Venerdì 17 a Bologna, ore 15.30 a Palazzo RE, ne parlo insieme ad Alessandro Rosina, docente alla Cattolica.
Ci vediamo?
L’evento è organizzato dalle ACLI e vedrà la partecipazione di giovani di tutto il mondo, da Argentina, Belgio, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Lussemburgo, Olanda e Svizzera. Una bella iniziativa aperta a tutti e pensata in particolare per i giovani. qui tutti i dettagli
La presentazione del convegno – a cura delle ACLI
IL LAVORO NELLE SFIDE GLOBALI
Identità, mobilità, radicamento
Dopo 60 anni dalla diaspora che ha connotato in Italia il secondodopoguerra, le ACLI oggi continuano a vivere nei diversi Paesi dove sisono radicate, condividendo – insieme ai valori “antichi” – una nuova condizione comune: quella di una globalizzazione che non conosce soluzioni di continuità, ed è perciò in grado di imporre a tutti indistintamente trasformazioni produttive, logiche mercantili, modelli sociali, soggettivi e familiari inediti. Soprattutto il lavoro che le ACLI hanno difeso e tutelato, con il suo enorme portato di cultura sociale e valore identitario, sembra destinato a scomparire. L’accelerazione dell’evoluzione tecnologica e delle comunicazioni ha impresso al mondo del lavoro trasformazioni profondissime, pari a quelle avvenute neltessuto sociale e familiare. Ciò che si è spezzata è la progressività lineare e continua dei percorsi divita, che vedeva nel lavoro – stabile e per tutta la vita – la tappa di uscita dall’adolescenza e nel matrimonio l’ingresso nell’età adulta, perfezionata subito dopo, con la nascita dei figli, dalla creazione della famiglia.
Il binomio lavoro e identità sociale, sempre faticoso anche nel passato, trova oggi ostacolo – in alcuni Paesi in particolare, tra cui senz’altro l’Italia – nel blocco di quell’ascensore sociale in grado di imprimere dinamicità ai contesti sociali e fiducia ai singoli soggetti. In questo quadro, le giovani generazioni sembrano chiamate a reinventare percorsi e senso della loro esistenza e noi, con loro, a reinterrogarci su ciò che crea oggi tessuto comunitario e politico perl’azione sociale, che da senso e direzione all’impegno, che costruisce prospettive nuove, che offre solidità e solidarietà diverse. L’interrogazione sul senso che può avere oggi il lavoro per un giovane – un giovane uomo, una giovane donna – è anche la domanda su ciò che oggi, fuori dalle tante derive integraliste del nostro tempo, costituisce il senso di identità e appartenenza, tanto più pregnante per generazioni che non hanno vissuto direttamente l’esperienza migratoria, ma che da quella discendono. E che vivono in un mondo dove le diversità non esistono eppure esplodono, dove si è cittadini del mondo ma dove imigliori modelli di integrazione sono falliti. Il lavoro, nella realtà attuale, non sembra più garantire una dimensione comunitaria, quanto piuttosto costringere a percorsi individuali esingolari, distanti e poco comprensibili dalle forme con cui finora si è esercitata la rappresentanza e la tutela dei diritti sul lavoro.
Questo quadro complessivo non può non interrogare le ACLI, nella loro capacità di “farsi nuove” e di “stare al mondo”, di continuare cioè – nelle forme mutate che i cambiamenti esigono –a fare il loro mestiere, sia nei Paesi dove sono radicate le comunità italiane che inquelli dove la presenza aclista ha un segno diverso, in cui la continuità delle relazioni non comporta necessariamente una stabilitàdi presenza.