Voce collettiva

“Cancellato” da cancello, sbarramento, ostacolo. Cassato con sfregi che ne deturpano l’immagine scritta, le tracce. Cancellato perché rimosso e perduto, dimenticabile, emendabile, inutile, debole. Cancellato dalla vista, spostato altrove, non-si-sa-dove. Meglio lontano, perché sia presto scordato. Depennato, annullato, eliminato.

Questa semantica appartiene faziosamente alla realtà. Poi c’è la narrazione e c’è Internet.

I molti che stanno perdendo il lavoro in questi mesi o vivono da anni condizioni instabili di lavoro se ne sono accorti. Stanno scrivendo, lasciando tracce di questo momento storico, con una narrazione collettiva che non ha precedenti e forse ancora non ce ne siamo accorti. L’esperimento che fu di Beppe Grillo e da cui nacque anche il libro “Schiavi moderni”, oggi è replicato da La Repubblica (500 post in due giorni!), dall’Unità e da molti blog collettivi, soprattutto legati ad ambienti universitari o di lavoratori del pubblico impiego.

È bello scoprire come la forza della Rete sia anche questa, legata alla volontà di rimettere in vita tracce e percorsi narrativi, riscrivendo una verità che soltanto con una voce collettiva può trovare la migliore esposizione. Storie cancellate nella presunzione che la singolarità di una vicenda personale si annacqui nel tempo, ritornano a galla e, per quanto conti, rimarranno a disposizione del confronto sociale, indicizzate sul Web finché qualche server non tirerà le cuoia.

Update: qui il commento di Luciano Gallino al diluvio di racconti comparsi su Repubblica.it.