Questo sassolino lasciatemelo togliere. Oggi Libero Mercato titola “Il governo farà cassa sugli atipici” (file .TIFF) un pezzo dedicato alla possibile manovra correttiva che consentirà l’innalzamento ulteriore [dopo quello previsto in Finanziaria e attuato con circolare Inps di gennaio] delle aliquote contributive per i lavoratori atipici. Copiando testualmente senza troppi pudori una riflessione (file .PDF) di sei mesi fa di Giuliano Cazzola, l’autore sostiene che aumentare i contributi ai Co.co.pro sia gravoso per i lavoratori parasubordinati. Meglio alzare un tetto “virtuale” dei contributi accantonati e lasciare al tempo la gradualità di un innalzamanto della parte reale di finanziamento. Gli ultraliberali feltriani sostengono in sostanza di fare anticipare allo Stato il futuro “scalone previdenziale” degli atipici!
A parte la coerenza del neoliberista che vuole a ogni costo sparare su questo Governo, manca un elemento del mosaico: perché si devono innalzare i contributi degli atipici? Su questo tema la destra tace o fa finta di niente, arrivando talvolta, paradossalmente, a difendere i lavoratori atipici, appunto in chiave antigovernativa. Dimentica, però, ciò che stanno già pagando gli atipici grazie a politiche completamante fuori linea rispetto agli altri Stati europei: un’ingiusta sperequazione sul costo del lavoro, che classifica come di serie B i lavoratori a termine e parasubordinati. Perché infatti questi devono maturare meno pensione a parità di ore lavorate? Perché devono contribuire a una Gestione Separata [che nei fatti già riversa il capitale accumulato nella Gestione Ordinaria] ora che il meccanismo pensionistico è basato sul sistema a capitalizzazione (contributivo e non più retributivo)?
Ben venga dunque l’allineamento del costo del lavoro nella quota contributiva tra subordinati e atipici per scalzare un meccanismo che penalizza pesantemente due volte [minori redditi e minore pensione maturata] chi vive di discontinuità lavorative. Senza parlare dell’effetto deterrente nei confronti di chi usa il lavoro autonomo semplicemente per abbassare i costi di produzione e non in funzione delle necessità organizzative.
Le questioni più serie a mio avviso sono invece: 1) Quali tutele aggiuntive corrispondono all’aumento delle aliquote previdenziali? Infortuni, indennità e così via. Che cosa ci guadagna un atipico a pagare di più? 2) Come verrà ripartito il carico contributivo? Due terzi per l’impresa, un terzo per il lavoratore, come previsto per l’innalzamento più recente (file .TIFF)? Ma siamo sicuri che le imprese rispeteranno il divieto di abbassare i compensi netti al massimo di un terzo dell’aumento dell’aliquota? 3) E poi di quali compensi stiamo parlando? L’ottimo Temistocle Bussino ha posto la questione in un bell’articolo (file .TIFF) sul Sole 24 ore qualche mese fa, chiedendosi se non sia ora di superare la Legge Biagi (e la circolare 1/2004 del Min. Welfare), che non consente di considerare equiparabili i compensi stabiliti dalla contrattazione nazionale per i lavoratori subordinati con quelli dei lavoratori parasubordinati che svolgono mansioni equivalenti o assimilabili.
Dietro alla manovra sulla previdenza degli atipici c’è di conseguenza una visione a lungo termine, che migliora le tutele più generali di questo tipo di lavoratori. Non è una semplice operazione per fare cassa, ma per parificare lavoro e diritti. E chi grida al lupo, oggi farebbe meglio a spiegarci come si è arrivati a questa necessità quando in Europa il costo del lavoro è suddiviso per fasce di reddito, ma non per categorie. Mentre qui in Italia, chi sta in serie B manca di Tfr, malattia, coperture da infortuni, pensioni più basse, ammortizzatori sociali, ferie pagate, bonus, benefit ecc. Il messaggio di questi anni è chiaro, con l’aumento della precarietà: in serie B ci possono finire tutti, anche chi ha vinto il maggior numero di scudetti. Fa paura (anche ai liberali) questo, vero?
Per la previdenza vedo soluzioni molto distanti.
Robert
Ciao Robert, grazie per la segnalazione. E’ come i rimedi della nonna: sicuro, semplice e ampiamente condivisibile. E poi rivaluta il Capitale più di quanto non facciano la maggior parte dei Fondi in circolazione.