Della sicurezza sociale

Quanti saggi non si avrà mai il tempo di leggere. Questo di Zigmunt Bauman (qui una bella recensione) vale la pena di scorrerlo anche velocemente perché ha la dote profetica di creare un file rouge tra temi all’ordine del giorno oggi in Italia: spazzatura, profughi (ora clandestini) e mercato globale del lavoro e delle merci.

Due spunti che vale la pena di ripensare in questo periodo, suggeriti da Bauman: a) esistono anche “vite di scarto”, non soltanto rifiuti inorganici. La metafora va ben oltre l’intuizione letteraria, ma ha radici sociali ed economiche; b) quando il welfare state non è in grado di esaudire le promesse, presto si sposta l’attenzione dalla sicurezza sociale a quella della persona. Una nota triste, che a me ricorda sempre l’ascesa del totalitarismo in Germania, quando alla forte disoccupazione seguì un’ondata xenofoba.

Scrive così Z. Bauman, in Vite di scarto (Laterza, 2007) a pag. 112:

Lo «Stato sociale», coronamento della lunga storia della democrazia europea e sua forma dominante fino a poco tempo fa, è in smobilitazione. Esso fondava la sua legittimità e le sue pretese alla lealtà e all’obbedienza dei suoi cittadini sulla promessa di difenderli e assicurarli contro l’eccedenza, l’esclusione e il rifiuto, come anche contro i colpi imprevisti del fato – contro l’essere consegnati ai «rifiuti umani» a causa di inadeguatezze o rovesci di fortuna individuali – in breve, sulla promessa di introdurre certezza e sicurezza in vite in cui altrimenti avrebbe dominato il caos e la contingenza. Per ogni infelice che inciampava e cadeva, vi sarebbe stato qualcuno pronto a prenderlo per mano e ad aiutarlo a rimettersi in piedi. Le condizioni erratiche di lavoro, alle mercè della concorrenza di mercato, erano e continuano a essere la principale fonte dell’incertezza del futuro, e dell’insicurezza dello status sociale e dell’autostima, che affliggono i cittadini. Fu soprattutto contro quell’incertezza che lo Stato sociale intraprese il compito di proteggere i suoi cittadini, rendendo più sicuri i posti di lavoro e meno incerto il futuro. Ma non è più così. Le istituzioni statuali contemporanee non sono in grado di mantenere la promessa dello Stato sociale e i loro politici non la ripetono più. Le loro scelte presagiscono una vita ancor più precaria e irta di rischi, che richiede una politica del rischio calcolato e, al contempo, rende quasi impossibili i progetti di vita. Invitano gli elettori a essere «più flessibili» (cioè a prepararsi a un’insicurezza ancora maggiore nel futuro) e a cercare soluzioni individuali ai disagi socialmente prodotti.

Ultima modifica: 2008-06-03T16:25:08+02:00 Autore: Dario Banfi

5 commenti su “Della sicurezza sociale”

  1. Dario non avere sempre questa visione limitante, la flessibilità non per tutti è insicurezza nel futuro, anzi, per molti è la promessa e la messa in pratica di un futuro nuovo e diverso, libero finalmente da parole quali burocrazia, sindacato, caste.

    :-)

    Totalitarismo in Germania: ha ragioni diverse, e fu possibile solo grazie al finanziamento e all’accettazione per convenienza che di questo ebbero le grandi imprese tedesche …

    … ci sembra di notare in questo un triste ma concreto e realistico paragone con La Lista dei Buoni di Eleonora Voltolina, 90% di grandi imprese.

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  2. Prime ripassa la storia.. le ragioni principali dell’ascesa del nazismo sono legate a doppio filo alla disoccupazione e alla crisi che ha seguito il ’29…
    Qui semplicemente si dice che quando lo stato sociale abdica alle sue promesse si fa prima a spostare l’attenzione sulla sicurezza sociale (oddio, arrivano gli immigrati clandestini!) che a condire l’opinione pubblica su problematiche rivolte ai temi del lavoro. Non è una mia opinione ma di uno dei massimi sociologi del ‘900.
    p.s. che diamine c’entra la lista di Eleonora?

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  3. Dispiace dovertelo dire Dario, ma forse sei rimasto alle prime letture legate all’ascesa del Nazismo, quelle che erano accessibili prima del periodo ’89/’95 – oggi la Storia ci racconta cose molto diverse. Basta in questo senso una breve ricerchina su google per colmare le tue eventuali lacune.

    Lista di Eleonora: è composta al 90% di grandi imprese, quasi tutte multinazionali di provenienza estera. Tu sei un lavoratore autonomo, allora potresti dirci se una presunta lista dei buoni come quella ha senso nell’italia del 97% di PMI.

    Una giornalista non si rende conto spesso di cosa voglia dire correre il rischio di diventare colonia estera, loro vivono per i presunti scoop.

    Come nella Germania del ’29, abbiamo stampa e media che pompano la grande impresa – ed Eleonora poverina, forse neppure rendendosene conto, è una paladina in questo.

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  4. Grazie del consiglio, non conoscevo Google. Lì si trovano informazioni migliori di quelle acquisite durante il mio esame di storia contemporanea all’università ;-)
    P.S. Della tua lettura della lista di Eleonora – porta pazienza – non mi interessa una beata.

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