I furbetti del diritto d’autore

Chiamatela se volete inchiappettata o con termine ancora più volgare, se desiderate, ma il concetto è proprio quello lì. Parlo del pagamento della previdenza giornalistica per i lavoratori autonomi (nota ai più come Inpgi2). Visto che siamo in periodo caldo, beccatevi sto post sulla pensione dei freelance.

Una premessa per chi non conoscesse i dettagli: noi giornalisti freelance siamo tenuti a fare un’autocertificazione in questo periodo relativa al reddito maturato nell’anno precedente [si prendono i valori dell’Unico o del Modello 730] e sulla base di questa Inpgi 2 calcola la parte di contribuzione che dobbiamo versare. L’attività giornalistica autonoma prevede che i committenti versino il 2% del valore lordo del lavoro svolto ai freelance e poi questi (incassata la quota) la riversino a Inpgi 2, aggiungendo un ulteriore 10% calcolato sul valore netto del lavoro svolto. Si lascia cioè al lavoratore autonomo il compito di richiedere ai committenti la loro parte di quota contributiva. Una follia, se ci pensate, visti i tempi. Così come è assurdo che al giornalista spetti pagare 5 volte (circa) quello che paga il committente. Ma tant’è. Lasciamo perdere [per ora].

Il vero inghippo sta, però, altrove. In questa serie di norme per il calcolo dei valori netti e lordi del proprio reddito ai fini dell’autocertificazione:

VALORI NETTI

Istruzioni per pagare l’INPGI 2 - Determinazione Reddito NETTO

VALORI LORDI

Istruzioni per pagare l’INPGI 2 - Determinazione Reddito LORDO

Le evidenze in giallo sono mie e mostrano come nel computo del reddito tassato rientrino i “Proventi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno“. A qualcuno non dirà nulla, ma a casa mia significa attività giornalistiche pagate con la formula della cessione del diritto d’autore. Questo tipo di lavori rientra nel reddito su cui Inpgi 2 calcola le quote da versare. Se non dichiaro deliberatamente il falso, ho l’obbligo cioè di versare su questi tipo di lavoro il 2% del valore lordo (che mi ha dato direttamente l’editore) e il 10% sul netto, che tocca scucire di tasca mia.

Accade, però, molto spesso che L’EDITORE NON PAGHI IL 2%. Per esempio, a me Il Sole 24 Ore o Feltrinelli/Apogeo, per citare nomi noti, non me lo pagano. Why?

I motivi sono complessi (ci sono anni di dispute tra l’Ordine dei giornalisti, o meglio Franco Abruzzo – finalmente fuori gioco – e l’Inpgi su questo tema che mi si consumerebbero le dita a riassumere). [Per i più duri di stomaco si veda comunque qui, qui e qui]. La questione – brevemente – si pone per me in questi termini: 1) per anni si è litigato sull’obbligo di iscriversi a Inpgi 2 quando si tratta di collaborazioni occasionali [che per legge arrivano fino a 5.000 euro] pagate con la cessione del diritto d’autore. Ancora non è chiaro, però, chi abbia ragione; 2) chi non supera questa cifra potrebbe (condizionale!) non iscriversi e dunque non pagare quote previdenziali; 3) gli editori che non mi pagano il 2% affermano che non superando io valori di 5.000 euro in un anno (collaborazione occasionale, dunque) potrei non iscrivermi a Inpgi 2. Dunque, non essendoci l’obbligo di iscrizione, non mi versano la quota del 2%! Un giro complesso per dire che su lavori occasionali col piffero che aggiungono il 2%.

Ok, io però sono già iscritto a Inpgi 2. Svolgo attività continuativa ed esclusiva (sono professionista) di lavoro autonomo. L’Istituto mi chiede di conseguenza quote sulla SOMMA DI OGNI LAVORO SVOLTO, indipendentemente dal fatto se gli editori mi paghino il 2% o se siano singolarmente da considerare lavori occasionali. Conclusione: PAGO IO LE QUOTE DEGLI EDITORI.

Le alternative? a) Rompere le palle agli editori. Già fatto. Orecchie da mercanti, semplicemente non pagano. 2) Dichiarare il falso; 3) Come mi ha suggerito [dopo che mi ha compilato il modello INPGI 2, sto furbo!] il commercialista, avrei (io, non lui che compilava) dovuto stralciare i pagamenti con cessione del diritto d’autore sotto i 5.000 euro dalla dichiarazione [a mo’ di “protesta contributiva” contro Inpgi 2] e sperare che non esca in futuro un’ispezione Inpgi. Certo, paga lui la multa poi.

Tutto questo perverso meccanismo lascia senza parole. Considerate soltanto di quali cifre risibili stiamo parlando: briciole per ogni singolo autore, del tutto inutili per costruire una pensione. Pagnotte, però, per gli editori, i furbetti del diritto d’autore, che sommando questi valori risparmiano notevoli cifre in contributi previdenziali per i freelance.

Come risolvere allora la questione? Sulla carta sarebbe opportuno condividere le proposte di Senza Bavaglio, che richiedono: a) il ripristino della suddivisione contributiva prevista dalla legge per l’Inps ( 2/3 a carico dei committenti e 1/3 a carico del lavoratore); b) l’obbligo del versamento dei contributi direttamente dal Committente all’Inpgi; c) l’adeguamento della percentuale contributiva ai parametri Inps, al fine di garantire una pensione dignitosa. In pratica, però, oggi non c’è soluzione. Tocca pagare interamente la propria pensione!

Mentre si discute di scalini per i lavoratori dipendenti, i giornalisti freelance sono su gradoni che vanno verso il basso. E gli editori ciurlano nel manico. Zitti, zitti non pagano.

Ultima modifica: 2007-07-05T15:34:08+02:00 Autore: Dario Banfi

0 commenti su “I furbetti del diritto d’autore”

  1. Interessantissimo. Tutto vero, purtroppo. In proposito sarei curioso di sapere il sindacato che fa. Di chiacchiere ne fa già abbastanza.

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