Tagli per acconti di demagogia

Quella del taglio dell’anticipo Irpef è un’incredibile presa per il culo. Scrivo questa parola pur rischiando di inserire il blog nella spirale dello spamming e dei bot che mappano contenuti simili, una cosa che ritengo ben più grave della convinzione sempre più radicata e della dichiarazione ufficiale che la nostra classe politica sia fatta da veri pezzenti nel campo della programmazione economica, che oramai ha fatto della navigazione a vista una regola.

Che cosa c’è che non va?

  1. il taglio dell’anticipo non elimina nulla, lo posticipa di pochi mesi: soltanto chi lavora con partita IVA sa che i flussi di cassa sono talmente irregolari (non c’è un cristiano onesto che paghi oggi a 30 giorni!) che passare da dicembre a giugno non modifica alcunché;
  2. per i professionisti autonomi, con ritenute alla fonte, le cifre sono talmente contenute che l’operazione è a dir poco ridicola, se non addirittura deleteria sotto il profilo dei costi di amministrazione;
  3. si è fatta diventare una riflessione su come agevolare problemi di cash flow nell’ennesima fasulla operazione di lifting per i soliti noti (CNA ecc.), questa volta condita da una campagna informativa incompleta del Centro Studi della CGIA di Mestre che cura gli interessi di artigiani e commercianti, non delle partite IVA in generale;
  4. possibile che il governo consideri soltanto le tasse come elemento di aggravio e i contributi come manna dal cielo? Sono certo che sul prossimo aumento delle aliquote Inps (Gestione separata) annunciate giovedì da Tiraboschi per agevolare l’estenzione dei sussidi per Co.co.pro (roba altresì ridicola e pur sempre parziale a fronte di un innalzamento per tutti) non si muoverà un dito.

UPDATE: Da ACTA arriva anche un breve studio in relazione alle dimensioni di questo acconto. Nella simulazione (.PDF) si dimostra esattamente ciò che dico al punto 2.

Quando il dumping è basato sulla Legge

Qualche giorno fa, chiacchierando di redditi e opportunità che le nuove normative consentono ai freelance e ai lavoratori autonomi per incrementare il proprio business, ho raccolto qualche interessante testimonianza. Due casi di concorrenza sleale favorita esattamente dalla Legge.

I CASO – Lavoratori in regime di minimo (forfettone) contro lavoratore senza minimi.

Immaginate due geometri che lavorano per un condominio. Il primo ha redditi che non superano i minimi previsti dalla Legge per l’applicazione del cosiddetto forfettone. Il secondo li supera. A parità di compenso richiesto il primo può omettere l’IVA, mentre il secondo deve aggiungerla. Il primo costa X, il secondo X+20%. Un condominio (o un qualsiasi cittadino) non recuperando l’IVA quale dei due fornitori sceglierà secondo voi?

II CASO – Pensionati che lavorano contro lavoratore autonomo non pensionato.

Immaginate altri due consulenti in età adulta. Il primo già in pensione, ma che lavora ancora. Per agevolare la sua seconda vita lavorativa lo Stato ha pensato bene di fissare le aliquote contributive per il suo lavoro al 17% dell’imponibile. Il suo diretto concorrente, non ancora in pensione, paga invece il 25,72%  (Cfr. qui). Anche in questo caso, secondo voi, a parità di ricavi che ciascun professionista vuole portare a casa con il medesimo lavoro, quale due due avrà costi più alti per le imprese e dunque minori chance? Che cosa dovrà fare per essere competitivo, se non quello di abbassare i prezzi dovendo pagare più soldi allo Stato?

Possibile che nessuno si sia accorto di queste pessime storture?

TFR, la fine non è per niente nota

Forse non è ancora chiaro a molti, ma le pensioni che ci troveremo in tasca noi 30-40enni saranno una legnata sui denti. Come al solito La Voce.info e la chiarezza di Tito Boeri aiutano a capire perché e che cosa c’entra quella che io chiamo “La tassa generazionale” con la questione della scelta sul TFR.

Si legge nell’articolo:

Per i giovani i tassi di rimpiazzo (ovvero il rapporto tra prima prestazione pensionistica e ultimo salario) delle generazioni che vanno in pensione ora sono irraggiungibili, pur conteggiando trenta o quaranta anni di versamenti al Tfr. Questo perché la pensione pubblica offrirà un rimpiazzo del reddito da lavoro del 35-40 per cento nei casi migliori, contro l’attuale 65-70 per cento. […] Al tempo stesso i giovani sono chiamati a destinare fino a quasi il 50% della propria retribuzione a chi oggi a 57 anni (dopo 35 anni di lavoro) va in pensione. L’aliquota di equilibrio dei lavoratori dipendenti (il contributo che dovrebbe essere pagato per azzerare il deficit dell’Inps) è infatti vicina al 45 per cento. Questo significa che i giovani hanno a disposizione poche risorse da investire in previdenza integrativa. Il Tfr rappresenta per tutte queste ragioni un’opportunità irripetibile. E’ una opzione che va assolutamente esercitata.

Stando ad alcune analisi condotte da Jappelli e Lapadula, citate da Boeri, “un lavoratore su due poi crede che i contributi versati all’Inps alimentino un suo fondo personale cui potrà attingere all’atto del pensionamento”. A me sta cosa non fa molto ridere.

P.S. Ma chi il TFR non lo prende?

Autonomi, nuovi contributi e rappresentanza

Mentre torna in primo piano la Riforma delle Professioni con il Disegno di Legge Mastella (ossantocielo!), passa discretamente sotto silenzio l’aumento delle aliquote INPS per la Gestione Separata previsto con la nuova Legge Finanziaria. Così commenta ACTA, l’Associazione dei Consulenti del Terziario Avanzato (i primi a farne le spese):

Con la nuova Finanziaria si stabilisce un sensibile aumento dei contributi degli iscritti al Fondo INPS Gestione separata “lavoratori parasubordinati”, ovvero di collaboratori a progetto, co.co.co/pro e professionisti con partita Iva. L’ennesima riprova che senza una rappresentanza forte, quando è necessario raccogliere risorse economiche si toccano le categorie più silenziose, senza correre il rischio di suscitare l’opposizione di organizzazioni politicamente forti.

Il motivo del disappunto è evidente. Chi pagherà l’aumento, il professionista o le imprese a cui si presta consulenza? Il disegno di Legge sulla riforma delle Professioni prevede comunque una maggiore attenzione alle associazioni e forse è questo il momento di alzare la voce..

Lunedì 4 Dicembre si fa il punto su questa e su altre questioni che toccano da vicino il lavoro autonomo nel terziario avanzato. L’incontro è organizzato da ACTA e s’intitola “Nuove Professioni a Milano Protagoniste e protagonisti tra Autonomia e Instabilità“. Inizia alle 18:00 al Nuovo Spazio Guicciardi in Via Melloni 3.