Non leggo più fumetti

Ci sono eventi e situazioni che hanno la capacità di scompaginare una normale routine lavorativa, progetti e sistema nervoso. Altri di rovinarvi, di farti uscire di carreggiata. In maniera empirica e molto parziale ne riesco a classificare tre tipologie di crescente pericolosità: gli imprevisti, il sistema “zacchete” e il job bombing.

Gli imprevisti
Sono eventi non prevedibili appunto, hanno l’effetto dirompente di un sasso sul vetro, il vostro. Le cose non vanno in frantumi, ma sono seriamente incrinate, nel breve periodo vi costringono a straordinari di cui non avete proprio nessun bisogno. Imprevisti tipo: compare un vostro amico d’infanzia che lavora negli Usa da anni e vi viene a trovare nel bel mezzo di una chiusura; si rompe il disco fisso; il vostro referente decide di fare il megaponte e vuole in casa alcuni articoli prima di partire per mettersi (lui) l’anima in pace; un vostro collaboratore di cui vi fidate al 100% vi tira una mega inchiappettata [del tipo: mi sono sbagliato, capisco solo ora, dopo mesi, che non riesco a farti quel lavoro da consegnare tra 8 giorni e per il quale occorrono 8 settimane]; la suocera ha un trasloco in corso.. Alcuni imprevisti sono alla base delle devianze del terzo tipo.

Il sistema “zacchete”
Come già accennato da Sergio, è quell’infame destino avverso che per chi ama il lavoro senza soluzione di continuità offre grande gratificazione (è amore tra voi e i vostri clienti, di che vi lamentate?), ma per chi ha bisogno di fermarsi un po’ e respirare è come il prolungamento di un’apnea. La forma tipica del sistema “zacchete” è la telefonata [o meglio ancora, più impersonale, un’e-mail] di un vostro cliente per un’urgenza. Vi chiama il giorno che precede la consegna di un’altra urgenza che state giusto chiudendo per un vostro secondo cliente. I due neppure si conoscono, ma in sincronia perfetta si sostituiscono nei vostri incubi.

Il “job bombing”
È l’overdose di lavoro. Senza soluzione di continuità con la vita personale. Non è il semplice “troppo lavoro”, ma l’impossibile carico di una massa abnorme di compiti e attività che neppure riuscite a mettere in fila. Talmente incredibile, sovrapposto, pesante, quantitativamente impressionante che neppure sapete quanto vi resta da vivere. Non è la scrittura di un libro, ma di due libri contemporaneamente. Per affrontare la situazione semplicemente lavorate il più possibile, finché il fisico regge. Sveglia alle 6:00-7:00, shut down del Pc ore 1:00-1:30. Per evitare un possibile effetto “zacchete” parallelo inventate le scuse più assurde: da un black-out nel quartiere a 39 di febbre. Non rispondete più al telefono, staccate la cornetta e non ascoltate più i messaggi in segreteria, per paura di assatanati della vostra manodopera. È l’apoteosi del consumo cerebrale: credo danneggi anche neuroni e fisico.

Gli effetti collaterali
Il primo tipo crea nevrosi (evabbé, passeranno), il secondo atteggiamenti ossessivo-compulsivi, che vanno dal consumo di noccioline in barattoli di questa misura alla standardizzazione della cura del corpo e del cibo: stessi orari, stessi fornitori, stesse marche. Pone le basi della devastazione del terzo livello e al fegato ingrossato.

Noccioline

Il terzo tipo di devianza è invece la strada per un possibile esaurimento. Se al terzo tipo poi si associa alcolismo da lavoro (workalcoholism), la situazione diventa grave. Non si è più in grado di staccare, ogni processo produttivo diventa parte del tutto. Si eliminano fattori superflui: sonno, cibo, igiene. Nei “limiti del possibile”, ma questi limiti si mettono appunto sempre più alla prova.

Job Ground Zero
Il peggio del peggio: imprevisti in fase di sostituzione di grandi lavori, ma con sistema “zacchete” e quando siete già gravati da job bombing. Credo ci siano poche vie d’uscita. Dovete perdere clienti, reddito, opportunità di carriera e fare pace con il sistema nervoso, vostra moglie e l’Altro che si è impadronito di voi. Anzi, dovete mandarlo in ferie. Prima possibile.

Ultima modifica: 2007-04-24T09:59:50+02:00 Autore: Dario Banfi

1 commento su “Non leggo più fumetti”

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