Appuntamenti con l’inchiostro

Ceti medi senza futuro? di Sergio BolognaMi sono arrivate tra ieri e oggi alcune belle segnalazioni di libri in uscita che volentieri rendo pubbliche (e spero di poter recensire a breve). La prima è Ceti medi senza futuro? Scritti, appunti e altro (Derive e approdi, Euro 20,00) di Sergio Bologna, autore apprezzato e segnalato più volte su questo blog per i suoi contributi su lavoro autonomo, Web collar e capitalismo cognitivo.

Precari e Contenti di Angela PadroneLa seconda è Come salvarsi dal posto fisso. Elogio del precariato a uso degli assunti a tempo indeterminato (Il Filo, euro 10,00) di Massimo Sideri, giornalista del Corriere della Sera. Se siete interessati a incontrare l’autore, giovedì 20  presenterà il testo alla Libreria del Corso, in C.so Buenos Aires 49 a Milano (ore 18:00).

Colgo l’occasione poi per segnalare Precari e Contenti di Angela Padrone, appena pubblicato per i tipi di Marsilio (Euro 14,00).

Ultima modifica: 2007-09-18T10:21:37+02:00 Autore: Dario Banfi

0 commenti su “Appuntamenti con l’inchiostro”

  1. Grazie della segnalazione e soprattutto dell’accostamento: non vedo l’ora di leggere “come salvarsi dal posto fisso…”. :-D
    Vi racconto solo quello che non ho raccontato neanche nel libro Precari e contenti: quando vinsi il concorso per la Scuola superiore di pubblica amministrazione, (era forse l’85 o l’86) preludio al posto di funzionario al ministero, passai l’intera estate a piangere. Avevo il terrore di rimanere incastrata in un lavoro che non sarei riuscita a lasciare tanto facilmente. Odiavo l’idea della gabbia dorata. Avrei preferito insegnare filosofia come precaria anche per uno stipendio più basso…(pensare!) E infatti è stata dura, perché anche allora nei giornali non è che si entrasse direttamente con un contratto: prima si faceva il lavoro nero, le collaborazioni, gli stage, ecc. Al Messaggero sono entrata svariati anni dopo…

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  2. Angela se ti consola anch’io ho rinunciato a un posto fisso in un Comune dell’hinterland milanese vinto con un concorso pubblico nel 1996. Ho deciso di fare il giornalista, avuto un posto fisso a tempo indeterminato presso un editore poi perso senza giusta causa 5 giorni prima di diventare professionista (il vigliacco mi ha rimborsato in tribunale..) Oggi sono un lavoratore autonomo abbastanza soddisfatto, ma ho sudato e continuo a sudare 7 camicie. Dal posto fisso, è vero, ci si deve difendere quando annichilisce, ma è altrettanto vero che un lavoratore autonomo soffre di un’esposizione alle dinamiche di mercato decisamente più grande. Vive ogni giorno sulla pelle un trade-off (tra libertà/autonomia e rischio/soddisfazioni) che può annichilire con altrettanta forza chi non ha volontà, entusiasmo e continua iniziativa..

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  3. Scusate se arrivo in ritardo ma la presentazione ha assorbito le mie energie negli ultimi giorni. Grazie mille della segnalazione e grazie anche ad Angela per la curiosità verso il mio libro. Inutile dire che dopo aver letto la bella pagina uscita in Cultura sul Messaggero anche io ho messo il libro Precari e contenti nella lista degli acquisti. Se devo raccontarvi la mia reazione quando l’ho letta è stata più o meno questa: “Fiuuu!! (sospiro di sollievo)… allora non sono un marziano se ho cercato di affrontare il delicato tema del precariato da un punto di vista singolare, diverso” Forse, mi permetto di aggiungere, scomodo. Ne ho avuto la riprova anche ieri durante la presentazione a Milano: c’erano tanti ragazzi che mi seguivano incuriositi e tanti che mi invece mi guardavano con occhio perplesso (se non torvo) pensando: “Ma questo qui vuole toglierci i nostri diritti”. Non è così! Anche io ho rinunciato a diversi posti fissi (dieci anni fa, appena uscito dall’università, mi arrivò una lettera di assunzione a tempo indeterminato da parte di una banca nazionale… ancora oggi sono fiero di averla stracciata senza esitazione per essere assunto solo molti anni dopo in un giornale come il Corriere. Non avevo nessuna certezza… e non ho nulla contro le banche… solo che non sarebbe mai stato il mio posto. E’ questo il problema: cercare il proprio posto e non solo inseguire “un” posto fisso. Inoltre, e in aggiunta, sono convinto che le gabbie dorate siano una sfida per il nostro intelletto e la nostra curiosità destinata ad essere persa se protratta troppo nel tempo. Hai ragione Dario quando dici che i lavoratori autonomi potrebbero rimanere schiacciati dalle difficoltà dell’incertezza… ma come ho detto ieri il mio libro non è né un’apologia del precariato/sfruttamento né una demonizzazione del posto fisso ma solo il tentativo di aprire un dibattito sulla terza via che potrebbe riservare sorprese a tutti: se ci fosse una domanda seria, molto seria, di flessibilità buona quanti risponderebbero? Secondo me in molti. Un ultimo punto. Che cosa intendo per flessibilità buona? E’ presto detto: io lavoratore del terziario avanzato (non stiamo certo parlando di chi lavora in fabbrica!!!) accetto di prendermi il rischio di seguire un progetto per 3-5 anni senza certezze successive? Ok sono pronto. Il progetto mi piace. Mi sento pieno di idee. Ho già un’esperienza di diversi anni. E’ chiaro che semplicemente applicando quelle regole liberiste che ormai navigano dalla destra alla sinistra (per fortuna!) questa persona dovrebbe essere pagata molto bene (si chiama premio al rischio). Altro che serie B del mondo del lavoro com’è adesso per tutti coloro che non hanno un contratto a tempo indeterminato. Dovrebbe essere una prima classe. E senza imposizioni dall’alto per nessuno.

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  4. Ciao Massimo, benvenuto su questo blog, come vedi sta diventando insieme a quello di Angela uno spazio per discutere apertamente di questi temi.. Ti ringrazio per questo intervento. Molto chiaro, come la tua presentazione ieri, d’altra parte. Anch’io ero tra il pubblico (senza occhio torvo, né perplesso, giuro) e ti faccio i complimenti per il coraggio e la trasparenza.. Ho iniziato subito a leggere il tuo libro, con molto gusto, devo dire.. mi riservo di presentarlo anch’io su questo blog non appena arrivo a pagina 63 ;-)

    Se posso esprimere due brevi considerazioni “a caldo” sul tuo commento e su ieri:
    1) concordo con la necessità di porre la questione della sicurezza lavorativa in parallelo alla soddisfazione; troppe volte si rinuncia alla seconda per la prima.. la questione resta comunque quella di pesare i costi individuali e sociali..
    2) mi ha colpito molto il fatto che tu ieri parlassi sempre di lavoro a termine e a tempo indeterminato.. tralasciando invece quella che, per me (opinabile, ovvio) è la vera questione che “sporca” il mercato: la difficoltà di trovare binari separati tra autonomia e subordinazione.. E’ un tema a me caro poiché credo che una posizione forte da autonomo oggi potrebbe rappresentare la condizione di stabilità di chi possiede competenze e professionalità marginali al sistema di produzione delle imprese o richieste per tempi limitati. Invece di rimanere ai bordi come parasubordinato, o a termine, se ne sta fuori, autonomo, e vende i suoi servizi, creandosi da solo un percorso.. Al contrario il lav. temp. det. è sempre una strada interrotta. Che può portare esperienza, certo, e soddisfazioni, ma che può anche farti perdere del gran tempo nel cercare un lavoro soddisfacente. Quel lavoro che ti qualifica come “persona compentente” in qualcosa, appunto, al di là dell’inquadramento.
    ..tema ampio, lo so, che si incrocia con la bella questione da te sollevata nel libro..

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