Riunitevi e partite

Papiny e le riunioni

Riunioni a go-go, all worklife long, si direbbe. Ne parliamo qui, citando la nuova dipendenza dei manager da dispositivi wireless. La questione, presente anche in Italia, fu sollevata dal NYT e ripresa da alcuni blog. Adaptive Path (che cita Scott Berkun), per esempio, è un accanito sostenitore del black-out da comunicazioni mobili durante i meeting.

E si chiede Rosanna su Job24 online: “Vietato perdere tempo nelle riunioni o meglio vietare le riunioni che sono una perdita di tempo?“. Sta di fatto che sempre di più in sala riunioni si chatta, parla, scrive con chi sta fuori. Schizofrenia ipertecnologica o semplice noia? Secondo me è un semplice modo di non perdere tempo quando ci tocca ascoltare cose inutili per ore interminabili…

Telelavoro e sindrome da riunioni

Segnalo la bella analisi di Carlo Alberto Pratesi dell’Università Roma Tre uscita oggi su La Repubblica – Affari & Finanza che spiega i motivi per cui in Italia non decolla ancora il telavoro. Così scrive:

Quello che rende diverse le aziende nell’approccio al telelavoro è la loro cultura organizzativa di base: laddove si è maturata nel tempo una consuetudine alla delega e alla responsabilizzazione, il lavoro a distanza attecchisce bene e senza traumi. Diverso il caso delle organizzazioni più verticistiche dove c’è il “capo” che decide tutto e che crea la sindrome delle riunioni. In quel tipo di aziende occorre sempre incontrare le persone: non bastano le e-mail o le telefonate per avviare un lavoro. Senza un incontro vis a vis nessuna azione viene posta in essere.

Ho sempre pensato che i due mali maggiori della cultura organizzativa moderna fossero la cosiddetta “leadership fuffa” e la deriva del “lifelong meeting”.