Mondo freelance, ovvero del sommovimento a venire

Vita da freelanceEra il titolo di un capitolo del libro che esce oggi, poi diventato semplicemente Gli outsider del welfare state, più comprensibile a chi non ha seguito le dichiarazioni recenti del Presidente INPS Mastrapasqua.

Oltre a parlare di diritti abbiamo deciso di scrivere un libro ad ampio spettro incrociando temi anche piuttosto differenti tra loro e inserendo frequenti richiami italiani e internazionali a chi si è occupato di lavoro professionale negli ultimi tempi sia da un punto di vista teorico sia, soprattutto, nell’azione quotidiana di difesa e tutela dell’autonomia del mondo freelance. Non ci sono soltanto Weber, Sennett o i dati Istat, troppo semplice. Siamo andati a cercare tra i blog, nelle righe degli ottimi lavori di ricercatori poco noti, raccogliendo testimonianze dirette, in particolare di chi vive l’autonomia con grande passione.

Siamo partiti dal lavoratore per arrivare alle nuove coalizioni, attraversando il terreno difficile del rapporto con la cultura del professionalismo, il tema del precariato e dell’economia che vive di progetti. Abbiamo cercato di capire di più sulla questione dei compensi, guardando anche alla cattiva informazione e al penoso Welfare State che ci ritroviamo, ricordando valore e ricchezza del freelancing, con una parentesi, per contrasto, sul degrado del lavoro dipendente.

Sergio Bologna, Dario Banfi – Vita da freelance (Milano, Feltrinelli 2011, Euro 17,00) esce oggi nelle librerie italiane.

La prima presentazione:
Roma, 28 aprile 2011 c/o la Feltrinelli, P.za Colonna 31/35, h. 18:00.

Un lavoro di sintesi e di proposta verso la coalizione del mondo freelance

Di che cosa si parla in questo libro? Beh, tenete conto che Sergio e io siamo di due generazioni differenti, per cui in primo luogo parliamo di che cosa unisce invece di dividere e come le cose stiano cambiando nell’universo del lavoro postfordista. Il tipico individualismo del lavoratore indipendente, chiuso nella sua casa-ufficio e collegato col mondo soltanto in via remota, oggi sta cambiando, grazie alla spinta dei coworking, delle community online (provate a cercare l’hashtag #freelancing su Twitter: questa è solo la punta di un iceberg!), dell’associazionismo, delle nuove e moderne coalizioni che surclassano il vecchio sindacalismo.

Passando da New York a Londra, da Parigi a Milano, abbiamo inseguito le tracce di un movimento associativo nuovo, che si confronta direttamente con lo Stato e il mercato su questioni fiscali, previdenziali, normative. I lavoratori indipendenti vogliono oggi un riconoscimento del loro ruolo nell’economia della conoscenza. Basti pensare alle azioni di lobby di PCG nel Regno Unito o della Freelancers Union nello Stato di New York e non solo. In Italia c’è ACTA di cui Sergio e io siamo soci attivi.

E come cambia la percezione di un’identità di ceto? I freelancer esistono davvero in Italia? Per rispondere abbiamo affrontato a viso aperto il confronto con la vecchia ideologia borghese del ‘professionalismo’ e dei colletti bianchi tracciando una separazione netta dai tradizionali schemi del lavoro salariato. Siamo convinti che il nuovo mondo delle professioni sarà un mondo di no collar, secondo la felice espressione del sociologo americano Andrew Ross, un mondo di freelance, parola che in origine vuol dire “mercenari”, ma oggi indica milioni di lavoratori in perenne tensione tra libertà e vincoli, tra creatività e conformismo, tra sapere tacito e saperi standardizzati.

Settori importanti del mondo del business (si pensi ai broker online in ambiente anglo-americano) prevedono che questi lavoratori saranno il mainpower del futuro. Da noi le cose sono più complesse, i disegni di legge per creare statuti nuovi del lavoro autonomo o modificare i sistemi di protezione sociale sono impantanati in Parlamento e a dire il vero non sembra che nessuno voglia affrontare sul serio le questioni. In questo libro abbiamo cercato di portare in corto circuito quei sistemi di cattiva rappresentazione del lavoro indipendente, a partire per esempio dal tema dei compensi o della classica e imbecille voglia di assegnare il ruolo di precario a una Partita IVA.

Beh, mi fermo qui. Ovviamente su questo blog passo a passo vi racconterò anche altro. Se vi interessa, vi lascio di seguito una copia dell’Indice dell’opera Vita da freelance. Se cercate info o altro, scrivetemi pure.

Freelancers Union, intervista alla Horowitz

Il Manifesto ieri ha pubblicato una bella intervista a Sara Horowitz a capo della Freelancers Union, sindacato dei lavoratori autonomi negli Usa. Sul tema scrissi (oltre un mese) fa un pezzo sul Sole 24 Ore dal titolo “Un sindacato delle partite IVA. Negli Usa c’è.” Dice la Horowitz:

Il primo passo da fare è la presa di coscienza che i lavoratori indipendenti sono una forza lavoro che hanno diritti negati. È un passaggio necessario, visto che la sinistra tradizionale americana continua a proporre un ritorno al sistema fordista per affrontare le sempre più pesanti condizioni di vita e lavoro degli «indipendenti» o di quella forza-lavoro che spesso in Europa chiamate precaria. Il passaggio successivo sta nel promuovere forme organizzative adeguate a figure lavorative con caratteristiche molto diverse da quelle che hanno invece costituito le organizzazioni sindacali tradizionali.

I riferimenti alle analisi di Richard Florida sono espliciti e così pure il focus sul lavoro intellettuale autonomo. Uno dei temi importanti citati è appunto la tutela della proprietà intellettuale, che è curiosamente anche uno degli elementi chiave emersi nel Primo Congresso dei Freelance 2007 in Italia. C’è poi il problema della disoccupazione, che qui da noi, per gli autonomi, chiameremmo del “reddito di cittadinanza” o del riformismo radicale. Dice la Horowitz:

La nuova forza lavoro è atomizzata, individualizzata e frammentata. Abbiamo così cominciato a parlare tra di noi perché è meglio ritrovarsi insieme che stare ciascuno per conto proprio. Abbiamo così scoperto che ciò che accadeva a ognuno di noi non era un problema individuale ma rispecchiava una condizione generale. Freelancers Union è quindi da considerare un’associazione di mutuo soccorso, di cooperazione….

Ho come l’impressione che non sia troppo distante dalle problematiche italiane. Questa donna mi piace.