Elogio dell’introversione

Introversi, timidi, asociali, nerd di tutto il mondo… non unitevi! Siete l’ultimo baluardo di resistenza possibile, gli anticorpi globali alla più virulenta malattia contemporanea diffusa via social network.

Quanti amici hai su Facebook?

Standing Alone
Photo by Yiran Ding on Unsplash

Circolano da tempo numerosi studi sugli effetti negativi dei social network. Ce n’è per tutti i gusti. Si va dal semplice consumo di tempo sprecato nel consultare contenuti spazzatura (un fatto ben noto a chi ha figli adolescenti) alle più complesse sindromi generate da immagini costantemente positive, come accade su Instagram, che ritraggono un mondo sempre felice, anche quando non è così, fino ad arrivare a stress, ansia da notifiche, fenomeni d’interazione violenta, sessismo, bullismo e razzismo.

Abbiamo deciso, come esseri umani, di non farci mancare nulla nello spazio della brutalità dei rapporti digitali. E più frequentiamo i social network più rinforziamo l’idea che sia proprio in questo modo che possa crescere la nostra personalità e la nostra capacità di rapportarci con gli altri.

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Emozionarsi per il codice (e trovare lavoro)

Coding Emotions

Si può mettere in relazione il mestiere di chi costruisce algoritmi con la passione e il sentimento? Si può provare trasporto, commozione o suggestione per il coding, ovvero per quei linguaggi artificiali che nascono in maniera assolutamente razionale?

Per chi è stato di recente all’evento battezzato anni fa con il fortunato titolo di Codemotion o partecipa attivamente a meetup o incontri Hi-tech tra professionisti delle nuove tecnologie, è difficile non chiedersi se sia davvero possibile associare il codice, ovvero l’opera della nostra parte più razionale, alle emozioni più profonde.

Codemotion

Si tratta evidentemente di un paradosso che, volendo, si può sciogliere con facilità. Basterebbe riconoscere che si tratta di un lavoro come gli altri e si può amare e odiare, come avviene per tutti i mestieri e da tempo immemore. Non è, però, così: costruire oggetti logici, mondi virtuali e linguaggi o comandare macchine che interagiscono con l’uomo non è esattamente un lavoro come gli altri. 

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Conte, Giorgetti e i pennivendoli di mestiere (in senso non offensivo)

Mi è capitato di recente, per lavoro, di seguire il 53° Congresso Nazionale del Notariato, un territorio ben nutrito di occasioni, dove numerosi rappresentanti della politica praticano da anni scorribande e ben studiate comparsate di fronte a una platea particolarmente appetibile. Quest’anno sono arrivati a corte il Presidente del Consiglio dei Ministri, il suo Sottosegretario, il Presidente del Senato, il Guardasigilli e altri ancora.

I soliti discorsi, le solite dinamiche. Una noia mortale sotto il profilo dei contenuti. In sala stampa c’era chi giocava a Candy Crash, chi cercava il ristorante per la sera, chi si esercitava con il monopattino. A un certo punto della giornata, però, capita l’imprevisto: tutto accelera e diventa assolutamente interessante! Diventa un piccolo caso di studio, soprattutto per chi si occupa di scrittura e lavora con le parole.

Giuseppe Conte Giancarlo Giorgetti

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Copywriting e Web: per chi scrivere?

Faccio il Copy e talvolta mi pento di questo mestiere, ma di una cosa sono assolutamente certo: nessuna macchina sarà mai in grado di produrre linguaggio umano, ridurlo ad algoritmi artificiali o sostituirlo. Buona scrittura e capacità linguistica ci distingueranno sempre e comunque dai calcolatori, capaci di leggere, interpretare o riscrivere un testo, ma non di stupire, creare storie o spiegarsi da soli, “con altre parole”.

Provate a fare un rapido controllo sulle tipologie di Copywriter più ricercati oggi online e troverete, però, una sgradevole deformante verità: sono essenzialmente copy con una qualifica in più, ovvero sono Copywriter SEO. Esperti e professionisti della scrittura che prestano la loro penna per rendere i testi “graditi” ai motori di ricerca. Si chiede loro oggi di avere un destinatario unico, un Lettore di riferimento, soggetto privilegiato, che interpreta ogni testo prodotto. Si chiede, cioè, di lavorare quasi esclusivamente al servizio di Google.

Copywriting e Web - Scrittura SEO o creativa?

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Immagini digitali online: non posso fare ciò che mi pare con le foto su Facebook o Google Images

Quali diritti di utilizzo sono associati alle immagini che trovo su Facebook o tramite Google Images? Posso scaricarle e usarle? Posso condividere online, sul mio blog, immagini prese da Instagram? O copiare articoli di un blog e inserirli nel mio giornale? E se scatto una foto a uno sconosciuto, posso tranquillamente postarla su Instagram?

Proviamo a rispondere, partendo dalle basi del diritto, ovvero da una Legge del 1941 (L. 22 aprile 1941 n. 633), nota anche come Legge sul diritto d’autore, per arrivare a ciò che si sta discutendo in sede europea per riformare le norme in materia di Copyright.

Copyright - Immagini - Social Network

Diritti e immagini (o video) in generale

Può una legge scritta quando ancora non esistevano i computer regolare situazioni legate al mondo digitale? Sì. In gran parte ci riesce. Partiamo, dunque, da quel testo per capire di più su immagini (o video) e sui diritti associati. Iniziamo dal tipo di foto o immagini previste dal punto di vista del diritto. Ne esistono tre tipologie:

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Dieci spettacolari idee per nuove App: venghino signori

Come già scritto in precedenza non basta avere buone idee per far nascere nuovi business. Sono il tempo e le risorse (molto spesso equivalenti a capacità tecniche) dedicate ai progetti, che rendono visibili e concrete le reali intenzioni di sviluppo.

Nonostante questo (e contraddicendomi!) vi presento a parole, senza fare nulla perché si realizzino, 10 fantastiche idee per creare siti, App, servizi online o ciò che vi pare (fate voi) che cambieranno i destini del mondo. Nate per gioco o per necessità, le immetto in Rete, disperdendole e abbandonandole al caso. Chiunque abbia la forze per svilupparle mi faccia comunque un fischio.

10 idee per APP del futuro

1. Lo “Shazam delle facce”

Applicazione per riconoscere persone a partire dal volto dopo scatto di fotografia o scansione d’immagine. Il riconoscimento avviene a partire da immagini presenti in rete, un po’ come accade per il reverse engineering che consente Google con la funzione di “ricerca immagini simili”. Applicazione uguale a quelle funzioni che si vedono nei film gialli, dove c’è il cattivone presunto colpevole :-) di turno dentro un database di facce che si trova dopo ore di rendering (ma che si becca sempre, stranamente). Idea che mi torna in mente ogni volta che vedo qualcuno che penso di conoscere e non ricordo chi sia.

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Le medie retributive del lavoro intellettuale in Italia

Immaginiamo per un solo momento che il mondo del lavoro sia fatto di attività esclusivamente intellettuale. Niente più operai (che, per altro, in Italia sono scesi di oltre un milione negli ultimi dieci anni): solo impiegati, quadri e dirigenti.

Ebbene quali settori li pagano meglio? La risposta arriva da un recente studio di JobPricing dal titolo “Salary Rating – Manager & White Collar. Le aziende che pagano meglio i lavoratori intellettuali del mercato italiano 2018 “.

Di seguito riportiamo i risultati relativi ai settori che consentono di raggiungere retribuzioni medie più elevate. Al top ci sono Farmaceutica & Biotech, Oil & Gas, Banche e Servizi finanziari.

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Un antidoto contro la solitudine

In memoria di David Foster Wallace, molti anni dopo l’anno del Grande Pannolone per Adulti Depend.

“Continuavamo a ripetergli che eravamo felici che fosse vivo”, ricorda la madre. “Ma penso che oramai ci stesse già lasciando. Non ce la faceva proprio più”. Un pomeriggio David era particolarmente agitato. La madre si sedette a terra accanto a lui. “Gli ho accarezzato il braccio. Lui mi ha detto che era contento che fossi la sua mamma. Io gli ho risposto che per me era un onore”. […] Poche settimane dopo Karen lasciò David a casa da solo con i cani per qualche ora. Rientrando, quella sera, lo trovò impiccato.

(Tratto da “Gli anni perduti e gli ultimi giorni di David Foster Wallace”, Rolling Stone, 30 ottobre 2008).

Il 12 settembre 2008, dieci anni fa, moriva a 46 anni David Foster Wallace, scrittore americano poliedrico, raffinato ed estroverso, al tempo stesso modesto e ricercato, prolifico, appassionato, tormentato dal mestiere di scrivere e, in parte, dall’improvviso successo. Una “meteora che volava bassa“, come lo definiva chi lo conosceva bene. Una famiglia solida, con una fortissima tradizione culturale, una vita disordinata alla continua ricerca di un ambiente creativo, tra mondo universitario e spazi privati in città sempre diverse.

Molto legato a Jonathan Franzen e Mark Costello, preciso cultore di letteratura e filosofia, tennista professionista, insegnante appassionato di scrittura creativa. Estroverso e curioso ha scritto saggi, romanzi, testi dedicati al tennis, alla trigonometria, alla psicologia e alla televisione, alla musica rap, alla filosofia di Wittgenstein e splendidi reportage (politici o di viaggio) per periodici americani. Si è misurato fino allo spasmo contro la vita, con la difficoltà di creare buona letteratura e contro la depressione.

David Foster Wallace
David Foster Wallace | Fonte: Wikipedia | Autore: Steve Rhodes.

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10 semplici regole per genitori che usano WhatsApp per chat di classe

La scuola sta per iniziare e non ho nessunissima voglia. Come mio figlio, ma per ragioni diverse. Chiamatele chat di classe.

10 Regole per Gruppi WhatsApp a ScuolaTra quelle scolastiche, gruppi legati allo sport, iniziative per soli papà, associazioni varie… tutto questo mi costa – per soli due figli (immagino chi ne ha di più, poveraccio) una dozzina di chat su WhatsApp! Il caos regna sovrano. Quei maledetti pallini verdi di notifica sono un vero incubo! Alle giornate interminabili e convulse di lavoro si somma la pressione esercitata da WhatsApp! Ho bisogno di salvarmi.

Mi sono ripromesso da tempo di proporre in Rete alcune regole per una “civile convivenza”. Anche soltanto per esorcizzare il fenomeno. Non so se avrà effetti reali, ma chi ha figli e frequenta simili gironi infernali sa di che cosa parlo quando arrivi al punto di pensare “basta, adesso esco!!” e poi però non puoi farlo perché ci sono di mezzo comunque i figli.

Di seguito propongo 10 regole, scritte al volo. Tutte, ovviamente, emendabili. Se volete contribuire, accetto suggerimenti e commenti. Non chiedetemi di entrare in un gruppo WhatsApp per discuterle, però.

Dieci regole per un uso corretto
di WhatsApp nelle chat di classe

  1. Mettere in chiaro, comprendere e rispettare sempre la finalità principale del gruppo e per questo pubblicare soltanto contenuti pertinenti;
  2. Usare un linguaggio adeguato alle conversazioni in pubblico, amichevole, non offensivo;
  3. Evitare le discussioni utili solo a due/pochi interlocutori, passando questi messaggi alla comunicazione diretta fuori dalla chat di gruppo;
  4. Prediligere domande a risposta chiusa rispetto a questioni aperte o senza un preciso contesto;
  5. Chiudere discussioni importanti prima di aprirne altre;
  6. Indirizzare domande specifiche alle persone giuste e non al gruppo quando la risposta dipende da una sola persona;
  7. Non moltiplicare inutilmente messaggi e concetti già rimarcati in precedenza da altri;
  8. Non inviare file multimediali eccessivamente pesanti (video ecc.);
  9. Scrivere messaggi circostanziati ed esaustivi, evitando di moltiplicare inutilmente interazioni, spezzettandole;
  10. Ricordarsi sempre che si impegnano tempo e strumenti di altri (e c’è anche un limite alla pazienza): contate sempre fino a tre prima di pubblicare messaggi.

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