Stabilizzazioni: perdere il posto o il passato da rivendicare?

Stabilizzazione, 19 giorni alla deadline (se non vi saranno proroghe). A che punto siamo?

Come già ricordato in un post precedente il 30 aprile si chiude la finestra per richiedere la stabilizzazione dei lavoratori precari. A fianco dell’inspiegabile titubanza di questo governo nel rendere chiare le condizioni, emerge anche un secondo elemento di riflessione. Ne parla Il Manifesto (file .TIFF), citando il caso di Ferrovie dello Stato e delle società che in subappalto gestiscono il suo call center. Cosa succede a imprese come queste che si trovano tra l’incudine (ispettori alle porte) e il martello (possibili cause di lavoro)? Hanno deciso di puntare verso la conversione dei Co.co.pro in rapporti a tempo determinato. Il legislatore permette questo passaggio per contratti fino a 24 mesi.

Ora la domanda non è tanto se i lavoratori migliorino realmente la propria condizione [anche se non è da sottovalutare, comunque, l’elevato tasso di conversione dei lavori a termine in tempo indeterminato rispetto a quanto avviene per i Co.co.pro], ma se le imprese abbiano fatto la cosa giusta. Riporto un passo del bell’articolo di Maurizio Sorcioni dal titolo “Il mistero del precario” (file .PDF, 500 Kbyte) sul lavoro a termine, che mi trova d’accordo:

Nell’arco temporale delle due riforme (Treu e Biagi) la flessibilità contrattuale ha interessato una platea di lavoratori in linea con gli standard europei. [..] Perché una così forte preoccupazione collettiva sulla precarizzazione del lavoro? Ovviamente la risposta non è semplice, ma non è la flessibilità contrattuale il principale imputato. Né tantomeno l’influsso dei mezzi d’informazione. Le ragioni vanno invece cercate in due squilibri strutturali del mercato italiano: la forte presenza di lavoro irregolare e l’assenza di adeguate forme di sostegno al reddito collegate ai servizi per il lavoro e di ammortizzatori sociali“.

Ora se per la questione ammortizzatori (quelli veri, alla danese) possiamo dire pure “campa cavallo!”, la regolarizzazione va comunque vista in un’ottica positiva, perché apre una strada… Ci credo poco, visto i passati patti di riallineamento. Ma è qualcosa. O preferite il lavoro nero?

Per i lavoratori dei call center di Ferrovie dello Stato: se veramente sono 8 anni di precariato, perché i sindacati non sono intervenuti prima? Ora è certamente tardi. O si accetta la stabilizzazione perdendo (parzialmente, perché per i contributi c’è un conguaglio) i diritti di rivendicazione sul passato, oppure si perde il posto, con la possibilità di fare causa. E’ un bel dilemma. Io non mi ci vorrei proprio trovare in questa situazione.

P.S. Sui temi della stabilizzazione, della normativa contenuta in Finanziaria e degli appalti (citati dal Manifesto) si è discusso anche a Modena, alla Fondazione Biagi, durante il seminario “Contrasto al lavoro irregolare e strumenti di emersione: collaborazioni coordinate e continuative e appalti”. [Qui in formato .PDF trovate un mio resoconto degli interventi]. Molto interessante il materiale lasciato a disposizione da Temistocle Bussino di Inps – che potete scaricare anche qui (file .PDF, 800 Kbyte) – sul tema delle pensioni dei lavoratori che versano contributi alla gestione separata. C’è una simulazione a pagina 57 e 58, su cui vorrei tornare con calma. Il messaggio in breve: anche se in 10 anni (da quando cioè esiste Inps 2) avete avuto la possibilità di mettere da parte 77mila euro di montante  [!] col nuovo sistema contributivo vi pigliate la pensione sociale!!!

Ultima modifica: 2007-04-11T22:34:16+02:00 Autore: Dario Banfi

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