Freelance e pagamenti, che fatica!

Parlare di soldi con i committenti è affare piuttosto difficile, si sa. Ma ancora più complesso è procedere con i pagamenti. Ne ho già scritto (qualche link sul tema lo strovate qui), ma vorrei prendere spunto dal recente articolo del WSJ “Freelancers’ Guide to Getting Paid on Time” per dare indicazioni più pratiche su come ingaggiare la giusta battaglia nella relazione con i clienti quando le cose si complicano.

I consigli che arrivano da oltreoceano, avallati dalla stessa Freelancer Union (oggi a 120.000 iscritti!!) sul suo blog, ripercorrono l’altrettanto significativo articolo (di tre anni fa, ma che tengo gelosamente ancora in memoria) “How to: get paid on time” dedicato da Journlism.co.uk ai giornalisti freelance.

Ecco i consigli del WSJ (tradotti e adattati liberamente al nostro mercato, che, è giusto ricordare, ha una comunque una cultura del self-employment ben diversa):

  • Vincete ogni timore. Non sentitevi in imbarazzo con le richieste legate ai soldi: tutti lavorano con l’attesa di essere retribuiti;
  • Trattate sempre in prima persona. Questo non soltanto elimina eventuali mark-up di terze parti o divisioni interne, ma vi consente di conoscere chi autorizza o amministra i pagamenti;
  • Rifiutate lavoro, se potete. Esattamente come un fornitore di servizi e utility vi stacca le utenze dopo mesi di mancati pagamenti, è accettabile mollare progetti quando non siete pagati con tempi adeguati. Per attenuare gli effetti comunicate al cliente che state continuando a lavorare per lui, ma che non gli passerete altre parti di lavorazione finché non verrete pagati per le precedenti;
  • Offrite alle imprese flessibilità. Magari con sistemi di pagamento dilazionati su base bisettimanale (o altro, a seconda della cultura d’impresa). Se è una società vicina, offritevi di andare a prendere i vostri assegni. Gli incontri faccia a faccia sono più difficili da ignorare;
  • Pensate di inserire nei vostri contratti costi addizionali per ritardi nei pagamenti oppure, ancora meglio, prevedete acconti sul lavoro. Fate soltanto attenzione a non apparire troppo esigenti, specialmente se non avete confidenza con il cliente. In questo mercato si passa rapidamente al secondo posto;
  • Cercate di lavorare con chi ha già buoni legami con i freelance. E al contrario offrite visibilità della vostra professionalità, magari attraverso credenziali pubbliche;
  • Nel peggiore dei casi, se dovete fare causa, scegliete bene come e soprattutto dove procedere. Meglio piccole realtà, come i Giudici di pace. Prima di questo, però, mandate sempre le vostre ultime richieste al committente, magari per raccomandata o con posta certificata, dando un termine per i saldare i pagamenti e dichiarando le intenzioni di procedere legalmente in caso di inadempienze.

IVA per cassa, qualche istruzione

Consigli ai Freelance. Se desiderate mettere in chiaro con i vostri clienti che conviene anche a loro pagarvi con tempi ragionevoli esiste oggi un piccolo espediente tecnico e si chiama “esigibilità differita”. Dopo l’approvazione della normativa sul pagamento IVA per cassa (ovvero soltanto quando incassata), si può fare così:

  • produrre la fattura;
  • apportare questa dicitura: “operazione con IVA a esigibilità differita ex art. 7 D. L. 185/2008“;
  • spedirla;
  • attendere fiduciosi, come sempre.

 

Poiché l’IVA ora è vincolata alla liquidazione periodica del primo periodo successivo al momento dell’effettiva riscossione/pagamento del corrispettivo, e non più con riferimento all’emissione della fattura, un’impresa che ricevere una fattura con tale dicitura obbliga l’azienda a pagare immediatamente la fattura per poter procedere alla detraibilità dell’IVA. In caso contrario dovrà attendere, alla pari del fornitore. In precedenza, come noto ai freelance pagati a babbo di morto, che dovevano ingiustamente fare credito allo Stato e regalare interessi alle aziende, l’IVA diventava immediatamente detraibile anche se i pagamenti erano concordati a giorni 30, 60, 90, 120 ecc.

Oggi non più. Vediamo che cosa succede.

Due pesi, due palle

La solita storia. Ne ho pieni i coglioni. Ecco, l’ho detto.

CASO A 

Oggi sono terminati alcuni lavori di ristrutturazione di cui vi ho parlato qualche tempo fa. L’imprenditore edile si è presentato in casa mia con la fattura di saldo. Alla mia dichiarazione di pagare a 30 giorni si è infuriato, urlando di stracciare la fattura e spaccare tutto il lavoro fatto (un soppalco in cartongesso, la muratura di qualche finestra e un paio di pareti in gesso). I motivi? Oltre al fatto che gli ho fatto fatturare tutto e di solito fa del buon nero, erano ben poche lire, per lui che tratta grandi opere e si è sperticato per aiutarmi visto che il mio nominativo gliel’ha passato il padre di un’amica… Ok, gli ho detto, non spaccare nulla. Ti faccio il bonifico oggi o domani.

CASO B

Ad aprile ho terminato un lavoro per una multinazionale. L’attività è stata gestita dalla sua agenzia di marketing, che mi ha fatto fatturare il mese successivo (a maggio) verso una controllata. Oggi sono passati 120 giorni e ancora non compare nulla sul mio conto corrente: scatta l’allarme. Chiamo in azienda, ma l’account dice che i fornitori li gestisce una società terza, di servizi amministrativi. Il responsabile riceve telefonicamente una volta alla settimana. Mi va bene perché è oggi. Il contabile dichiara che ci vorrà molto tempo per la mia fattura perché il cliente iniziale non ha ancora pagato l’agenzia e senza soldi incassati – in barba a ogni legge pubblicata sul globo terracqueo – i fornitori col piffero che li pagano. Resto cioè all’asciutto. Evidentemente è una multinazionale senza cash flow oppure versa in cattive acque o semplicemente è amministrata da una banda di ignoranti.

Codice incivile e multinazionali scaricabarile

Della serie quando la multinazionale fa lo scaricabarile sulle Partita IVA.

Storia di ordinaria pochezza professionale, alla quale non riesco ancora ad abituarmi, e che costantemente denuncio su queste pagine. Vi racconto l’ultima. La vicenda è semplice e si comprende a partire da questo schema di base.

(a) CLIENTE -> (b) SOCIETA’ FORNITRICE -> (c) CONSULENTE

Oggi molte imprese per le quali lavorano le partite IVA, gli indipendenti e i liberi professionisti rivendono servizi a terzi. Nell’ambito della comunicazione questo è cosa semplice da capire. A chiede a B una campagna pubblicitaria, B chiede consulenza a una partita IVA (C) e poi fa mark-up sul suo lavoro. Lo stesso accade in altri ambiti, dalla logistica alla ricerca e sviluppo, dal commerciale al marketing, all’organizzazione aziendale.

Al momento del pagamento delle prestazioni che cosa accade spesso? Beh, leggete:

Nota pagamento ordine

Si paga il fornitore (che non è un’impresa, ma un lavoratore individuale!!) soltanto se e quando il cliente salda le fatture. Nella catena del valore il rischio d’impresa è spostato così verso il basso. Questa formula del “ti pago se mi pagano” determina una dinamica non controllabile, che dipende dalle terze parti e non più dal committente diretto. E’ del tutto evidente che si tratta di una pratica illegale [basta dare una rapida lettura al Codice Civile, senza complicare troppo la vicenda], ma la Partita IVA – senza possibilità di dire alcunché – deve attendere fiduciosa.

In alcuni casi oltre al danno (ritardi nei pagamenti e sospensione della certezza) c’è pure la beffa. Il caso citato qui sopra è di un’impresa che ogni fine anno non sa dove mettere gli utili e si ritrova così in garage tre Porsche intestate all’azienda che l’amministratore delegato usa a turno, quando ne ha voglia. Intanto continua a mettere in calce agli ordini di pagamento tale specifica.

Mi chiedo: perché le società [in Italia] si comportano così con i fornitori più deboli? Non c’è più nessuno con i coglioni, capace di prendersi questo benedetto rischio d’impresa sul lavoro commissionato?

I pagamenti dei professionisti

Il maxiemendamanto alla Finanziaria ha differito gradualmente gli obblighi di tracciabilità dei compensi di artigiani e professionisti. Ha mantenuto il principio, ma vigliaccamante dilatato i tempi di applicazione. Posto che sono a favore della imposizione per legge dei sistemi elettronici di pagamento per talune tipologie di rapporti di lavoro, per esempio quelli business to business o per i compensi elargiti dalle Pubbliche Amministrazioni, c’è ancora una cosa che non capisco.

Sulle modalità ci si accapiglia, ma sui tempi tutti tacciono.  

Da quattro anni esiste una normativa [D.Lgs del 9 ottobre 2002 n. 231, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 23 ottobre 2002] che chiarisce il principio del pagamento delle prestazioni lavorative dei professionisti fissandolo entro 30 giorni dalla data di emissione della fattura. Eppure tutti se ne infischiano allegramente.

Ben vengano i pagamanti via Web, gli assegni e tutto quello che desiderate.. Ma se arrivassero per tempo, sarei anche più tranquillo visto che la Legge già esiste senza maxiemendamenti.