Ricevo e pubblico volentieri questo comunicato di ACTA – Associazione dei consulenti del Terziario Avanzato. (Sul tema pensioni e partite IVA si veda anche questo post: “Atipici, che cosa cambia con la Riforma“).
LE RAGIONI DEL NO NON SONO SOLO QUELLE DELLA FIOM
ACTA (Associazione Consulenti del Terziario Avanzato) denuncia la GRANDE BEFFA del protocollo sul welfare per collaboratori e partite Iva: AUMENTANO I CONTRIBUTI E DIMINUISCONO LE PENSIONI!
NOI, LAVORATORI AUTONOMI ISCRITTI ALLA GESTIONE SEPARATA INPS, SIAMO PER IL NO, MA PER MOTIVI MOLTO DIVERSI DA QUELLI DELLA FIOM. TUTTAVIA NOI, UNICI CHIAMATI A PAGARE I COSTI DELL’ACCORDO, NON SIAMO STATI CONSULTATI E NON SIAMO CHIAMATI A VOTARE.
Siamo per il NO perché pagheremo più contributi (l’aumento è di 3 punti percentuali più un altro 0,9% se la riorganizzazione dell’INPS non produrrà il risparmio previsto), ma non avremo alcun vantaggio né in termini di età della pensione, né di indennità di disoccupazione, né di prestazioni pensionistiche, che, al contrario di quanto ufficialmente sostenuto, peggioreranno ulteriormente. Infatti:
a) l’accordo sarà finanziato con l’aumento dei nostri contributi di 3 punti percentuali in tre anni;
b) L’accordo non comporta alcun beneficio per noi, in quanto:
a. Non possiamo usufruire di alcuna finestra pensionistica.
b. Non abbiamo alcuna copertura dalla disoccupazione, non siamo interessati né dall’aumento dell’indennità di disoccupazione, né dalla copertura contributiva della disoccupazione (che è estesa ai lavoratori dipendenti a termine, ma non agli autonomi)
c. Ricadiamo tutti nel regime contributivo puro: la distinzione per le donne tra pensione a 60 anni o a 65 anni perde di significato (per chi è nel regime contributivo puro andare in pensione a 60 anni, anziché a 65 anni comporta una riduzione della pensione di oltre il 20%).
d. la collegata revisione dei coefficienti pensionistici (Allegato 1 del protocollo di intesa) comporterà una riduzione delle nostre pensioni (il rendimento di quanto sino ad ora faticosamente versato diminuirà di oltre l’8%!), non compensata da altre prestazioni sociali (nessuna indennità per malattia e disoccupazione, indennità parziale per la maternità, nessuna copertura previdenziale nei periodi di non lavoro per disoccupazione, malattia e gravidanza).
L’aumento dei contributi e l’assenza di benefici è una peculiarità degli iscritti alla gestione separata INPS (collaboratori e professionisti con partita Iva). I problemi pensionistici, invece, riguardano tutti coloro che ricadono nel regime contributivo. A maggior ragione ci chiediamo perché si deve intervenire per garantire una pensione in regime retributivo agli attuali 58-enni e la rivalutazione delle pensioni attuali se tutti i giovani (e anche i non giovani se rientrano nella famigerata Gestione Separata INPS) dovranno fare i conti con una pensione che si prospetta drammaticamente misera e in diminuzione? Come si fa a chiedere anche a ultra 58-enni iscritti alla gestione separata di pagare più contributi per consentire a coetanei di andare in pensione mentre essi probabilmente non potranno permetterselo neppure a 65 anni?
Come si fa a dichiarare che tale protocollo è per l’equità e la crescita sostenibile?