Forse mi sbaglio, ma credo che le poche ore passate insieme a Sara Horowitz della Freelancers Union ospiti di Sergio Bologna a Milano rappresentino un momento importante, forse storico, per il dialogo tra il mondo dei freelance italiani e quelli americani. Tra le api (simbolo della FU) che ronzano intorno alla più grande associazione mondiale di freelancer oggi c’è anche la comunità italiana e ACTA, ufficialmente diventati amici.
Insieme a Sara Horowitz (seconda da Sx) ospiti di Sergio Bologna (ultimo a Dx) a Milano.
Come scrive Giuliano Milani su L’Internazionale di oggi (vedi recensione di “Vita da freelance” riportata sotto) ogni volta che emerge un nuovo gruppo sociale o tipologia di lavoratori sorge spontanea anche la domanda di nuovi diritti. Il mondo dei freelance è proprio lì che attende e è arrivato il tempo di discuterne. Anche Sara Horowitz della Freelancers Union sostiene oggi su The Atlantic che sì, ci siamo entrati in questo periodo storico, e che The Freelance Surge Is the Industrial Revolution of Our Time.
Questa transizione del mondo del lavoro non è niente meno che una rivoluzione, sostiene. “We haven’t seen a shift in the workforce this significant in almost 100 years when we transitioned from an agricultural to an industrial economy. Now, employees are leaving the traditional workplace and opting to piece together a professional life on their own. As of 2005, one-third of our workforce participated in this “freelance economy“.
Che si chiami Gig economy, Freelance Nation, e-conomy, The Rise of the Creative Class, popolo delle Partite Iva o Quinto Stato, poco importa. E’ un fenomeno di massa e con questo dovremo sempre di più fare i conti. Negli Stati Uniti hanno le idee chiare: “The solution will rest with our ability to form networks for exchange and to create political power“. Dice la Horowitz: “I call this new mutualism” e promette di raccontare qualcosa di più nei prossimi articoli su The Atlantic, da tenere sotto osservazione, dunque.
Il Manifesto ieri ha pubblicato una bella intervista a Sara Horowitz a capo della Freelancers Union, sindacato dei lavoratori autonomi negli Usa. Sul tema scrissi (oltre un mese) fa un pezzo sul Sole 24 Ore dal titolo “Un sindacato delle partite IVA. Negli Usa c’è.” Dice la Horowitz:
Il primo passo da fare è la presa di coscienza che i lavoratori indipendenti sono una forza lavoro che hanno diritti negati. È un passaggio necessario, visto che la sinistra tradizionale americana continua a proporre un ritorno al sistema fordista per affrontare le sempre più pesanti condizioni di vita e lavoro degli «indipendenti» o di quella forza-lavoro che spesso in Europa chiamate precaria. Il passaggio successivo sta nel promuovere forme organizzative adeguate a figure lavorative con caratteristiche molto diverse da quelle che hanno invece costituito le organizzazioni sindacali tradizionali.
I riferimenti alle analisi di Richard Florida sono espliciti e così pure il focus sul lavoro intellettuale autonomo. Uno dei temi importanti citati è appunto la tutela della proprietà intellettuale, che è curiosamente anche uno degli elementi chiave emersi nel Primo Congresso dei Freelance 2007 in Italia. C’è poi il problema della disoccupazione, che qui da noi, per gli autonomi, chiameremmo del “reddito di cittadinanza” o del riformismo radicale. Dice la Horowitz:
La nuova forza lavoro è atomizzata, individualizzata e frammentata. Abbiamo così cominciato a parlare tra di noi perché è meglio ritrovarsi insieme che stare ciascuno per conto proprio. Abbiamo così scoperto che ciò che accadeva a ognuno di noi non era un problema individuale ma rispecchiava una condizione generale. Freelancers Union è quindi da considerare un’associazione di mutuo soccorso, di cooperazione….
Ho come l’impressione che non sia troppo distante dalle problematiche italiane. Questa donna mi piace.