In memoria di David Foster Wallace, molti anni dopo l’anno del Grande Pannolone per Adulti Depend.
“Continuavamo a ripetergli che eravamo felici che fosse vivo”, ricorda la madre. “Ma penso che oramai ci stesse già lasciando. Non ce la faceva proprio più”. Un pomeriggio David era particolarmente agitato. La madre si sedette a terra accanto a lui. “Gli ho accarezzato il braccio. Lui mi ha detto che era contento che fossi la sua mamma. Io gli ho risposto che per me era un onore”. […] Poche settimane dopo Karen lasciò David a casa da solo con i cani per qualche ora. Rientrando, quella sera, lo trovò impiccato.
(Tratto da “Gli anni perduti e gli ultimi giorni di David Foster Wallace”, Rolling Stone, 30 ottobre 2008).
Il 12 settembre 2008, dieci anni fa, moriva a 46 anni David Foster Wallace, scrittore americano poliedrico, raffinato ed estroverso, al tempo stesso modesto e ricercato, prolifico, appassionato, tormentato dal mestiere di scrivere e, in parte, dall’improvviso successo. Una “meteora che volava bassa“, come lo definiva chi lo conosceva bene. Una famiglia solida, con una fortissima tradizione culturale, una vita disordinata alla continua ricerca di un ambiente creativo, tra mondo universitario e spazi privati in città sempre diverse.
Molto legato a Jonathan Franzen e Mark Costello, preciso cultore di letteratura e filosofia, tennista professionista, insegnante appassionato di scrittura creativa. Estroverso e curioso ha scritto saggi, romanzi, testi dedicati al tennis, alla trigonometria, alla psicologia e alla televisione, alla musica rap, alla filosofia di Wittgenstein e splendidi reportage (politici o di viaggio) per periodici americani. Si è misurato fino allo spasmo contro la vita, con la difficoltà di creare buona letteratura e contro la depressione.

Pietra miliare della mia formazione culturale e autore di culto per molti della mia generazione, David Foster Wallace è una di quelle figure del mondo della scrittura che rimpiangi ogni giorno, pensando a che cosa sarebbe stato in grado di scrivere nei momenti più disgraziati della vita di una società incivile, sui nuovi media o sulle figure pubbliche che guidano i Paesi occidentali oggi.
Smascherò senza pietà buona parte della cultura degli anni Novanta, il modello di successo e rampantismo americano di fine secolo, il monopolio dell’incultura televisiva. Amava sopra ogni cosa descrivere la realtà, quella che abbiamo sotto gli occhi ogni giorno e non vediamo.
Senza scadere nel realismo o nel puro divertimento che genera solo entertainment, ovvero passività, ha sempre cercato di fare in modo che nella fatica di leggere, ciascuno si rendesse conto di essere un soggetto attivo, capace di trovare se stesso nel mondo raccontato di altri. Questa, a mio avviso, è stata la sua forza. La volontà ossessiva di trovare speranza nella solidarietà umana di fronte a degrado e solitudine. Sentimenti che ha portato allo scoperto raramente, in alcune sue interviste poco conosciute.
La sua idea di letteratura (di scrittura e lettura) era questa: un antidoto contro la solitudine. Oggi, dieci anni dopo, hanno un senso particolare queste parole sul suo modo di vedere la scrittura e di amare profondamente i lettori ai quali si è rivolto:
[…] Il mondo reale è pieno di solitudine esistenziale. Io non so che cosa stai pensando o cosa si prova a stare dentro la tua testa, e tu non sai che cosa si prova a stare dentro la mia. Nella letteratura penso che in un certo senso riusciamo a saltare oltre questo muro. Ma è solo un primo livello, perché l’idea di intimità mentale o emotiva con un personaggio è un’illusione, un meccanismo creato dallo scrittore attraverso la sua arte. C’è anche un altro livello su cui un testo letterario diventa una conversazione. Fra lettore e lo scrittore si instaura un rapporto che è molto strano, molto complicato e difficile da descrivere. Un ottimo brano di letteratura non è detto che mi catturi completamente e mi faccia dimenticare che sono seduto in poltrona. C’è della narrativa commerciale che è perfettamente in grado di riuscirci; una trama avvincente è perfettamente in grado di riuscirci: ma non mi fa sentire meno solo. Invece c’è una specie di “A-ha! Qualcuno almeno per un attimo la pensa come me, o vede nel modo in cui la vedo io”. Non capita sempre. Sono brevi flash, fiammate, ma ogni tanto capitano. E non mi sento più solo, a livello intellettuale, emotivo, spirituale. La letteratura e la poesia riescono a farmi sentire umano, a eliminare quel senso di solitudine, a mettermi in comunicazione profonda e significativa con un’altra coscienza, in un modo in cui non ci riescono altre forme d’arte.
(Tratto da: “Intervista a David Foster Wallace”, Salon.com, 9 marzo 1996).
E ancora:
[…] lottare contro l’egemonia culturale della televisione. Una cosa che fa la tv è aiutarci a negare la nostra solitudine. Attraverso le immagini televisive, possiamo avere un facsimile di relazione senza la fatica di una relazione vera. E’ un’anestesia della forma. La cosa interessante è il motivo per cui abbiamo un bisogno così disperato di questo anestetico contro la solitudine. Non ci vuole tanto a capire che la nostra paura sia delle relazioni sia della solitudine – due sottoinsiemi della paura di essere intrappolati un un’individualità (a livello psichico, non solo fisico) – è legata alla nostra rabbia contro la morte, la consapevolezza del fatto che prima o poi morirò in buona sostanza da solo, mentre il resto del mondo continuerà ad andare avanti allegramente senza di me. Non sono sicuro che ti saprei dare una giustificazione teorica a polpastrelli uniti, ma sospetto fortemente che gran parte del compito della vera letteratura sia esacerbare questo senso di intrappolamento e di solitudine e di morte delle persone, spingerle a prenderne coscienza, perché qualunque possibile redenzione ci richiede innanzi tutto di guardare in faccia ciò che ci fa paura, ciò che vogliamo negare.
(Tratto da: Larry McCaffery “Intervista estesa a David Foster Wallace”, Review of contemporary Fiction, Estate 1993).
Info online su David Foster Wallace:
- Archivio David Foster Wallace Italia
- THE HOWLING FANTODS – David Foster Wallace News and Resources Since March 97