Il cliente sbagliato

Fidarsi è bene, ma avere un contatto scritto è meglio. Sempre.

Fate attenzione ai clienti inaffidabili

Il fatto che non sia obbligatorio (per legge) stipulare accordi scritti quando si tratta di lavoro autonomo è, da un certo punto di vista, una vera maledizione per i freelance. È un errore comune, infatti, lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e portare a casa il lavoro per iniziare subito. Per muoversi in fretta e offrire soluzioni buone e rapide che la maggior parte delle imprese e le grandi agenzie non sono in grado di offrire. Tutto questo, però, non ha conseguenze se i committenti hanno solide finanze e buone intenzioni: si emette fattura e i compensi – prima o poi – si incassano. Ma non è sempre così. Ci sono casi del tutto diversi, che possono trasformarsi in un vero e proprio calvario se non, addirittura, in un buco nero senza ritorno. E diventano un incubo professionale.

Sto esagerando? Forse perché non avete ancora toccato con mano.

Babbi di morto e filibustieri: imparate a riconoscerli

Mi è capitato spesso di incappare in furbi di ogni sorta che pagano a babbo di morto. Dopo sei o perfino otto mesi. Quasi sempre si è trattato di grandi aziende o enti pubblici, multinazionali, blasonate, con comparti amministrativi tanto carrozzati quanto incapaci di distinguere un lavoratore autonomo da un copertone d’automobile. Società che trattano i fornitori come il toner delle stampanti, da pagare al chilo e quanto più tardi possibile. Non mi era mai successo, invece, fino a dicembre 2018, di incappare in veri e propri farabutti.

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Quotare la scrittura, poche idee e confuse

Si scalda online la disputa intorno ai pagamenti ridicoli per la scrittura di post sui blog nostrani (nel caso specifico 1 euro a post). Luca Sofri e i commentatori del solito post-haiku sul blog di Mantellini pare non abbiano davvero idea di quali pesci pigliare per orientarsi in materia. Stupisce soprattutto il barcamenarsi tra un’idea strana di professionalismo da blogger, quotazione a cottimo, tariffari, giustezza del compenso, tempi di lavoro e (curioso) la totale assenza di valutazioni relative al diritto e alla descrizione onesta di che cosa sia un lavoro.

Se a qualcuno interessa, per converso, queste sono alcune analisi svolte in materia negli ultimi anni. Se proprio siete amanti del tema, c’è anche un mio capitolo dal titolo “Lavorare a che prezzo?” nel saggio Vita da freelance in uscita il 20 aprile per i tipi di Feltrinelli:

 

Ogni tanto mi chiedo, leggendo simili dispute relative al nuovo mondo del lavoro, interpretato a piacere dai blogger italiani: bisogna per forza entrare nel ginepraio della dialettica e delle minchiate Web based a giustificazione di business da Jackpot Economy, scavalcando a pié pari la questione più generale del lavoro? Che cosa avrebbero detto i nostri padri, generazione precedente a quella dei knowledge worker, a chi avesse proposto un pagamento della giornata lavorativa, o della qualità di un’opera, basato sul numero di mattoni usati per tirare su un muro o sulle volte in cui avessero piegato la schiena alla catena di montaggio?

La paga del freelance. Quando l’impresa fa buy-back su premi di risultato

[A distanza di molti mesi sono riuscito a trovare il tempo per pubblicare lo speech tenuto all’Università di Bologna al Convegno “Lavoro in frantumi” del 25 novembre 2010 – Le argomentazioni presentate qui in maniera sintetica sono ampiamente sviluppate nel mio nuovo libro, scritto con Sergio Bologna, “Vita da freelance” che uscirà per i tipi di Feltrinelli il 7 aprile]

La paga del freelance. Quando l’impresa fa buy-back su premi di risultato

Lavoro in frantumiQuando si affronta il tema della frammentazione del mondo del lavoro c’è un punto di vista dal quale non si osa mai guardare ed è la condizione oggettiva dei risultati che ottengono quei lavoratori che operano fuori dal mondo del lavoro salariato. Il compenso che viene offerto ai freelance, la loro “paga”.

È un argomento difficile da mettere a fuoco perché non esistono strumenti di misurazione e tantomeno politiche condivise, regole nazionali o accordi impliciti, neppure tra lavoratori indipendenti. Questo tipo di lavoratori figli del postfordismo e in misura sempre maggiore “termometro” dell’evoluzione stessa del nostro Stato sociale hanno oggi moltissime difficoltà sul fronte dei compensi professionali sia rispetto al quantum sia più in generale per il valore riconosciuto al loro lavoro.

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Cortesemente togli i piedi dalla mia testa

Chi è capitato su questo blog e non mi conosce da tempo deve sapere che ho sempre posto una particolare attenzione alle questioni di metodo legate agli aspetti di negoziazione e di valutazione del lavoro indipendente. Per due motivi: per confrontarmi; per condividere con altri – che sono nella mia stessa condizione – scelte e giudizi maturati con l’esperienza. Oggi provo con questa lista di regole che implicitamente mi sono dato per svolgere con coerenza il mio lavoro da freelance. Riguardano quotazioni, pagamenti, stile di negoziazione. Che ne pensate?

10 regole per lavorare come freelance (senza farsi mettere i piedi in testa)

  1. Non svendere il tuo lavoro e il tuo sapere;
  2. Insieme al “cosa” definisci sempre anche il “quanto”. Non pensare che ex post siano tutti onesti, anzi fai molta attenzione alle formule implicite perché saranno quasi sempre smentite dai fatti (chiedete ai giornalisti freelance);
  3. Lavorare gratis per chi fa profitti è dumping sociale! Se devi dare un contributo gratuito fallo unicamente per chi opera senza finalità di profitto (Associazioni, Università, eventi autogestiti ecc.);
  4. Se vuoi condividere un tuo sapere professionale senza trarne diretto beneficio economico [vendita] allora proteggilo per sempre con le corrette licenze d’uso da chi potrebbe trarne profitto e denuncia apertamente chi lo usa fuori dalle regole di licenza d’uso;
  5. Non utilizzare impropriamente la collaborazione di altri, ma pagala il giusto. Se usi mezzi di produzione open source restituisci qualcosa alla comunità. Decidi tu che cosa fare, ma non far finta di nulla perché sei in debito;
  6. Non accettare casi di insolvenza nei pagamenti: fatti sentire, insisti (con educazione), fatti assistere dalla tua comunità di interessi, fai pressione, magari denunciando a chi sta vicino ai cattivi pagatori i casi di illecito. In ultimo, non avere paura di fare causa civile. Il lavoro ha una sua dignità, falla rispettare;
  7. Quota sempre prima l’esperienza e il valore, poi il tempo;
  8. Non collaborare con chi usa esplicitamente metodi e valutazioni degradanti sul mondo del lavoro autonomo;
  9. Ricordati di essere libero e che esistono anche le parole “no”, “basta, fai pure da solo”, “grazie, ma non è nelle mie corde accettare queste condizioni di lavoro”;
  10. Cerca di trovare un rimedio e chiedi scusa a chi hai arrecato involontariamente danno violando uno di questi principi.

Come contratti il tuo lavoro autonomo?

Invito al Seminario FARSI PAGARE #2

Partecipa al Secondo Seminario sul tema “Farsi Pagare“. Ingresso libero! 
(Qui il precedente Evento, dal quale è nato il Paper “IL GIUSTO PREZZO, MODELLI PER IL LAVORO AUTONOMO“).

Leggi il Comunicato Stampa ufficiale sull’evento del 17 novembre 2009.
Queste le informazioni di sintesi:

  • I Relatori: GIANGUIDO SAVERI, art director indipendente; SIMONA FOSSATI, giornalista, USGF (Unione Sindacale Giornalisti Freelance); ENRICA POLTRONIERI, consulente ed esperta di negoziazione, ACTA.
  • A che cosa serve: per orientare i lavoratori della conoscenza, i freelance e i consulenti indipendenti che operano sul mercato italiano, dove prevale spesso la forza delle imprese, a contrattare condizioni favorevoli e prezzi equi per le prestazioni professionali autonome.
  • Quando: martedì 17 novembre 2009, ore 18,15 – ingresso libero.
  • Dove: Sala Eff&Ci di Via Luisa Sanfelice 3, Milano – Potete raggiungere Eff&ci con: Passante ferroviario, fermata Porta Vittoria – Filobus 90/91,92,93 – Tram 12 – Autobus 66
  • Gli organizzatori del seminario: ACTA (Associazione Consulenti del Terziario Avanzato) e I-NETWORK (Indipendenti Network)

Se sei un freelance (giornalista, art director ecc.), un consulente indipendente, un professionista autonomo ecc. partecipa! Sono seminari aperti, dove puoi anche intervenire liberamente dal pubblico, portando idee ed esperienze. 

Il mercato del lavoro autonomo è in difficoltà: cura i tuoi interessi, partecipa!!

Freelance e pagamenti, che fatica!

Parlare di soldi con i committenti è affare piuttosto difficile, si sa. Ma ancora più complesso è procedere con i pagamenti. Ne ho già scritto (qualche link sul tema lo strovate qui), ma vorrei prendere spunto dal recente articolo del WSJ “Freelancers’ Guide to Getting Paid on Time” per dare indicazioni più pratiche su come ingaggiare la giusta battaglia nella relazione con i clienti quando le cose si complicano.

I consigli che arrivano da oltreoceano, avallati dalla stessa Freelancer Union (oggi a 120.000 iscritti!!) sul suo blog, ripercorrono l’altrettanto significativo articolo (di tre anni fa, ma che tengo gelosamente ancora in memoria) “How to: get paid on time” dedicato da Journlism.co.uk ai giornalisti freelance.

Ecco i consigli del WSJ (tradotti e adattati liberamente al nostro mercato, che, è giusto ricordare, ha una comunque una cultura del self-employment ben diversa):

  • Vincete ogni timore. Non sentitevi in imbarazzo con le richieste legate ai soldi: tutti lavorano con l’attesa di essere retribuiti;
  • Trattate sempre in prima persona. Questo non soltanto elimina eventuali mark-up di terze parti o divisioni interne, ma vi consente di conoscere chi autorizza o amministra i pagamenti;
  • Rifiutate lavoro, se potete. Esattamente come un fornitore di servizi e utility vi stacca le utenze dopo mesi di mancati pagamenti, è accettabile mollare progetti quando non siete pagati con tempi adeguati. Per attenuare gli effetti comunicate al cliente che state continuando a lavorare per lui, ma che non gli passerete altre parti di lavorazione finché non verrete pagati per le precedenti;
  • Offrite alle imprese flessibilità. Magari con sistemi di pagamento dilazionati su base bisettimanale (o altro, a seconda della cultura d’impresa). Se è una società vicina, offritevi di andare a prendere i vostri assegni. Gli incontri faccia a faccia sono più difficili da ignorare;
  • Pensate di inserire nei vostri contratti costi addizionali per ritardi nei pagamenti oppure, ancora meglio, prevedete acconti sul lavoro. Fate soltanto attenzione a non apparire troppo esigenti, specialmente se non avete confidenza con il cliente. In questo mercato si passa rapidamente al secondo posto;
  • Cercate di lavorare con chi ha già buoni legami con i freelance. E al contrario offrite visibilità della vostra professionalità, magari attraverso credenziali pubbliche;
  • Nel peggiore dei casi, se dovete fare causa, scegliete bene come e soprattutto dove procedere. Meglio piccole realtà, come i Giudici di pace. Prima di questo, però, mandate sempre le vostre ultime richieste al committente, magari per raccomandata o con posta certificata, dando un termine per i saldare i pagamenti e dichiarando le intenzioni di procedere legalmente in caso di inadempienze.

Seminari per freelance su come farsi pagare

Lavorare a che prezzo?
Lavorare a che prezzo?

Oggi, giorno 17 alle ore 17:00 (due volte 17, vorrà pure dire qualcosa visto che si tratta di soldi…) si faranno due chiacchiere insieme sul tema “Come farsi pagare”. Questione scottante, critica e spesso anche molto poco analizzata, e sul valore del lavoro intellettuale autonomo.

Siamo a Milano, all’Hotel Macchiavelli, via Lazzaretto 5. Parlo anch’io. Il seminario è organizzano ACTA e i-network. Questo è il programma e qui gli abstract delle relazioni e i cv dei relatori.

Venite? (Ingresso gratuito).

P.S. Domani (o questa sera) pubblicherò qui i materiali (Paper + Diapositive) del mio intervento. I materiali del seminario si potranno trovare anche sul sito ACTA nei prossimi giorni.