Non sono un fanatico delle teorie GTD (anche se mi sono disegnato il desktop esattamente con questa finalità e tutti i task che impiegano meno di 2 minuti di elaborazione li chiudo appena si presentano..) – che sta per Get This Done (Cfr. “Detto fatto!” di David Allen) – ma devo dire che non fa male a chi lavora in autonomia una rinfrescata periodica del principio secondo il quale la gestione efficiente del tempo sia realmente la chiave della produttività individuale.
In epoca di straordinari detassati – che non c’azzeccano, ovviamante, un fico secco con il lavoro autonomo – pur ponendo interrogativi interessanti nel raffronto – sorge spontana una domanda: come può un freelance, indipendente, migliorare le entrate senza alzare il costo delle prestazioni?
Quando non hai via di scampo sul “lavoro extra” (superando le civili 60 ore di lavoro a settimana) che sarà tassato sempre uguale, una delle soluzioni è di abbreviare i tempi di esecuzione. O meglio, eliminare tutte quelle distorsioni del tempo che intaccano la qualità dell’esecuzione. Le teorie GTD lavorano spesso sulle marginalità ed è una buona opzione. Perché se è vero che per scrivere un articolo ci vuole il tempo che ci vuole, non si può dire altrettanto delle risposte alle e-mail, della verifica dell’home banking e altre faccende collaterali [come amministrazione, finanza, marketing, relazioni, blog ecc.], che non sono esattamente il core business di un professionista, ma che ti ammorbano come la calura estiva e certo non puoi evitare a meno di spendere migliaia di euro in servizi (…e condizionatori).
A questo proposito segnalo ai curiosi, dallo spirito euristico, una proposta per migliorare i comportamenti individuali durante il lavoro autonomo. Si tratta di una variante del GTD, definita Zen To Done (ZTD), che si qualifica come “The Ultimate Simple Productivity System” e analizza – a differenza della teoria di Allen – un habit alla volta. L’autore del blog Zen Habits (57K subscribers ai suoi feed!) richiama alcune simpatiche e a mio avviso utilissime regole (cfr. anche qui) per aggredire la passività alle situazioni più dispersive. Sì, certo, alcune sono un po’ delle “americanate”, ma come si dice in ZTD basta prendere ciò che serve, a piccole dosi. Salvo il fatto che la teoria dei 2 minuti di GTD continua ad avere, a mio avviso, una sua porca funzionalità.
Darsi delle regole non è sbagliato, no?
Non è immediato seguire ovvie quanto difficilmente realizzabili indicazioni del tipo “Semplicemente fallo!“, ma non è neppure il caso di trovare motivazioni e stimoli positivi soltanto nei prodotti della Haribo, ai quali credo oramai di avere sviluppato una pericolosa dipendenza :-)
Ciao, interessante :-) a me il GTD ricorda molto il sistema TRAF di Stephanie Winston, l’autrice della newsletter Organized Executive. Tempo fa ne ho tradotte a chili… e a furia di leggerle certe cose si interiorizzano :-)