[Humanitech ospita un contributo di Loredana, amica giornalista, che sulle pagine Sole 24 Ore oggi ha disegnato con grande efficacia la trasformazione in atto nelle scuole di formazione della nostra Pubblica Amministrazione. Interessanti sia lo scenario generale e il dettaglio sulla nuova scuola della PA sia la bella intervista a Sabino Cassese sul tema del merito. Da leggere, come il (piccante) contributo a seguire. Tnx Loredana.]
No Nicolais? No party!
Visto che la media dei dipendenti pubblici è di almeno il 13% sulla popolazione attiva secondo l’Ocse, in Francia oltre il 25% e in Italia è certamente superiore, ci tocca di averne alcuni tra amici e parenti. Tra questi ci sono certamente gli zelanti, i fannulloni di giavazziana memoria, gli agitati, gli ambiziosi, quelli coltissimi e gli inadeguati, nel bene e nel male, al posto che occupano. Mentre scrivevo di formaziona della Pa, ho pensato a loro, a chi mi ha raccontato di aver trovato l’amore durante un corso di aggiornamento sulla comunicazione..
.. in quel di Taormina, o di chi ha sperimentato i piaceri della colazione a letto e cena in camera, al posto di partecipare alle tavole rotonde durante un workshop pubblico su come prevenire il lavoro irregolare. Non tutti erano così poco disponibili ad ascoltare o apprendere, ma qualcosa in quei corsi non è andato nella direzione prevista. Sebbene fossero organizzati dalla Scuola Superiore di Pubblica Amministrazione, o da enti in convenzione, che a detta di autorevoli interlocutori, ha sfornato fior di dirigenti che poi però, non si sa com’è, ma sono andati a lavorare nel privato..
L’Agenzia per la formazione che il Ministro Nicolais vuole per la sua riforma della PA in tre mesi dovrebbe fare una rivoluzione copernicana e trasformarsi in un incrocio magico tra la francese Ena e la School of Government del Regno Unito. Dovrebbe formare non solo i dirigenti ma anche funzionari e impiegati, talentuosi, col senso del civil service, del servizio civile alla cittadinanza.
Sabino Cassese, ha chiarito ogni incertezza: “Zelanti lo saranno sì, ma solo se faranno carriera, se no resteranno fannulloni! Ma chi glielo fa fare a doversi giustificare la sera con la propria moglie per studiare o aggiornarsi davanti al computer fino a tardi se lo stipendio non si muove dai quei mille euro o poco più?”
The Guardian per il terzo anno attribuisce al “Public servant of the year” un premio che si articola in varie categorie: il migliore in assoluto nella categorie customer services, leadership, diversity, servizi finanziari, tecnologia. La comunità o l’ufficio candida uno o più dipendenti e i lettori del Guardian votano. I vincitori si dichiarano orgogliosissimi e vengono festeggiati con tutti gli onori.
In tanti dicono che nel nostro Paese ci sono esperienze magnifiche, ma nessuno ne sa mai nulla. Si potrebbe provare a chiedere ai cittadini-utenti di proporre alcune candidature e magari ci sarà un giornale, un blog, una radio che vorrà farsi carico di un premio che sembra avere del paradossale in Italia, ma che forse – chi può saperlo – avrà gran successo.
Loredana Oliva