In rete si chiamano fake, ovvero falsi, finzioni, opere sotto mentite spoglie. Nel mondo reale hanno minore fortuna, perché spesso smascherate, a volte anche grazie al mondo di Internet. Si veda il caso Mastella/Neruda.
Imbarazzante ed esemplare è invece la storia di una giovane scrittrice che manda versi di Emily Dickinson, Orietta Berti, Bukowski, Tiziano Ferro, Tagore e altri, in un mix surreale di autori, alla casa editrice Il Filo. Questa si dichiara pronta a pubblicarli e propone la solita camuffa: stampa di 150 copie a pagamento (da parte del presunto autore). Ovviamante tutto questo è stato poi raccontato da chi ha architettato la beffa.
P.S. Ecco, in un certo senso, era proprio questo che intendevo quando pensavo all’idea di restituire pane per focaccia a chi non rispetta le condizioni minime della dignità di una professione.
Idea originale.
I collaboratori potrebbero mandare pezzi di Biagi, Bocca, Mo e compagnia bella con piccole varianti e adattati alla bisogna, per vederseli poi tagliati da qualche deskista scassaballe e sottopagati dall’azienda dopo 2/3/4 mesetti.
Salvo poi creare e diffondere on line una lista dei pagamenti… Biagi? 7 euro a pezzo. Montanelli? 5.
Della serie: si vede che c’è la stoffa! Ma sei ancora acerbo per essere assunto…
Quando cominciamo? ;-))