Due giorni fa sono usciti i dati Eurispes sulle retribuzioni in Europa [il sito dell’istituto è rimasto giù tutto il giorno, complimenti!]. I giornali si sono buttati a capofitto sulla materia: si leggano a titolo d’esempio i pezzi su La Repubblica e Finanza e Mercati. Questi i valori (si ricordi che l’inflazione in Italia nel periodo 2000-2005 è stata del 11,2%):
Salari lordi in euro (2004) | Crescita 2000-2005 | ||
Danimarca | 42.484 | Gran Bretagna | +27,8 |
Germania | 41.046 | Norvegia | +25,6 |
Gran Bretagna | 39.765 | Olanda | +21,3 |
Olanda | 37.026 | Finlandia | +21,1 |
Belgio | 35.578 | Francia | +17,5 |
Svezia | 32.457 | Spagna | +17,2 |
Finlandia | 31.539 | Portogallo | +16,6 |
Irlanda | 30.170 | Danimarca | +16,0 |
Francia | 29.549 | Belgio | +15,9 |
Italia | 22.053 | Italia | +13,7 |
Spagna | 19.828 | Germania | +11,7 |
Grecia | 17.360 | Svezia | +7,7 |
Portogallo | 12.969 |
I dati a mio avviso sono molto poco rappresentativi dal punto di vista del singolo lavoratore, non soltanto per il riferimento temporale passato, ma anche perché i valori indicano una media della media, un cosa che in Italia – vista l’incidenza della classe dimensionale delle imprese e della geografia delle retribuzioni – rende poco significativo il dato. Il significato macroeconomico è invece evidente: il costo del lavoro appesantisce la busta paga; le classi medio basse stanno pagando uno scotto di cinque anni di fermo degli stipendi; le imprese viaggiano con la marcia ridotta; la produttività è ferma al palo.
C’è, però, anche una seconda fotografia dell’Italia che si può accompagnare bene a questi valori ed è contenuta nella breve inchiesta di Repubblica sui Paperoni d’Italia che guidano società quotate in Borsa. Ebbene oltre 40 tra i top-manager di Piazza Affari (contro i 27 del 2005) hanno chiuso l’anno con una busta paga superiore ai 3 milioni di euro. In questo caso, al di là di un aspetto meramente quantitativo, c’è un dettaglio non da poco: quelli che hanno guadagnato di più devono questo loro primato ai buoni uscita, ovvero al TFR in senso lato. Non è dato sapere se si tratti di quote fissate come variabili [parametrate cioè ai risultati ottenuti] o fisse. Credo di non sbagliarmi nel dire che per moltissimi di loro è il secondo caso.
In altre parole mentre Paperino lotta con la fortuna incardinata in meccanismi di sistema, costo del lavoro e via discorrendo, i Paperoni stabiliscono regole a priori sul loro impiego che consentono di ottenere premi favolosi stabiliti prima ancora di mettere piede in azienda. Una curiosità: la retribuzione media variabile di un impiegato in Italia è di 800 euro lorde all’anno. E se la deve sudare.