Questioni di lingua

[Due brevi]

1. Perché nessuno fa notare che il contrario di precario non è flessibile, ma stabile?

2. Se l’accordo Alitalia dovesse andare in porto, con i tagli al costo del lavoro previsti da CAI, con la messa in cassa integrazione per 7 anni (!) di 7.000 persone e questa cordata pagasse veramente il prezzo di 400 milioni di euro l’operazione, propongo di chiamare i promotori del salvataggio non più imprenditori, ma semplicemente prenditori.

Diritti, nudità e vergogne

Sono passato alla strip conference. Ecco un resoconto per chi sta seguendo la vicenda.

Età media 35 anni, un diploma in tasca, a eccezione di Paola che si è laureata in Scienze Politiche. Da sei anni lavorano al Call Center dell’Azienda Ospedialiera di Legnano, con contratti a termine: Adecco, eWork e poi LavoroPiù sono le tre agenzie di somministrazione che hanno vinto gli appalti. Il personale, però, non è mai cambiato, sono rimaste loro, 11 ragazze oggi messe alla porta. Un susseguirsi di contratti a termine le ha riconfermate, pur cambiando le agenzie. Nessun giorno di interruzione in sei anni. Lo stop è arrivato per questioni legislative, oltre che – come dichiarano le ragazze – “per tagliare i costi”. Dopo l’entrata in vigore della cosiddetta Legge Brunetta (D.L. 112/2008 – che all’art. 49, comma 3, ha recepito la legislazione del settore privato del Protocollo sul Welfare, Legge 247/2007 del Ministero Damiano) non è più possibile iterare contratti a termine oltre i tre anni, di conseguenza è stato dato loro il benservito. Una settimana prima, senza preavviso di alcun genere (la società di lavoro interinale si è giustigficata con un “Lo sapevate che vi scadeva il contratto!”…) è stato comunicato il termine definitivo. Il caso, come noto, è diventato nazionale, grazie a YouTube. Brunetta, intervistato, ha rimarcato che non si tratti di “licenziamento”, ma di normale scadenza dei termini.

Loro non ci stanno ed ecco la provocazione. Ne sono consapevoli, visto che lo dichiarano apertamente.

Strip Conference
[Foto: Humanitech.it]

Salgono sul palco per presentarsi, raccontano di avere ricevuto qualche centinaio di e-mail di solidarietà.

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Dare voce

Non le manda a dire al Governo. Nero su bianco, nel bel documento dal titolo “Scenari di Riforma del Mercato del Lavoro italiano“, scaricabile in formato Word qui), Pietro Ichino ritorna sul tema più invisibile, ma più drammatico del nostro Paese, il dualismo tra lavoratori “protetti” e “precari”. E parte dal pasticcio legato alla revisione dei contratti a termine:

[…] l’allargamento della possibilità di assumere personale a termine disposto dall’articolo 21 del decreto-legge n. 112/2008, sostanzialmente consolida il regime di apartheid tra protetti e non protetti.
Alla perpetuazione del modello del mercato del lavoro duale non deve, invece, e non può rassegnarsi una sinistra moderna, attenta alla comparazione con le esperienze offerte dei Paesi stranieri più civili. Innanzitutto perché quel modello è iniquo (genera posizioni di rendita da una parte, dall’altra situazioni di precarietà di lunga durata, per ragioni che hanno poco o nulla a che vedere con il merito delle persone interessate). Ma anche perché esso è inefficiente: per un verso, scoraggia l’investimento nella formazione dei lavoratori che ne avrebbero più bisogno, i precari; per altro verso, nella parte più protetta del tessuto produttivo, genera una cattiva allocazione delle risorse umane; per altro verso ancora, espone gli imprenditori più scrupolosi alla concorrenza differenziale di quelli più spregiudicati nell’utilizzo della manodopera.
Quel modello è stato prodotto, nei decenni passati, da una politica debole, incapace di far prevalere gli interessi generali su quelli organizzati, di dar voce alla metà della forza-lavoro non rappresentata nel sistema delle relazioni industriali; di dar voce, più in generale, agli interessi dei milioni di persone oggi escluse dal nostro mercato del lavoro (se questo funzionasse come quello britannico, avremmo 5 milioni in più di italiani – di cui 4/5 donne – al lavoro: lo spreco è colossale). Occorre voltar pagina rispetto a questa lunga stagione infelice della nostra politica del lavoro.

Se potessi avere

Insolita sovrapposizione tra Cesare Salvi e Francesco Giavazzi, concordi nella critica alla proposta di Walter Veltroni di 1.000 euro al mese per i precari.

Scrive Salvi su Liberazione (link aggiunti, miei):

Walter Veltroni e la bufala dei 1.000 euro al mese per i giovani
Estratto da Liberazione, 21 marzo 2008

Ero incerto se scrivere questo articolo per Liberazione o inviare un esposto dello stesso contenuto al giurì contro le pubblicità ingannevoli. Si tratta di denunciare, infatti, uno dei più clamorosi inganni della campagna elettorale: la proposta, propagandata da Veltroni nei talk show televisivi e nei telegiornali di provata fede (cioè quasi tutti) di una legge che stabilisca un salario minimo garantito di mille euro per i precari. […] Nel programma del PD (che, come si vede, non va stracciato ma letto con attenzione) la proposta è la seguente: “sperimentazione di un compenso minimo legale fissato in via tripartita (parti sociali e governo) per i collaboratori economicamente dipendenti (con l’obiettivo di raggiungere 1.000/1.100 euro netti mensili)”. Come si vede: devono essere d’accordo i padroni (pardon, gli imprenditori); la cifra propagandata da Veltroni è solo “l’obiettivo” che, se Colaninno e Calearo saranno d’accordo, forse si potrà raggiungere; non si parla di salario, ma di “compenso”; in quarto luogo, tutto ciò è previsto per “i collaboratori economicamente dipendenti”.
Sono andato a rileggere la legge 30, ma tra le quarantasette figure contrattuali precarie in essa previste, questa non compare proprio. Al
preoccupatissimo Francesco Giavazzi (.Pdf), fornisce spiegazioni esaurienti Enrico Morando (.Pdf). Nulla, nel programma del Pd, è scritto a caso. Morando chiarisce che non si parla di salario, ma di compenso proprio perché non ci si riferisce al lavoro precario ma, appunto, a questi misteriosi collaboratori economicamente dipendenti (cioè a nessuno o quasi) e che la misura mensile va articolata per giornata/ora. Lo sbalordito Francesco Giavazzi non può che domandarsi nella sua replica: «Davvero il Pd propone 1.000 euro al mese senza neppure l’indicazione delle ore di lavoro cui esso farà riferimento?». Veltroni parla di salario; Morando ha corretto in compenso. Chi lavora sa bene quanto è diverso andare a fare la spesa con in tasca un salario – che arriva uguale tutti i mesi – o un compenso – che arriva quando vogliono (i padroni) e quando e quanto riesce (a lavorare). Veltroni parla di precari, Morando ha spiegato che ai contratti a termine, agli interinali, ai part time fasulli, al lavoro intermittente, insomma ai milioni di precari in carne e ossa, la proposta nemmeno si applica. […]

Estremi rimedi

Ritorniamo seri. Sono giorni che gli operai (della Thyssen e non solo) sono al centro dei take d’agenzia perché finiti in questa o in quell’altra lista politica. E mentre quasi tutti dimenticano chi si è tolto la vita perché stritolato dal sistema d’impresa (quella moderna, precarizzante) e parla del beau geste di Diliberto che lascia spazio a un operaio come capolista oppure è pronto ad alzare la bandiera del Partito Democratico come nuova forza che sa rappresentare il mondo reale fatto di operai e capitani d’industria, lavoratori e Colanninni e Caleari, non si legge una sola pagina sulla più evidente delle trasformazioni in atto, ovvero sul fatto conclamato che il conflitto sociale non riguardi più il lavoro salariato, ma la precarietà.

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