Se c’è arrivato anche Panorama può significare soltanto due cose: 1) il fenomeno è talmente grave che può essere usato come informazione/comunicazione a danno dell’attuale governo di sinistra (nei cinque anni precedenti, si vede, non era altrettanto significativo); 2) si devono avere bende molto spesse sugli occhi per non capire che qualcosa sta realmente cambiando in Italia sotto il profilo dell’uso massivo dei contratti a tempo determinato e delle diverse formule di lavoro parasubordinato e autonomo (falso o vero che sia). Questo un sommarrietto del servizio pubblicato oggi:
Collaboratori occasionali e a progetto, partite Iva, stagionali, autonomi parasubordinati. In una parola: precari. Due leggi e una manciata d’anni hanno rivoluzionato il mercato del lavoro: ciò che per i genitori dei ventenni d’oggi era la regola (il posto fisso) è diventato l’eccezione. E Viceversa. Quasi il 15% dei lavoratori occupato e fatto di precari. E quella del dipendente atipico è una condizione umana, oltre che lavorativa, sulla quale si esercitano sociologi, economisti e romanzieri. Ma il futuro dei giovani d’oggi è inevitabilmente legato alla precarietà?
L’articolo “Precari a tempo indeterminato” di Valeria Gandus è ben confezionato e va letto. Racconta storie, presenta i numeri del cambiamento e interroga le persone giuste. Se devo muovere un appunto, manca però la distinzione di almeno due elementi: 1) le strade verso la stabilizzazione; 2) la differenza tra atipici e precari o, per esempio, tra professionisti con partita Iva e lavoro somministrato, cosa molto grave per un giornalista del lavoro.
P.S. Vi siete mai chiesti come mai nei servizi sulla precarietà nessun giornalista parla mai dei giornalisti? Stando al Libro Bianco sul Lavoro Nero nel giornalismo (di cui parlerò tra qualche giorno..), il settore è secondo soltanto a edilizia e agricoltura in quanto a irregolarità conclamate…
So cosa voglia dire precariato l’ho provato sulla mia pelle….. commessa con contratto in partecipazione, non dico altro quando mi andava bene prendevo 900 euro ma quando andava male 500 euro… nienti diritti solo doveri, ma sai cosa mi lascia l’amaro in bocca che non ho avuto la possibilità di un futuro di crearmi un futuro…. come potevo? Che se ne parli, ed ancora ed ancora. Unica speranza: che qualcosa può cambiare!
Hai ragione, leone73, è necessario parlare delle forme di precariato che esistono. Bisogna portarle allo scoperto. Così come è importante descrivere e raccontare le storie, le differenze e la particolarità di ogni vicenda.
Senza testimonianze concrete si è portati ad affermare che “esiste il precariato in generale” e questo non va bene, perché aiuta persino a rinforzarlo. Diventa quasi una scusante per chi offre lavoro che si convince del fatto che oramai il precariato è una forma diffusa e accettata. Bisogna invece parlarne in dettaglio. E bisogna ritornare a parlare anche dei percorsi virtuosi di inserimento al lavoro distinguendoli nettamante dalle porcherie inaccettabili..
Grazie per la tua testimonianza. In bocca al lupo.