Con pomposa boria anglosassone li definiscono motivational workspace che tradotto significa spazi/uffici che facciano venire voglia di lavorare. A questo proposito può essere utile leggere “50 Ways to create a motivational workspace“, dove si possono trovare consigli per togliere muffa dalle scrivanie, soprattutto se lavorate da soli.
Belle le idee di mettere dell’acqua (in vaso ovviamente) sul piano di lavoro o creare zone corrispondenti a compiti differenti. Meno praticabili, per me, i propositi “Always clear your desk” e “Never use your workspace for storage“. Quanto alle piante, ho scelto quelle elettriche.
Ultima modifica: 2008-06-04T10:58:39+02:00 Autore:
ahi , ahi , ahi….quando non si sa più come evitare di parlare delle vere leve di motivazione, gli esperti anglosassoni (e nord americani) si appellano al motivational workspace. In inglese è un fantastico “shift the focus”, cioè come parlare di motivazione senza parlare delle vere cause della motivazione o demotivazione.
Chiaro, un ambiente confortevole può essere piacevole ma non credo che motivi: prima vengono la retribuzione, la gestione flessibile del tempo lavorativo, la possibilita di un lavoro dove l’apprendimento è continuo, un ottima relazione di confronto con il proprio responsabile.
Ma se la retribuzione è costante da 5 anni, il tempo è gestito dalle priorità aziendali, l’apprendimento è relegato a qualche giornata all’anno e il mio responsabile è praticamente introvabile allora la cara vecchia pianta può fare ben poco…..
Anna
Anna che dire, è vero. Però è anche vero – mettiamola in maniera più soft, parlando in prima persona – che se stai 14 ore davanti a un PC senza capi né colleghi, stare in un posto che ti mette a tuo agio (che non vuol dire ordinato, ma “a misura”) non è così negativo.. :-)