Quotare la scrittura, poche idee e confuse

Si scalda online la disputa intorno ai pagamenti ridicoli per la scrittura di post sui blog nostrani (nel caso specifico 1 euro a post). Luca Sofri e i commentatori del solito post-haiku sul blog di Mantellini pare non abbiano davvero idea di quali pesci pigliare per orientarsi in materia. Stupisce soprattutto il barcamenarsi tra un’idea strana di professionalismo da blogger, quotazione a cottimo, tariffari, giustezza del compenso, tempi di lavoro e (curioso) la totale assenza di valutazioni relative al diritto e alla descrizione onesta di che cosa sia un lavoro.

Se a qualcuno interessa, per converso, queste sono alcune analisi svolte in materia negli ultimi anni. Se proprio siete amanti del tema, c’è anche un mio capitolo dal titolo “Lavorare a che prezzo?” nel saggio Vita da freelance in uscita il 20 aprile per i tipi di Feltrinelli:

 

Ogni tanto mi chiedo, leggendo simili dispute relative al nuovo mondo del lavoro, interpretato a piacere dai blogger italiani: bisogna per forza entrare nel ginepraio della dialettica e delle minchiate Web based a giustificazione di business da Jackpot Economy, scavalcando a pié pari la questione più generale del lavoro? Che cosa avrebbero detto i nostri padri, generazione precedente a quella dei knowledge worker, a chi avesse proposto un pagamento della giornata lavorativa, o della qualità di un’opera, basato sul numero di mattoni usati per tirare su un muro o sulle volte in cui avessero piegato la schiena alla catena di montaggio?