[Sono rimasto un po’ indietro con le cronache. Eccovi alcune lezioni. A seguire l’ultima e chiudo. La Borsa che mi è sta concessa prevedeva la possibilità di seguire soltanto uno dei quattro moduli (“Analisi investigativa”) del Corso per una durata di 90 ore.]
Lezioni dell’11 e 12 luglio. Roberta Bruzzone tiene banco per due giorni. Uno, però, me lo perdo. Bella presenza, capelli lunghi e sciolti, molto diretta con l’aula, Roberta, esperta in psicologia investigativa e forense, punta le lezioni sul criminal profiling, dedicando le due giornate a suicidi e crimini legati alla pedofilia e, il sabato, agli omicidi. Non mancano fotografie e casi di studio, diciamo raccapriccianti con un eufemismo. Non sono decisamente abituato e il mio stomaco soffre. L’aspetto più affascinante a ogni modo è l’esistenza di regole di analisi e la volontà di tracciare schemi (pattern) da associare alla psicologia criminale.
Non è comunque il mio campo e assisto abbastanza passivo. Non mi sono mai occupato di cronaca e forse è tardi per farlo, ma apprezzo la passione e la durezza di chi sa affrontare scientificamente materie che altrimenti sarebbero tritate come spazzatura e sfruttate soltanto in termini spettacolari dai Taormina e Vespa di turno. Più dei contenuti ho apprezzato l’impegno della Bruzzone.
Lezione di venerdì 18 luglio. È dedicata alla criminalità transazionale organizzata. Ne parla Fabio Mini, generale di Corpo d’Armata, un militare anomalo, con una lenzuolata di esperienze in curriculum (tra le quali anche in Kosovo). Scrive su La Repubblica e Corriere della Sera. Parla molto apertamente, iniziando dalla capacità di riconoscere e analizzare oggi le giuste minacce. Spesso, sostiene, “se tutto ciò che hai è un martello, tutto ciò che vedi è un chiodo“. Il problema più classico: la sicurezza interna degli Stati. Sullo sfondo ci sono la crescita demografica, l’espansione delle grandi città, il PIL/pro capite (per Mini un valore spesso per nulla indicativo), le migrazioni, i traffici illeciti e la stabilità politica. La paura degli extracomunitari, per esempio, è una fobia senza senso. Fabio Mini cita The Failed State Index 2008 elaborato da Foreignpolicy.com e mostra questa bella mappa sul traffico mondiale legato alla criminalità. Sono le dinamiche globali a dovere creare allarme, non la microcriminalità.
Nel mondo non ci sono paletti o reali frontiere fisiche, ma altre delimitazioni da comprendere. Sono quelle rappresentate dai clan che amministrano i territori. Mini parla di “5 Mediterranei”: il Golfo del Messico; quello nigeriano; la zona dell’Afghanistan e del Pakistan; l’Indocina insieme alla Cambogia; e il Mediterraneo. In queste aree si concentra il maggior traffico di stupefacenti, migranti irregolari ecc. Non è un caso che il 95% delle forze armate mondiali sia stanziato lungo un arco – il cosiddetto arco militarizzato – che copre 4 di questi 5 punti. La Nigeria, del tutto ingovernabile militarmente, ne sta fuori.
Oggi purtroppo prevalgono gli strumenti militari su quelli diplomatici, ma è un’aberrazione secondo Mini e se lo dice un Generale tutto suona certamente più vero. Esistono rotte della destabilizzazione, della prostituzione e della corruzione: le proposte concrete basate su scelte politiche internazionali sono assai poche. Mini ricorda quella di Pino Arlacchi in sede Onu (per l’azione cosiddetta War on Drugs): foraggiare con 25 mln di dollari il regime talebano per ridurre la coltivazione di oppio. Il senatore venne fortemente criticato, eppure l’Italia continua a essere un hub di primo livello per l’interscambio dei “prodotti” afghani. Si è preferita l’azione militare negli ultimi anni, ma con quali risultati?
Mini passa poi al tema dei Balcani, al Kosovo e alla questione terrorismo. Parla prima dell’intervento Nato. La KFOR – racconta – fece l’errore iniziale di posizionarsi sul territorio esattamente secondo le suddivisioni delle cosche kosovare, creando di fatto un sistema di protezione degli stessi feudi dei clan. In seguito le forze militari cambiarono assetto. Il controllo in Kosovo ebbe una forte valenza geografica, ma esiste secondo Mini anche un’altra forma più subdola, ovvero quella sulla cultura e sulla persona (parla espressamente di “controllo delle menti“).
Il terrorismo, ricorda Mini, ha messo in scacco la politica militare. La controparte del soldato oggi non è più un altro soldato. Chi è realmente? Le strategie della punizione (strategia del dominio aereo di Douhet/Herris, le sanzioni economiche e via discorrendo…) non funzionano! La baionetta è oramai uno strumento obsoleto.
Il lungo excursus di Mini si chiude infine su due temi: 1) i modelli dell’economia criminale, paradossalmente in linea perfetta con i dettami di molte multinazionali (= muovere la produzione da una nazione all’altra alla ricerca di mano d’opera meno costosa; realizzare economie di scala; eludere, se non addirittura evadere, le tasse ecc.); 2) le organizzazioni criminali cinesi (Triadi) e asiatiche, i loro simboli, la cultura di base, i segni distintivi e gli obiettivi criminali. In breve: tutto fottutamente interessante!
Lezione di sabato 19 luglio. È suddivisa in due parti. La prima – di cui parliamo nel prossimo post – è dedicata all’uso di un software per la rappresentazione di dati statistici, ovvero Arc GIS della Esri. Nella seconda, interviene nuovamente il giudice Guido Salvini, che dopo avere concluso le parti di Diritto penale passa al tema più intrigante del terrorismo interno. La lezione è assai bella. Si parte dalla ripartizione storica dei periodi del terrorismo in Italia e dalla motivazioni che lo distinguono dai movimenti di altri Paesi (Spagna, Irlanda ecc.).
Salvini si sofferma sulle fasi preterroristiche, per esempio in Trentino-Alto Adige, dove crearono un proprio “laboratorio” anche i servizi segreti deviati. Bellissimo l’excursus sul caso Mattei (1962) dove è sempre più accreditata la pista del terrorismo di destra, legato a servizi segreti e perfino all’OAS algerino. Geniale l’azione di un GIP che ha fatto leggere il labiale di un contadino intervistato in un servizio televisivo dell’epoca in cui i servizi segreti fecero tagliare l’audio perché dichiarava di avere sentito un boato in aria (accreditando la pista di una bomba!) prima dello schianto al suolo del velivolo su cui c’era Mattei.
In questa prima parte [la prossima sarà sul terrorismo post anni ’70] Salvini cita un precedente caso di insabbiamento da parte dei servizi segreti. È la vicenda dell’Armadio della vergogna, in cui si nascosero per 39 anni i fascicoli dei peggiori eccidi fascisti [lascio la spiegazione del caso a Wikipedia…]. Salvini porta in aula una fotocopia di questo documento…
…e chiede: “Qualcuno conosce il significato di ‘archiviazione provvisoria’“? Silenzio in aula: non esiste infatti! Questa porcata processuale costò la verità sui peggiori crimini del regime fascista. Il documento è di eccezionale valore.
Un’ultima riflessione su questi due giorni. Soltanto chi ha passione per la giustizia o per la verità rimette sempre e comunque in moto la macchina informativa e/o giudiziaria per fare luce su crimini, fatti anomali, inesattezze storiche o fatti palesemente illegali. Anche questa è una lezione di stile per chi ama il giornalismo, in special modo investigativo, e di questo ringrazio Salvini. Non è soltanto la teoria a corroborare ragioni e tecniche.
E’ la motivazione, prima di ogni cosa, che muove la penna, fa alzare il telefono, spinge a mettersi in gioco e a chiedere perché e come sia possibile.