Veltroni e il salario minimo

Walter VeltroniDai 12 punti del programma di Governo del Partito Democratico: “Avviare la sperimentazione di un compenso minimo legale, concertato tra le parti sociali e il governo, per i collaboratori economicamente dipendenti, con l’obiettivo di raggiungere 1.000 euro mensili“.

Che cosa significa “economicamente dipendenti”? Senza contratto da lavoro dipendente, ma ugualmente dipendenti rispetto alla fonte di reddito? Oppure dipendenti tout court? Non è dato sapere. Intanto al Sole 24 Ore hanno fatto due conti:

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Generation Praktikum anche in Italia?

Precariato, patto generazionale, formazione continua e vantaggi del contratto unico. Ne parla Tito Boeri dalla radio Funkhaus Europa. Da Colonia l’amico Tommaso ha virtualmente stabilito un ponte con i temi del lavoro qui in Italia. Grazie Tommy. Si veda il servizio giornalistico “Generazione a tempo determinato”. Come non ricordare Génération Precaire in Francia e Generation Praktikum tedesca? E in Italia?

L’intervista a Tito Boeri si può ascoltare qui:

Gabbia o salario?

Singolare dialogo a distanza tra Pietro Ichino (“Il merito e il salario“, Il Corriere della Sera), Tito Boeri (“La gabbia dei contratti“, La Stampa) e Giorgio Cremaschi (La gabbia del liberismo concertativo sui salari, Liberazione) che sulle colonne di tre giornali differenti si sono confrontati in questi giorni sul tema della variabilizzazione delle retribuzioni e sui rinnovi dei contratti [fermi per il 57,5% dei dipendenti].

Forse a chi non legge i tre giornali contemporaneamente sarà sfuggito, ma un confronto incrociato come questo aiuta moltissimo per capire oggi quale siano le ragioni che contrappongono il sindacato più intransigente (FIOM) alla politica

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La proposta Boeri che piace a Veltroni

Bisogna dire che Uolter c’è arrivato un po’ tardi.. e sembra quasi che utilizzi questo tema strumentalmente alla propria campagna per il partito democratico, cavalcando il tema dei giovani. Staremo a vedere.

Intanto per chi volesse capire di più, l’idea è quella formulata da Tito Boeri e Pietro Garibaldi nel maggio 2006 su Lavoce.info. Al tempo non se ne discusse molto, anche se alcuni giuslavoristi drizzarono subito le antenne. L’idea, semplice, è di eliminare una miriade di contratti atipici, a termine ecc. e introdurre un unico contratto con tutele crescenti nel tempo per il lavoratore. In sostanza, si allunga il cosiddetto periodo di preavviso (con facoltà di licenziare), ma una volta passati tre anni il rapporto si stabilizza a tempo indeterminato. Non vincola cioè il datore per un po’ di tempo e mette il lavoratore sulla strada della stabilizzazione.

Per correttezza bisogna anche dire che – rispetto a come la intende Veltroni – la proposta Boeri-Garibaldi: 1) non era pensata soltanto per i giovani, ma per i nuovi lavori (tutti); 2) si accompagnava a due elementi complementari senza i quali non si capiscono tutte le ragioni del contratto unico: a) un salario minimo; b) un’equiparazione delle tutele previdenziali. Alla semplificazione normativa si accompagna cioè un’azione di equità salariale e per l’accumulo di contributi utili alla costruzione della propria pensione.

La proposta è giudicata impraticabile dalla CGIL, anche se – sorpresa! – oggi a Radio Popolare, Cremaschi della FIOM ha espresso minori riserve ed è convenuto molto apertamente con Garibaldi sul fatto che, allo stato attuale, con la frammentazione e l’abuso di contratti atipici che esiste, un contratto unico che fronteggi la questione del precariato sia indispensabile.

Un salario minimo nazionale contro il lavoro nero

Tito BoeriIn molti ritengono che un salario minimo nazionale sia necessario per dare trasparenza al mercato del lavoro e combattere lo sfruttamento. C’è chi, come Philippe Van Parijs e Yannick Vanderborght, parla addirittura di “reddito minimo universale“, sostenendo la superiorità di un reddito di cittadinanza individuale, universale e incondizionato, erogato dalla comunità politica a tutti i suoi membri, rispetto a ogni altra forma di welfare.
Così anche Tito Boeri in un recente colloquio che ho avuto con l’economista, parlando di azioni di contrasto contro il lavoro nero (articolo in formato .PDF) in Italia:

[..] occorre realizzare formule di contrattazione decentrata sul costo del lavoro, introducendo un “salario minimo nazionale”. Questo doppio binario aiuterebbe a decentrare la contrattazione e darebbe un riferimento certo ai lavoratori anche nel sommerso, incentivandoli a ripristinare le condizioni di regolarità per tutelare i propri livelli retributivi. Sarebbe opportuno legare questa operazione anche a sussidi per i salari più bassi o incentivi condizionati all’impiego, come esistono in altri Paesi, che siano sopra il livello del salario minimo [..]

Va fissato cioè un tetto minimo, pubblico, noto a tutti, che rappresenti la base sotto la quale non è economicamante, civilmente e socialmente accettabile andare. E che sia il punto di partenza per ragionare su meccanismi di emersione e incentivazione. Non è un reddito di cittadinanza (Cfr. la distinzione fatta durante l’intervista), ma un parametro che inquadra il salario minimo di chi opera in Italia e vuole che sia riconosciuto un inquadramanto lavorativo degno di questo nome.

Disoccupazione morbida

Tito Boeri e Michele TiraboschiEra ora che si aprisse il ventaglio, ricordando che nella discussione di Caserta dei prossimi giorni c’è anche il sistema di Welfare To Work in agenda. L’articolo di oggi di Rosanna Santonocito “Come passare da un posto all’altro” pubblicato sul Sole 24 Ore rimette in pista un tema inopportunamente lasciato troppo in ombra e che il precedente Governo ha rimandato fino all’ultimo senza risolvere (e nemmeno rimaneggiare..), quello degli ammortizzatori sociali. Tito Boeri e Michele Tiraboschi fanno il punto e suggeriscono..

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Robin Hood al contrario

Così Tito Boeri oggi sul Sole 24 Ore nel bell’articolo di Walter Passerini Le pensioni dei giovani saranno troppo magre, sul tema delle pensioni e del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo:

“È l’iniquità intergenerazionale il tema caldo. La transizione infinita dal sistema retributivo a quello contributivo lede in modo drammatico i giovani, che oggi pagano le pensioni degli anziani. L’attuale sistema previdenziale è come un Robin Hood al contrario: prende ai poveri per dare ai ricchi. È una situazione grottesca, se si pensa che in Europa succede il contrario.”

In particolare, il cosiddetto “scalone” inciderà di più su chi ha iniziato a versare contributi (ovvero ha incominciato a lavorare con un contratto regolare) a partire da gennaio del 1996. Ecco. Io ho iniziato a maggio.