No. Ma che cosa ti credi? Lavora, sei alle dipendenze, mica al bar! Un utile approfondimento si trova oggi sul Sole 24 Ore in due articoli: “Troppo Facebook il posto è a rischio” e “Decalogo dei giudici per chi usa Facebook in ufficio (e non rischiare di perdere il posto)“. Questo il punto chiave:
Si tratta di tempo impiegato in un’attività extralavorativa durante l’orario di lavoro e quindi sottratto alla prestazione contrattualmente dovuta al datore di lavoro. È stata coniata al riguardo l’espressione “assenteismo virtuale”.
Non c’è scritto, ma sono certo che la stessa cosa valga per Twitter & Co. Interessanti anche alcune note a margine: chi fa selezione per conto delle aziende non potrebbe cercare informazioni riservate o dati sensisbili attraverso Facebook per giudicare i candidati, sarebbe perseguibile penalmente per violazione dello Statuto dei Lavoratori. Tze, campa cavallo.
Ciao,
ottimo post. Sta di fatto che però ormai l’account sui social media è ubiquitous -sempre presente, quindi il datore di lavoro intelligente crea una linea di guida, una policy su come usare i social media quando si è al lavoro. Una sorta di do & don’ts. La migliore strategia secondo me è di lasciare che i dipendenti usano social media networks, chiederli cmq di evangelizzare per l’azienda e poi magari dare tempi limiti o creare delle benchmark guidelines per accertarsi che il lavoro non soffri, la performance. Buon dì. :) Dea
Concordo. In effetti è quanto suggerito anche negli articoli linkati.. Grazie.
provate con
http://www.make-me-invisible.com
funziona benissssssimo