Le idee sono fatte per essere sprecate

Lo diceva Salvador Dalì, come ricorda Pasquale Diaferia nel suo discorso fatto alla giornata ADCI dedicata ai freelance. Il testo del suo bell’intervento è disponibile sul sito BolleBlu, blog dedicato al mondo dei creativi indipendenti. Da leggere anche i commenti dell’autore ai lettori del suo intervento, che aggiungono ulteriore valore. Un esempio molto bello di idee per nulla sprecate, ma discusse apertamente.

Mi permetto di citare liberamente la parte dell’intervento di Diaferia (che ringrazio per la chiarezza) che ho più apprezzato: una sorta di “pentalogo del lavoro autonomo“. Regole non soltanto di buon senso:

La prima è non farsi chiamare Freelance.
Cosa vi direbbe un avvocato o un medico se lo chiamaste così? Vi risponderebbe che lui è un libero professionista, o un professionista associato. Pensate che fotografi e illustratori sono creativi quanto noi, sono davvero lance libere, perché sarebbe inconcepibile una dimensione impiegatizia di questi mestieri. Ma nessuno li chiama freelance. Che freelance diventi una parola del passato. D’ora in poi parlerò di creativi indipendenti.

Il secondo invito è a non rispondere alla chiamata delle agenzie o dei clienti in maniera indiscriminata e immediata.
Telefonate a un avvocato o a un medico. Anche se avete un ascesso o siete in galera, vi diranno di aspettare e non preoccuparvi. Arriveranno quando hanno finito di fare quello che stanno facendo. O dovrete andare voi da loro. Vi invito quindi a opporvi. Non correte a tappare i buchi delle agenzie. Se vi chiamano è perché non hanno nessuno che risolva il problema. O peggio ancora, sono mesi che ci lavorano e non hanno trovato la soluzione. Lo stesso dicasi per il rapporto con i commitenti. Le mie più belle campagne sono nate quando ho detto al cliente che voleva una presentazione in tre giorni: “ Non posso presentare prima di tre settimane!”.

Il terzo suggerimento, collegato al secondo, è firmare sempre il proprio lavoro. Buffo, perché di solito noi vogliamo che il logo del cliente sia sempre più piccolo, eppure da oggi vogliamo che i nostri nomi siano sempre più grandi. Perché così si capisca che siamo noi, il valore. In alternativa, se non vogliono farci firmare, pagheranno più soldi del prezzo di mercato.

La quarta considerazione, conseguente alla terza, è non regalare mai il proprio talento.
E’ l’unico valore presente su un mercato ormai di tipo impiegatizio. Se proprio volete, regalatelo soltanto a quelle agenzie e a quei clienti che vi hanno dato così tanto fatturato e fiducia da meritarsi un investimento nei loro confronti. Se, invece, regaliamo il nostro lavoro a tutti, ci facciamo carico noi del loro rischio imprenditoriale. Quello che è gratis, è percepito come povero. E se perdono valore le nostre idee, anche noi siamo di minor pregio. E anche se è vero che le idee a noi non costano fatica, impariamo a farcele pagare. Sempre.

L’invito finale di questo strampalato pentalogo è a non tenere in generale un atteggiamento depresso, tipico dei perdenti.
Avete la dignità di professionisti iperspecialistici, su un mercato in cui voi potete dettare le regole perché non avete i costi di quelle agenzie che fanno fatica ad arrivare alla fine dell’anno […] Continuate a studiare e a migliorarvi, con entusiamo. Parola greca importante, che descrive quel demone o quel dio che produce idee dentro di noi. Quindi lavorate meno ma con più passione. Prendere progetti che vi aiutino a costruire la vostra personalità. Non svendetevi perché dovete pagare il mutuo del bilocale. Prendete solo lavori che vi permetteranno di comprare in contanti un castello. I lavori gratuiti o in dumping, fateli fare alle agenzie, o a quelli che vorranno continuare a farsi chiamare freelance e a essere depressi. Se serve, nel frattempo servite da MacDonald.

Creativa è la classe

Corteggiatissima, la classe creativa ogni tanto alza la testa. Non per vanità – credo che i proclami di W. Veltroni (si veda il pamphlet “Un piano per sostenere la classe creativa” pubblicato sul Sole 24 Ore, in luglio, e il commento di Alberto Abruzzese) o i siti vetrina dell’Ulivo non abbiano sortito effetti di rilievo – ma per necessità. Per prendere aria.

Molte risposte parziali al perché questo sia necessario, almeno per il mondo della ricerca, si trovano raccontate scientificamente in Intelligenze Fuggitive (a cura di Gigi Roggero), testo neppure troppo datato. Senza complicare troppo la questione :-) c’è anche un livello più banale ed è quello dell’organizzazione e dell’esercizio libero del proprio lavoro e della tutela dei propri diritti.

Primo Congresso Freelance 2007 - ADCI

Temi che ieri hanno raccolto nell’Aula Magna del NABA – Nuova Accademia delle Belle Arti di Milano oltre 250 creativi indipendenti che nell’epoca della “manodopera intellettuale a basso costo” rischiano di farsi travolgere dallo shopping sfrenato di idee che l’impresa markettara di oggi tritura senza sosta.

[Illustrazione di Lucilla Lanzoni, art director milanese]

Su JOBtalk ho riportato alcuni spunti emersi durante il “Primo Congresso dei Freelance 2007” (qui vi lascio una versione estesa dell’articolo in formato .PDF).

Il problema è il solito: acquisire una posizione competitiva come lavoratori autonomi. Sul fronte dell’innovazione i creativi non hanno nulla da imparare. Si auto organizzano, eliminando perfino barriere fisiche e uffici. Si veda il bel servizio [che mi ha segnalato Anna, grazie!] riportato su D-Web sulla nuova famiglia di “Digital Bohème”, (alle pagine 130-1, 132-3 e 134 del numero 566 del Magazine). Ma la questione della tutela della professione è molto diversa. L’Art Directors Club Italiano ha deciso di promuovere per loro una nuova associazione che supporti il lavoro dei freelance attivi nel segmento della creatività (moda, design, pubblicità). Sul blog BolleBlu e su quello di ADCI si possono trovare maggiori dettagli e seguirne le evoluzioni.

[Last but not least. Segnalo agli appassionati del tema “freelance” due bellissime ricerche appena pubblicate nel Regno Unito sulla consistenza del business generato dai creativi di Londra e sul salario e le condizioni dei “solo workers”, i lavoratori autonomi. I due studi (in .PDF) sono “London’s Creative Sector: 2007” e “Freelance and Interim Salary & Benefits Survey“, quest’ultimo una vera chicca per capire le retribuzioni in UK, recruiting, longevità e motivazioni dei freelance. Fonte Web: qui]

Creative CampP.S. Stavo quasi dimenticando. A chi interessa [a me no, per esempio], e di tutt’altro genere, sabato 6 ott. si tiene l’ennesimo camp. Questa volta Creativo.