Lavoro subordinato vs Lavoro autonomo.
Quali sono i margini?
Può sembrare un tema lezioso, in realtà riguarda centinaia di migliaia di lavoratori che sono impiegati con contratti di lavoro autonomo, ma di fatto operano come subordinati. La violazione, che per esempio per i Co.co.pro. (come esplicitato nell’Art. 69 della Legge Biagi ) porterebbe alla conversione del contratto a tempo indeterminato, è alla radice di tutto il mondo del lavoro cosiddetto “grigio”. Né di qua né di là, irregolare oltre che precario.
La Corte di Cassazione – Sezione Lavoro si è espressa di recente, nuovamente, sulle differenze sostanziali che intervengono nella delimitazione dei due contesti. Questo è il testo completo in .PDF, che ho convertito per chi serve anche in file MS Word. Le parti più significative sono queste:
[…] la subordinazione, intesa quale disponibilità del prestatore nei confronti del datore, con assoggettamento del prestatore di lavoro al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, e al conseguente inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale con prestazione delle sole energie lavorative corrispondenti all’attività di impresa.
[…] l’esistenza del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro è sicuro indice di subordinazione, mentre la relativa assenza non è sicuro indice di autonomia. […] la subordinazione può ritenersi sussistente anche in assenza del vincolo di soggezione al potere direttivo del datore di lavoro e in presenza, viceversa, dell’assunzione per contratto, da parte del prestatore, dell’obbligo di porre a disposizione del datore le proprie energie lavorative e di impiegarle con continuità secondo le direttive di ordine generale impartite dal datore di lavoro e in funzione dei programmi cui è destinata la prestazione per il perseguimento dei fini propri dell’impresa […]
[…] l’esistenza del vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito;
Nella sentenza si elencano in maniera esplicita i criteri distintivi (cosiddetti “sussidiari”) tra l’una a l’altra forma di lavoro, che sono:
- la continuità e la durata del rapporto;
- le modalità di erogazione del compenso;
- la regolamentazione dell’orario di lavoro;
- la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti);
- la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro.