Fidarsi è bene, ma avere un contatto scritto è meglio. Sempre.
Il fatto che non sia obbligatorio (per legge) stipulare accordi scritti quando si tratta di lavoro autonomo è, da un certo punto di vista, una vera maledizione per i freelance. È un errore comune, infatti, lasciarsi trasportare dall’entusiasmo e portare a casa il lavoro per iniziare subito. Per muoversi in fretta e offrire soluzioni buone e rapide che la maggior parte delle imprese e le grandi agenzie non sono in grado di offrire. Tutto questo, però, non ha conseguenze se i committenti hanno solide finanze e buone intenzioni: si emette fattura e i compensi – prima o poi – si incassano. Ma non è sempre così. Ci sono casi del tutto diversi, che possono trasformarsi in un vero e proprio calvario se non, addirittura, in un buco nero senza ritorno. E diventano un incubo professionale.
Sto esagerando? Forse perché non avete ancora toccato con mano.
Babbi di morto e filibustieri: imparate a riconoscerli
Mi è capitato spesso di incappare in furbi di ogni sorta che pagano a babbo di morto. Dopo sei o perfino otto mesi. Quasi sempre si è trattato di grandi aziende o enti pubblici, multinazionali, blasonate, con comparti amministrativi tanto carrozzati quanto incapaci di distinguere un lavoratore autonomo da un copertone d’automobile. Società che trattano i fornitori come il toner delle stampanti, da pagare al chilo e quanto più tardi possibile. Non mi era mai successo, invece, fino a dicembre 2018, di incappare in veri e propri farabutti.