Quale tipo di networking?

“Fare network” è una di quelle espressioni che – insieme a “innovare il sistema Paese”, “facilitare il cambiamento”, “nuove tecnologie” ecc. – oramai non faccio entrare più neppure nel padiglione auricolare. E’ un vuoto a rendere.

Ho imparato che è meglio dare sostanza, riempire i contenitori, scoprire e studiare esempi, toccare con mano, entrare a piè pari nelle pozzanghere dei gruppi sociali (professionali, business, associativi) per capire come funzionano le relazioni e fin dove si può arrivare rispetto a obiettivi personali e di business. C’è chi lo fa via Web e chi nella vita reale. Se sul primo versante siamo tutti bravi a raccontare come si fa – siamo tanti e belli – sul secondo credo sia più complesso. Parlo di opportunità di lavoro, non del Popolo Viola o delle serate al Club Alpino Italiano.

I due lati della questione – quando si tratta di business network – hanno comunque un punto di contatto. Occorre cercarlo. C’è chi è spostato più sul versante online, chi su quello del biglietto da visita e della stretta di mano. In questa seconda direzione, devo ammetterlo, non è facile orientarsi. Rifiuto e pelle (e perché credo di essere un animale senziente, dopo tutto) soluzioni come il Rotary Club e la Compagnia delle Opere. Avendo già una buona esperienza con i netowork verticali (professionali o di freelance), non ho ancora sperimentato reti di persone che non siano strutturate per attività produttive, ma consentano sistemi di referral incrociati.

Mi spiego. Se cerchi nuovi lavori come traduttore dalla tua comunità di traduttori, ti verrà segnalato soltanto ciò che risulta “residuale” e con mille cuatele, perché le galline dalle uova d’oro non si fanno mai uscire dal pollaio. Se al contrario frequenti banchieri, restauratori, addetti ai traslochi, notai o salumieri contemporaneamente, il sistema di scouting mediato da queste persone ha tutt’altra natura e può produre risultati differenti. Se realizzi siti Web, loro potrebbero conoscere, nella loro rete di relazioni, chi ha bisogno di te. Il sistema è interessante, no?

BNIOra posto che il modello ha alcuni concreti attori già operativi da tempo, bisogna buttarsi nella mischia. Mi incuriosisce, per esempio Business Network International – Capitolo italiano. Qualcuno li conosce? Due sere fa ho incontrato alcuni di loro durante un evento in Assolombarda. Hanno Capitoli, iscritti, soci, referenze, capocapitolo e altro, ma non mi è ancora chiaro come funziona.  “Avete una comunità online?“, chiedo. “Comunché?“, ti rispondono. Se vuoi frequentarli, l’appuntamento è il mercoledì mattina alle 7.30 e devi pagare una quota per entrare in rete. Diavolo devo portare la figlia all’asilo, come faccio? Una specie di LinkedIn senza sito. Su Twitter ci sono soltanto gli inglesi (figurati se mancavano), non i Capitoli italiani, ma sono uno dei business network più sviluppati al mondo. Proverò a seguirli, non fosse altro per la convincente presentazione del suo fondatore Ivan Misner, che ha introdotto con un video la serata.

Una cosa Misner ha detto di convincente: i network non servono a vendere qualcosa, il tuo lavoro, i tuoi servizi. Per questo c’è il marketing e l’attività commerciale. I business network servono a entrare in contatto con reti e persone che possono introdurti alle loro reti. Conta il livello di fiducia posto tra i singoli anelli della catena. Interessante anche la presentazione, l’altra sera, della professoressa Fabiana Gatti, davvero brava, specializzata nelle dinamiche dei piccoli gruppi. Pollice verso, invece, per lo stile Publitalia dei giovani di Assolombarda che per quanto fossero ospiti di una serata dedicata al networking lavorano per gruppi consolidati e piuttosto impermeabili.

Ultima modifica: 2011-02-25T14:54:38+01:00 Autore: Dario Banfi

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