Draghi e maghi (dei salari)

Mario Draghi è tornato sul tema retribuzioni e su quello dei giovani dopo l’uscita del Rapporto sul divario generazionale della Banca D’Italia di qualche giorno fa. Metto a disposizione alcuni elementi per approfondire la riflessione (cfr. anche questo post più analitico sugli stipendi degli impiegati). Tabelle e alcune agenzie di stampa.

Dati sull’andamento delle Retribuzioni Totali Annue Lorde dei dipendenti del settore privato

Retribuzioni il trend nazionale

[Fonte: OD&M Consulting – Aprile 2007]

I salari di ingresso (giovani under 30 con o senza laurea) con 1-2 anni di esperienza e 3-5 anni

Le retribuzioni dei giovani under 30

[Fonte: OD&M Consulting – Febbraio 2007]

Il discorso di Mario Draghi su giovani e salari  (qui il testo completo)

Riporto poi (evidenze mie) qualche agenzia stampa con l’intervento di oggi del Governatore della Banca d’Italia. Interessanti due riflessioni: 1) dare salari più bassi ai giovani equivale a una minore spesa e minori consumi (devono risparmiare per il futuro): imprese non lamentatevi, dunque, se poi si abbassano i vostri ricavi; 2) la flessibilità va ripartita come costo sociale, non va messa sul groppone unicamente delle giovani generazioni e per questo servono strumenti contrattuali migliori.

(ASCA) – “Le retribuzioni mensili nette italiane risultano in media inferiori di circa il 10% di quelle tedesche, del 20% di quelle britanniche e del 25% di quelle francesi“. Analizzando la vita lavorativa correlata ai consumi nel corso degli anni, Draghi evidenzia che i consumi diminuiscono al crescere dell’età. L’età pensionabile frena le spese per i beni di consumo. Poiché cresce la popolazione al di sopra dei 65 anni è atteso un calo dovuto proprio agli effetti demografici. Draghi prende in esame i dati Eurostat per gli anni 2001-2002 e spiega che la retribuzione media oraria era a parità di potere d’acquisto di 11 euro in Italia, il 30-40% inferiore ai valori di Francia, Germania e Regno Unito. “Per i giovani – dice il governatore – la discontinuità della vita lavorativa costituisce un freno alla spesa per larga parte del ciclo della vita. In assenza di strumenti e di competenze adeguate, a parità di reddito permanente, una maggiore volatilità di quello corrente può indurre agenti prudenti a comprimere la domanda e a risparmiare di più per accumulare le risorse necessarie per fronteggiare eventuali situazioni avverse”. Negli ultimi 10 anni, è raddoppiata l’incidenza di impieghi temporanei raggiungendo il 17% per i dipendenti tra i 25 ed i 35 anni. L’occupazione è aumentata considerevolmente nonostante lo sviluppo modesto del prodotto, dice Draghi. E questo “è il risultato della moderazione salariale, delle riforme e degli accordi contrattuali che hanno aumentato la  flessibilità nell’utilizzo del lavoro”. Infatti, il tasso di occupazione tra i 25 ed i 35 anni è cresciuto del 5%. Tuttavia i laureati e i diplomati entrati nel mercato del lavoro negli anni più recenti percepiscono, in termini reali, una retribuzione prossima a quella che ricevevano coloro che entravano nel mercato del lavoro all’inizio degli anni Ottanta, e inferiore a quella di coloro che entravano nei primi anni Novanta”. In pratica “i più bassi salari d’ingresso, in un contesto in cui quelli medi hanno continuato anche solo moderatamente a crescere, non hanno schiuso profili di carriera più rapidi. La riduzione del reddito da lavoro – insiste Draghi – appare, almeno in parte, di natura permanente e, cosa più importante per le decisioni di spesa è percepita come tale dai lavoratori”. Il nostro sistema ha soffetto di una crisi di competivitità internazionale, a differenza di quello tedesco di una crisi di fiducia dei consumatori, prosegue il governatore.

(AGI) – “I livelli retributivi dell’Italia sono piu bassi che negli altri principali Paesi dell’Unione europea. Le differenze salariali rispetto agli altri Paesi sono appena più contenute per i giovani, si ampliano per le classi centrali di età e tendono ad annullarsi per i lavoratori più anziani. Il differenziale è minore nelle occupazioni manuali e meno qualificate.”

(Il Sole 24 Ore Radiocor) – “La generazione che sta ora entrando e che entrerà nei prossimi anni nel mercato del lavoro vivrà in un mondo radicalmente diverso da quello delle generazioni attive nella seconda metà del secolo passato“, dice Draghi. In particolare, le giovani generazioni si trovano a fare i conti con un mondo del lavoro caratterizzato da una flessibilità accentuata e dove anche i livelli delle retribuzioni tendono ad abbassarsi. Il tasso di occupazione delle persone di età compresa tra i 25 e i 35 anni è aumentato, è vero, del 5%. Tuttavia, a opportunità d’impiego decisamente maggiori di quelle offerte, alla stessa età, alle generazioni precedenti si è accompagnata una sensibile riduzione dei salari d’ingresso. In sintesi l’esperienza lavorativa dei giovani “differisce da quella delle coorti precedenti anche per la sua maggiore discontinuità e imprevedibilità“. A riprova di questo fatto, Draghi segnala che “nell’ultimo decennio l’incidenza di impieghi temporanei tra i lavoratori dipendenti di età compresa tra i 25 e i 35 anni è raddoppiata, raggiungendo il 17%”. Questa discontinuità della vita lavorativa costituisce un freno alla spesa per larga parte del ciclo di vita. “In assenza di strumenti e competenze finanziarie adeguate, a parità di reddito permanente, una maggiore volatilità di quello corrente può indurre agenti prudenti a comprimere la domanda e a risparmiare di più per accumulare le risorse necessarie per fronteggiare eventuali situazioni avverse.

(AGI) –Occorre un contratto di lavoro che permetta di spalmare i costi della flessibilità su tutti“. L’ha sostenuto oggi il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, rispondendo a uno studente al termine di una lezione alla Facoltà universitaria di Economia di Torino. Draghi, interpellato su come ripartire i consumi per consentire la ripresa economica, ha poi osservato: “Ci vogliono misure volte a impedire che il costo della flessibilità si scarichi soltanto sui giovani“. Ha poi ricordato le diverse dinamiche del Regno Unito e della Germania che “dimostrano che ci sono in quei Paesi metodi di flessibilità più equamente distribuiti con il contratto di lavoro”.

Ultima modifica: 2007-10-26T15:55:58+02:00 Autore: Dario Banfi

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