Cottimo digitale per freelance di ventura

Vi ricordate quella scena di Gomorra in cui vengono assegnate lavorazioni di abiti con asta al ribasso? Alla fine la spunta chi fa puro dumping e brucia la concorrenza con una proposta imbattibile, addirittura sottocosto. O perlomeno apparentemente sottocosto perché si scopre in seguito che i lavoratori sono schiavi che dormono sulle macchine per cucire, come ha raccontato anche Report in una memorabile inchiesta che ha perlustrato perfino gli scantinati di Via Paolo Sarpi a Milano.

Ecco, ora spostate tutto su Internet. Chi partecipa alla gare sono i freelance di tutto il mondo e a metterci la posta è un “piccolo imprenditore”, diciamo così, del Kuwait che vuole realizzare un sito dedicato alla squadra di calcio neocampione d’Italia. Tramite un marketplace per freelance cerca un grafico Web che sia in grado di disegnargli un template del Milan che funzioni con WordPress. Guardate la gara (bid) riportata nell’immagine qui sotto (fonte Freelancer.com): si mette sul piatto un budget per un massimo di 250 e un minimo di 30 dollari, un valore al quale si avvicinano alla fine due programmatori, uno del Bangladesh, l’altro dell’Indonesia. Qualcuno propone la consegna del lavoro anche in un giorno. Europei – italiani, spagnoli, inglesi ecc. – e perfino gli indiani sono bruciati in un sol colpo e alcuni offrono collaborazioni pure “alla cieca”, ovvero senza anticipi (milestones).

Freelancer.com

Questo è un caso specifico, ma se ne trovano a migliaia sul Web. Non tutti broker di lavoro freelance – di cui ho parlato di recente (Cfr. lo speciale per Il Corriere delle Comunicazioni) – usano il metodo delle aste inverse. Freelancer.com sembra il più spudorato, ma non è il solo. I più offrono progetti aperti a offerte multiple, ma trasmesse al buio. Per un programmatore australiano cambia poco, è vero, quando deve vedersela con vietnamiti o cingalesi, ma un limite pare ci sia in queste gare globali, vero ritorno del cottimo (digitale) e “nuovo taylorismo per millenials”. Questi sistemi non utilizzano la vergogna del crowdsourcing, ovvero della gara aperta e perfino realizzata, con opere finali messe all’asta (e perdita secca di ore lavoro di tutti i partecipanti che non vincono). E’ un limite, minimo, ma c’è, anche se non mi fa impazzire. I soldi arrivano, i lavori sono consegnati in tempo. Il sistema, a onor del vero, funziona e non pare che ci sia nulla in grado di fermarne il progresso. A molte parti il gioco piace.

E’ un’immigrazione lavorativa silenziosa, ma sedentaria, che si muove nel confine del lavoro intellettuale, là dove i territori sono tracciati da saperi condivisi e dunque aperti alla concorrenza dei freelance di tutto il mondo, che riversano nel costo del lavoro quello della vita nel Paese in cui risiedono. E’ una diga aperta, i confini geografici sono rimossi dal protocollo Http, i lavoratori si ritrovano sulla medesima piazza e basta che sappiano parlare un po’ di inglese e usare i tool dei marketplace per entrare in competizione. Il vero freno, per ora, è la conoscenza linguistica dei committenti: i nostri signori Rossi e Brambilla non hanno ancora capito del tutto o temono di non saper gestire progetti in remoto.

Il segno di un profondo e radicale cambiamento, però, c’è ed è ben visibile e presto dovremo fare i conti teorici e pratici con questo modo di pensare il lavoro. Le domande alle quali dovremo presto far fronte sono: quale distanza e assenza di controllo sarà accettata da freelance e committenti nel nuovo lavoro mediato da Internet? e qual è la vera natura, la qualità del lavoro, alla quale non si può rinunciare anche di fronte allo sbaraglio totale delle regole di ingaggio e al dumping sul costo del lavoro?

Marketplace per freelance, universo in espansione

Crescono a un ritmo di +20% al mese, con una progressione impressionante. Sono i portali per freelance, dove si trova lavoro e committenti direttamente via Web. Da Freelancer a oDesk, passando per Elance.com e per l’inglese PeoplePerHour, è un mondo che si sta espandendo con facilità, quasi senza freno. Non è tutto semplice e perfetto, anzi ha tutta l’aria di essere una nuova forma di taylorismo digitale, dove emerge la forma del cottimo e si trovano aste a ribasso e gli europei, in competizione con il mercato asiatico, si prendono una sonora batosta. Interessante il caso di Twago, che qualcosa da dire alle comunità italiane ce l’ha.

Corriere Comunicazioni

Ho cercato di fare il punto della situazione internazionale in un Paginone del Corriere delle Comunicazioni (il n. 12 appena uscito), con un’intervista anche a Silva Foglia di Twago. Se ti interessa, scarica e leggi il PDF con quattro articoli di approfondimento, o leggi l’apertura in questo articolo online: “Fenomeno marketplace, caccia grossa al freelance”.

Corriere delle Comunicazioni n.12 / 2011