Come scrive Giuliano Milani su L’Internazionale di oggi (vedi recensione di “Vita da freelance” riportata sotto) ogni volta che emerge un nuovo gruppo sociale o tipologia di lavoratori sorge spontanea anche la domanda di nuovi diritti. Il mondo dei freelance è proprio lì che attende e è arrivato il tempo di discuterne. Anche Sara Horowitz della Freelancers Union sostiene oggi su The Atlantic che sì, ci siamo entrati in questo periodo storico, e che The Freelance Surge Is the Industrial Revolution of Our Time.
Questa transizione del mondo del lavoro non è niente meno che una rivoluzione, sostiene. “We haven’t seen a shift in the workforce this significant in almost 100 years when we transitioned from an agricultural to an industrial economy. Now, employees are leaving the traditional workplace and opting to piece together a professional life on their own. As of 2005, one-third of our workforce participated in this “freelance economy“.
Che si chiami Gig economy, Freelance Nation, e-conomy, The Rise of the Creative Class, popolo delle Partite Iva o Quinto Stato, poco importa. E’ un fenomeno di massa e con questo dovremo sempre di più fare i conti. Negli Stati Uniti hanno le idee chiare: “The solution will rest with our ability to form networks for exchange and to create political power“. Dice la Horowitz: “I call this new mutualism” e promette di raccontare qualcosa di più nei prossimi articoli su The Atlantic, da tenere sotto osservazione, dunque.