Saldi 2010 e consigli per formulare prezzi

Prezzi per prestazioni di lavoro professionale autonomo, non altro. Cacciatori di saldi: fuori da questo blog! L’occasione per questo post nasce ancora una volta da situazioni personali, che vorrei raccontarvi. Entrando in scia sulla questione di come formulare un prezzo, già affrontata in passato, vorrei aggiungere qualche postilla.

Premessa: fine anno è per molti occasione per il rinnovo di contratti e commesse. Così anche per me. Un cliente che seguo da tre anni mi ha chiesto correttamente un preventivo per la mia consulenza, chiedendomi questo volta di non proporre una durata di sei mesi (ogni anno a giugno ridiscutevo l’incarico), ma di pensare attività per un anno. Buono, mi dico, ma mi sbagliavo (capirete perché…).

Sviluppo: dopo avere formulato come sempre un articolato insieme di attività e definito un costo a forfait, il cliente mi chiede di spacchettare le singole attività a seconda della durata e disegnare una sorta di Gantt durante l’anno. Detto fatto. La ragione è di tenere sotto controllo le azioni e gli obiettivi parziali. Mi è sembrato corretto.

L’inghippo: dopo questa fase di raffinamento preliminare del preventivo con disegno delle attività su scala temporale arriva la sorpresa. Il cliente mi chiede di scomporre il preventivo per costi associati alle singole attività. La ragione? Una generica necessità di “tenere sotto controllo i costi”.

Dietro questa richiesta si annida una strategia, bisogna dirlo. Questi i passi del cliente: 1) si ingaggia per tempi più lunghi; 2) si chiedono costi a forfait, solitamente ridotti percentualmente con il crescere della stabilità di una commessa o con il volume generale; 3) si spacchetta il tutto; 4) si riacquista il solito pezzo di lavoro o tempo uomo; 5) si ottiene una riduzione de facto rispetto all’anno precedente. Ora però bisogna mettersi dalla parte del fornitore.

Voi cosa avreste fatto?

Ipotesi: a) si formula il costo per singola attività e la somma totale delle attività equivale al totale messo a budget nel preventivo già formulato a forfait; b) si formulano costi per singoli attività, ma il totale non equivale al forfait, ma lo eccede; c) ci si rifiuta di esporre costi al dettaglio.

La soluzione. Io ho fatto così: ho scelto la linea c). La più rischiosa. Ho cortesemente declinato l’invito di spacchettare i costi, dicendo che se fosse servito un Listino prezzi glielo avrei fornito al completo, ma di non stupirsi se i costi singoli per attività fossero risultati molto più elevati del previsto. In alternativa, ho chiesto al cliente di riformulare un piano di attività da lui previsto per il quale avrei fornito un nuovo preventivo a forfait. In maniera trasparente ho fatto presente che se avessero avuto problemi di budget, ne avremmo potuto parlare apertamente e su indicazione dei loro limiti avrei riformulato la migliore offerta.

Il meccanismo ha funzionato. Il cliente ha compreso il punto di vista e non ha preteso altro. La trattativa si è fermata sul primo preventivo.

Due considerazioni. Che cosa indica questa favoletta sui prezzi? Che in tempo di crisi non si devono necessariamente calare le brache, ma stare attenti a seguire una linea di principio ben chiara a entrambe le parti.

Chi compra cerca oggi tutto quanto può trovare in saldo, un po’ come quei folli assatanati che si buttano nelle migliori boutique del centro cercando le marche più prestigiose a prezzi da mercato del pesce. La mia impressione – se devo essere malizioso – è che gli acquirenti oggi cerchino di fare durare la crisi più a lungo possibile proprio per comprare meglio. Al contrario credo sia il momento di alzare i prezzi, di poco, ma di rivederli a rialzo, non a ribasso, rinunciando a portare a casa una pagnotta sempre più leggera pur di mangiare. Secondo: non mollare sui preventivi. Alla terza richiesta di costi diversi per le medesime attività lasciate che il cliente navighi la buio, se è questo che desidera.

Non so se siete d’accordo.

Ultima modifica: 2010-01-04T16:08:01+01:00 Autore: Dario Banfi

4 commenti su “Saldi 2010 e consigli per formulare prezzi”

  1. In linea generale sono daccordissimo i prezzi sono in discesa e guarda un pò in un sol giorno il quotidiano è aumentato del 20%. Ma la forza sta nel valore offerto e chi è all’inizio pur di incassare accetta. Mi pare che della parola qualità si è abusato e collegandola al target ne abbiamo un’infinità. Non sarebbe ora di dare un’ oggettività standard alla qualità. Se vado ad un supermercato hard-discount devo sapere che la qualità è su uno standard minore o sostituirla con il termine prodotto standard. Non ho un reddito ok ma compro la base. Oggi la parola qualità sull’alimentare si sta sostituendo con locale, stagionale, tipico. Un pò come il Vergine sull’olio. Qui addirittura è sinonimo di scarsa qualità…… Ovviamente necessita formare e informare, dalle società non si può pretendere molto.

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  2. beh anche la B potrebbe avere il suo perché, a seconda dei numeri e degli impegni ovviamente. il principio lato fornitore sarebbe: minore volume, prezzo più alto, o meglio, più vicino all’ipotetico listino. come dici la C è piuttosto rischiosa, specie penso con un cliente nuovo

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  3. Stefano è uno spunto interessante. Chi spiega a un’impresa come scegliere al meglio un fornitore esterno? Come si attesta la qualità dei lavori svolti o del consulente? Tempo fa ascoltai un consulente della PA ammettere in pubblico di vendere attività a clienti incapaci di saperle valutare…

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  4. Sono d’accordo sulla fermezza del comportamento suggerita da Dario. Scusate se appaio un po’ presuntuoso ma, semplificando molto, il problema, almeno nel mio campo, è che molti professionisti, soprattutto alla prime esperienze, accettano onorari bassi pur di lavorare, proprio perchè danno poco valore al proprio lavoro, anche quando sono molto qualificati (gli accademici sono maestri nell’inculcare agli allievi un innato senso di inferiorità, per liberarsi del quale ci vogliono anni di lavoro e buone dosi di autostima, fino a quando – nei casi migliori – si riesce anche a ribaltare il complesso). Ciò determina un abbassamento generale delle tariffe. E quando anche gli ex giovani professionisti (magari per sopravvenute esigenze familiari o altro) penseranno di avere competenze ed esperienze tali da meritare onorari congrui ed adeguati, si renderanno conto che il mercato del lavoro è costantemente condizionato verso il basso dall’immissione incessante di prestazioni a buon mercato. Io comincio ad avere più di una riserva sulla legittimità dell’abolizione delle tariffe minime, che pensavo potesse essere una svolta. Che ne pensate? Grazie Dario

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