Il giono seguente all’uscita dei dati Istat sull’occupazione la stampa si è decisamante scatenata. La rassegna: Corriere della Sera, Sole 24 Ore (1) e (2), La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Foglio.
La disoccupazione, è vero, è scesa ai minimi dal 1992, ma nessuno si è preso la briga (tranne la Banca d’Italia recentemente, ma su dati emessi in passato) di calcolare l’esatto aumento dell’occupazione valutando attentamente il fenomeno degli inattivi e l’incidenza degli immigrati sulla forza lavoro. In altre parole: poiché la disoccupazione esprime una frazione, incidendo sul denominatore (regolarizzazioni) e riducendosi il valore del numeratore (molti smettono di cercare lavoro perché scoraggiati) una certa artificialità del fenomeno è evidente.. Se ne accorge per esempio Francesco Prisco che pubblica queste parole sul dorso Sud del Sole 24 Ore:
“Mistero sulla scomparsa dei disoccupati al Mezzogiorno. Secondo le rilevazioni Istat sulle Forze Lavoro nel terzo trimestre 2006 il tasso di disoccupazione nella parte meno sviluppata del Paese è pari al 10,7%, oltre nove punti percentuali rispetto al 19,8% del 1999”.
Una cosa è messa in chiaro comunque da tutti: il lavoro che cresce è quello “a termine” e legato agli immigrati.
Interessante approfondimento di Carlo Dell’Aringa e di Pietro Garibaldi, invece, sulla questione produttività. In sintesi: il PIL è fermo, ma ci sono più lavoratori, ergo gli italiani stanno diminuendo la loro capacità di produrre valore con il proprio lavoro.. Giusto. Talvolta però succede anche il contrario. Durante i Governi Craxi (per indicare un periodo, non una responsabilità), per esempio, il PIL volava e l’occupazione era ferma al palo. La questione comunque resta, non è un gioco di parole.
Il premio lettura favolistica dei dati va invece al Foglio che indica la Legge Biagi come la Gallina dalle uova d’Oro nella creazione di nuova occupazione. Beh, d’oro proprio non direi.