, a seconda della stabilità del contratto o della durata del regime orario, possono essere applicati secondo 48 modalità diverse. Di queste 34 possono essere valutate come pienamente atipiche, mentre le altre 14 possono essere considerate solo parzialmente atipiche. 28 modalità diverse sono caratterizzate dall’assicurazione al lavoratore del godimento di pieni diritti previdenziali, mentre altre 20 modalità offrono una tutela previdenziale ridotta o nulla.