Qui non c’entrano i blog, Internet e tutta la vicenda cara agli impallinatori della carta stampata. La storia è ben diversa. Distante anni luce da chi si diverte a trovare refusi su Corriere.it o agenzie di stampa, oppure a pesare il numero di immagini di scosciate messe in home page. Sto parlando del precariato nel giornalismo nostrano, una materia che non sarebbe male che si conoscesse di più, anche tra chi scrive online.
Per lavoro ho dovuto leggere e recensire (leggi il .PDF) di recente il “Libro Bianco sul Lavoro Nero”, pubblicato dal Centro di Documentazione Giornalistica e mi sono sentito in forte imbarazzo. È regola diffusa infatti che i giornalisti non parlino mai di se stessi sui media. Si sono ritagliati da anni uno splendido spazio di riflessione, ma è prassi comune evitare di portare sul tavolo delle redazioni notizie sul mercato giornalistico. Troppo naive l’autoreferenzialità. La conseguenza? Il sottobosco del mercato del lavoro giornalistico è diventato oramai una selva oscura, dove si trova di tutto, ai limiti della legalità e rigorosamante taciuto al pubblico.