Fidarsi è bene, ma avere un contatto scritto è meglio. Sempre.
Il fatto che non sia obbligatorio (per legge) stipulare accordi scritti quando si tratta di lavoro autonomo è, da un certo punto di vista, una vera maledizione per i freelance. È un errore comune, infatti, lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e portare a casa il lavoro per iniziare subito. Per muoversi in fretta e offrire soluzioni buone e rapide che la maggior parte delle imprese e le grandi agenzie non sono in grado di offrire. Tutto questo, però, non ha conseguenze se i committenti hanno solide finanze e buone intenzioni: si emette fattura e i compensi – prima o poi – si incassano. Ma non è sempre così. Ci sono casi del tutto diversi, che possono trasformarsi in un vero e proprio calvario se non, addirittura, in un buco nero senza ritorno. E diventano un incubo professionale.
Sto esagerando? Forse perché non avete ancora toccato con mano.
Babbi di morto e filibustieri: imparate a riconoscerli
Mi è capitato spesso di incappare in furbi di ogni sorta che pagano a babbo di morto. Dopo sei o perfino otto mesi. Quasi sempre si è trattato di grandi aziende o enti pubblici, multinazionali, blasonate, con comparti amministrativi tanto carrozzati quanto incapaci di distinguere un lavoratore autonomo da un copertone d’automobile. Società che trattano i fornitori come il toner delle stampanti, da pagare al chilo e quanto più tardi possibile. Non mi era mai successo, invece, fino a dicembre 2018, di incappare in veri e propri farabutti.
Eppure succede. Ci sono anche loro. Inutile girarci intorno. Nel mio caso si è trattato di filibustieri, ovvero imprenditori spudorati, del tutto irresponsabili, che hanno giocato con i soldi e il lavoro altrui, facendo cassa sui fornitori (non soltanto con me) finché è stato possibile.
Come ci sono cascato? Semplice. È colpa mia. Ho dato troppa fiducia a un cliente che, con una sottile strategia commerciale, prima mi ha chiesto un lavoro minore, discretamente complesso, pagandomelo il giorno dopo il rilascio, e successivamente mi ha commissionato uno sviluppo decisamente più complicato: un sito di e-commerce. Sbalordito dai tempi di pagamento (24 ore dalla prima fattura), ho formulato la mia offerta e accettato il secondo lavoro, senza troppe complicazioni. È durato tre mesi, faticosi e complessi, ma ho portato a casa il risultato, rilasciando, alla fine, il prodotto al cliente. Senza precauzioni. Sigh :-(
E qui sono iniziati i guai, durati quasi due anni e che mi hanno portato a recuperare soltanto il 50% del compenso pattuito, passando per avvocati, accordi saltati, furberie di ogni sorta. Prima il silenzio assoluto del cliente, dopo l’emissione della fattura. Dopo cinque mesi e solleciti continuativi, le false promesse. Dopo altri due mesi un accordo via e-mail sulle dilazioni di pagamento, mediate da un avvocato, ma non firmate e poi prontamente disattese. Infine, dopo un anno, la messa alle strette, sotto minaccia di azione legale. Avendo la fortuna di essere stato il primo fornitore ad essermi accorto della situazione, sono riuscito a incassare qualcosa. Mi dispiace ammettere che per gli altri sono rimaste soltanto le briciole poiché tutto il bottino era stato sottratto al cliente da un altrettanto spudorato studio di consulenza che li ha spennati all’inizio del progetto, in maniera altrettanto infame. Una storia triste, lo ammetto. E ammetto di avere sbagliato molto.
Purtroppo ho capito a giochi fatti.
La brutta notizia, per chi ancora non ha vissuto situazioni analoghe, è che non potete più tirare indietro la mano una volta lanciato il sasso, ovvero cancellare o distruggere il lavoro svolto e consegnato, anche nel caso in cui abbiate accesso ai sistemi e opportunità per farlo. Il lavoro consegnato è di fatto passato di mano e non ci potete fare più nulla, perché in caso di manomissione, o di blocco della produzione altrui (per esempio in attesa di pagamento), potreste anche andare incontro a problemi legali inversi: una causa per danni.
Lezione imparata, ma che botta.
Ok, è andata male. Sono stato un fesso, lo ammetto. Ho perso molti soldi, con il rammarico di avere per altro rilasciato sul mercato un prodotto davvero buono per questo maledetto cliente. Una doppia sberla. Vi consiglio, di conseguenza, di usare grande cautela in fase di avvio dei progetti e di adottare questi accorgimenti.
Regole per trattare con clienti dal “rating” sconosciuto
La velocità nei processi di fornitura è certamente un vantaggio offerto dai freelance. E dovrebbe rimanere tale. Per i clienti consolidati e di assoluta fiducia non ha senso formalizzare i rapporti con eccessive “pezze di carta”. È, invece, fondamentale per new business (anche nel caso siano contatti passati dal migliore amico che avete). Per questa ragione conviene tenere nel cassetto contratti preconfezionati, da adattare di volta in volta. Ed è consigliabile:
- iniziare il rapporto professionale ponendo al centro, sempre, la parte economica, e indicare, al di là della presentazione formale di un’offerta, la necessità – nel caso in cui l’offerta sia stata approvata – di riceverne una copia firmata per accettazione o sottoscrivere un successivo contratto di consulenza che ne riproduca sostanzialmente i termini;
- dopo la restituzione dell’offerta o del contratto firmati dal cliente, controfirmare l’accordo e rispedirlo al cliente in maniera formale (via PEC), per rimarcare il livello formale che sussiste nel rapporto di consulenza, al di là di tutti gli aspetti operativi e pratici che sicuramente sono stati discussi per avviare il progetto;
- nel caso in cui la firma sul contratto tardasse, trovare occasione per un incontro di start-up del progetto, in cui presentare fisicamente il testo da far firmare al cliente;
- introdurre sempre, nell’offerta economica e nel contratto, anche i tempi di pagamento. In assenza di condizioni negoziali, possono essere semplicemente richiamate le condizioni descritte nello Statuto del Lavoro autonomo, ovvero nella Legge, 22/05/2017 n° 81 (G.U. 13/06/2017) che fissa i termini in 60 giorni dalla data della fattura (per i professionisti si scende a 30 giorni);
- in caso di mancato rispetto dei pagamenti, è opportuno rendere sempre più formali i solleciti, tenendo traccia delle risposte, fino alla formula con raccomandata o via PEC;
- infine, se il cliente ancora non paga, occorre attivare un’azione legale, basata sul contratto sottoscritto, facendosi aiutare da un legale.
Tutto semplice, no? No, per niente. Perché se manca un contratto scritto sono cavoli amari. Nulla è più scontato, ma bisogna ricostruire fatti e accordi. Bisogna portare il cliente a riconoscere il debito, in un modo o nell’altro. Per me si è trattato di uno scambio di e-mail e di registrazioni telefoniche. Devono dimostrare che state parlando di un debito implicito che non viene contestato a fronte di un lavoro considerato svolto e acquisito dal cliente. È come se diceste a un amico che vi deve un milione di euro per quel famoso lavoro e lui vi rispondesse che al momento non li ha, senza però contestare né il lavoro né l’importo. Nella peggiore delle ipotesi bisogna prepararsi a raccogliere documentazione di questo tipo, perché i più furbi eviteranno come la peste di firmare altro (accordi, contratti ecc.). I peggiori semplicemente non rispondono. Scompaiono.
Bisogna trovare una via di comunicazione. Se avete anche soltanto un leggero sentore di fregatura, non dovete irrigidire la comunicazione, ma ammorbidirla, semplicemente per raccogliere quanto vi serve.
La regola più importante che ho imparato – a mie spese – è che, tuttavia, non bisogna mai iniziare un lavoro con illustri sconosciuti senza un contratto scritto. E nel caso di lavorazioni importanti, porre come clausola l’inizio soltanto a fronte dell’avvenuto pagamento di un anticipo. Nel caso di start-up e di imprenditori che mostrano un’avventata esposizione al mercato, alzare il più possibile questo anticipo.
Una bozza di contratto di consulenza
Ok, il contratto. Abbiamo capito. Ma come fare? Vi serve una bozza? Eccovene una (da completare e modificare in base alle vostre necessità):
FACSIMILE DI CONTRATTO
D’OPERA (.docx in download)
Se avete suggerimenti o volete perfezionarlo, fatemi sapere. Massima collaborazione :-)
Metodi paralleli per affrontare i furbi che non pagano
Devo essere sincero: la storia di questo cliente mi ha messo piuttosto in crisi. Un freelance vive del suo lavoro e fatica decisamente più di un qualsiasi altro lavoratore (dipendente) a farsi pagare. Non ha stipendio a fine mese, ma incassa i compensi al termine delle lavorazioni. In attesa del risultato, bisogna saper mettere fieno in cascina, perché non si sa quando arriva l’inverno. E se le lavorazioni durano molto, l’inverno arriva prima. Lo sanno bene i freelance. La brutta notizia è che se i clienti poi non pagano l’alternanza delle stagioni va a farsi benedire.
C’è chi mantiene l’aplomb in queste situazioni. Per me non è così. Di seguito trovate alcuni consigli per mettere in atto una strategia difensiva.
- durante lo sviluppo considerare di avere sempre una porta di accesso a ciò che state facendo (sviluppo software, gestione social, rilascio di prodotti ecc.), che sia unicamente vostra, non modificabile dal cliente;
non cedere password di sistema e controllo completo se non a lavoro ultimato e pagato dal cliente;
- incardinare la produzione e il rilascio su un punto “logico” che concentra i permessi d’uso e che viene controllato da voi in maniera esplicita;
- inserire clausole contrattuali in cui spiegate tempi e modalità di rilascio completo di prodotti e servizi a fronte di modalità precise di pagamento;
- gestire eventuali solleciti di pagamento in modalità diverse (telefono, e-mail ecc.) e soltanto in ultima istanza con posta elettronica certificata;
- allargare progressivamente la richiesta di pagamento e i solleciti a una platea sempre più ampia di destinatari: prima i responsabili di progetto, poi quelli amministrativi, fino a coinvolgere responsabili legali e direzione generale, se necessario, per informarli della volontà di procedere per vie legali;
- chiarire anche con il vostro legale il suo compenso prima di iniziare la procedura legale;
- non essere eccessivamente stringenti con i debitori (che potrebbero avere seri problemi di liquidità), ma cercare sempre accordi, magari per diluire il debito in rate;
segnalare al cliente che state informando anche gli altri fornitori della vicenda e sarà vostra cura informare anche i fornitori futuri per bloccare la truffa anche nei loro confronti;
- segnalare ai clienti che cercherete in via informale di minare ogni asset reputazionale di cui beneficia, per generare un danno collaterale non previsto che va al di là della vicenda in corso.
Tutto questo non risolverà comunque i casi più complessi. Il tempismo è fondamentale e non è detto che finisca tutto bene.
Due ultimi consigli: nel caso non abbiate siglato nessun accordo di sviluppo potreste comunque tenere in stand-by il rilascio del lavoro fino a pagamento conclusivo. In questo caso potreste usare una formula del tipo: “il prodotto sarà tuo solo a fronte di un saldo lavori“. Formalizzata meglio, ovviamente. Come fare? Per esempio utilizzando un documento di questo tipo (pensato per il rilascio di nuovi siti Web, ma che potrebbe essere personalizzato a piacere):
FACSIMILE DI ACCORDO PER
LA MESSA ONLINE DI UN SITO (.docx in download)
Altra cosa: valutate anche un ultimo disperato accordo, fatto di cambio merci. Se tra i pochi asset rimasti al cliente c’è ancora qualcosa in magazzino, fateci un pensiero, prima che finisca tutto in tribunale, aggredito dalle banche. Fiscalmente la merce è equivalente al suo valore economico: a fronte di una rinuncia di liquidità in cambio di merce, cercate di trovare un accordo affinché sia valutata almeno a livello di costi di produzione e non di prezzo al consumo, o perlomeno una via di mezzo tra questi due valori. Sempre se trovate persone ragionevoli.
Ma questo è il problema dei problemi e spesso è irrisolvibile.
P.S. Se avete storie simili da raccontare o consigli ulteriori, scrivete pure.
Ciao Dario, sono capitato sul tuo blog praticamente per caso, ed hai toccato un problema molto serio.
Mi chiamo Giovanni Sodano e da febbraio 2021 ho lanciato hedoes.it, una soluzione per coloro che hanno a che fare con clienti che non vogliono pagare.
Anch’io ho fatto il tuo stesso ragionamento, ovvero mettere a disposizione un contratto o, per meglio dire, un configuratore di contratti per chiunque voglia partire con il piede giusto.
Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi del servizio e se magari possiamo ipotizzare un qualsiasi tipo di collaborazione.
Buon lavoro, G.