Mi si nota di più se non ci sono?

Una volta tanto al dilemma morettiano si può dare una risposta semplice. Se ti si nota di più stando fuori da Internet, si può dire “No, non ti si nota affatto!”, anzi nessuno verrebbe a sapere chi sei. Non esisteresti. Il Web è ben altra cosa da una festa tra amici.

In questi giorni, lavorando su alcuni testi dedicati alla sicurezza informatica, mi sono imbattutto in un modello econometrico interessante e che rovescia il classico modo di calcolare il ritorno degli investimenti (ROI) e mi è venuta la tentazione di trasporre la stessa logica a chi c’è e chi non c’è su Internet. Chi ha un blog e chi non ce l’ha. Così, giusto per valutare l’impatto che potrebbe avere sul rapporto con il proprio lavoro e il modo di aumentare la visibilità della propria posizione e delle proprie competenze.

Il modello è il RROI, ovvero il Reduced Risk on Investiment. In pratica formalizza l’idea che senza dovute cautele (investimenti) ci si potrebbe imbattere in inconvenienti che producono danni maggiori dell’investimento previsto per prevenirli. La formula è questa:

Reduced Risk on Investiment

dove Va è il Valore dell’assett “a”; Pac è la Probabilità di un incidente in assenza di contromisure;  Ppc è la Probabilità di un incidente in presenza di contromisureC è il Costo della contromisura. Da cui si deduce che si deve investire sempre meno del valore dell’asset e che assumere contromisure deve ridurre effettivamente i rischi.

Ora proviamo ad applicare la stessa teoria all’avere o non avere un blog, mantenendo per un momento la metafora informatica. Visto che non è semplice quantificare in positivo quali vantaggi porti avere un blog [tranne per chi incamera introiti da pubblicità], ragioniamo al contrario. Calcoliamo i rischi di non averlo.

Le premesse sono:
1) siamo in un contesto dato (per l’informatica è: abbiamo investito in un sacco di strumenti hardware e software), ovvero esistono asset specifici da tutelare, come per esempio la nostra posizione in un contesto lavorativo o sociale, il nostro percorso di carriera e gli obiettivi personali e professionali non ancora raggiunti;
2) i nostri asset [=noi] guadagnano o perdono valore anche in base alle relazioni nel contesto dato (i nostri server parlano con Internet, noi socializziamo ecc.);
3) il nostro ambiente è aperto e variabile (non lavoriamo su reti LAN, ma in un mercato).

La nuova formula è:

Blog RROI

dove RROi sta per Reduced Risk of (In)visibility. Va è il Valore dell’assett “a”, ovvero noi, come somma di conoscenze, competenze, capacità di formulare opinioni e valutazioni; Pab è la Probabilità di scomparire in assenza di un blog personale;  Ppb è la Probabilità di scomparire in presenza di un blog personaleC è il Costo della contromisura (ovvero il tempo e il costo di questo tempo che dedichiamo al blog).

Da cui si deduce che: a) si deve investire sempre meno tempo/denaro di quello utile alla definizione dell’asset NOI; b) per ridurre il rischio di essere un illustre nessuno senza un blog occorre anche fare in modo che questo non riduca la visibilità o la peggiori, come nel caso di blog fatti con i piedi o dove si trovino pessimi contenuti.

E se questo modello ha qualche fondo di verità sarebbe interessante studiare anche tre casi:
1) RROi = 1 ovvero Va e C equivalgono, il Valore dell’asset è uguale all’attività fatta con il blog (per esempio chi viene identificato con il suo/suoi blog);
2) RROi < 1 ovvero si investe sul blog, ma si possiede un Va di partenza inferiore (per esempio chi si deve costruire una reputazione senza averla);
3) RROi = infinito, ovvero C = 0, che vale per chi è sostanzialmente pagato per bloggare o lo fa a spese di altre attività che coprono questo costo.

Sono tre casi limite, ma interessanti. Ovviamente tutto ciò si applica a chi vive di relazioni, non al ragionier Filini, che non ha alcun interesse a rivalutare Va o vive in un sistema chiuso (caste, sistemi di protettorato basati su raccomandazioni, mercati monopolistici ecc.) che definisce Va per rapporti differenziali interni e che non conosce problematiche come “mettersi alla prova”, “rischiare” o “valutare i meriti in un contesto pubblico e condiviso”.

Ultima modifica: 2008-04-21T12:30:32+02:00 Autore: Dario Banfi

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